L’alluvione e la pace

Il benessere, arrivato anche in Ungheria, ha però portato con sé il diffondersi di alcuni gravi fenomeni tipici delle società occidentali: delinquenza minorile, tossicodipendenza (se nel 1992 l’11,6 per cento dei giovani presi in considerazione aveva fatto uso almeno una volta di droghe, nel 1995 il dato sale al 12,1, e nel 1999 addirittura al 28,8), smembramento della famiglia (nel 1998 si contavano 574 divorzi su mille, contro i 375 del 1990). Pur in questo contesto difficile, i Giovani per un mondo unito ungheresi vedono nella situazione del loro paese grandi possibilità di portare, con una testimonianza di vita autentica e fatti concreti, un nuovo inco- raggiamento a tanti altri giovani. Ora sono presenti nelle maggiori città. “Anche noi – raccontano – veniamo a contatto ogni giorno con la violenza e la povertà, sia attraverso le notizie dei media, sia per la presenza di molti profughi, vittime delle recenti guerre nei paesi limitrofi. Tutto ciò ci tocca profondamente, ma sperimentiamo che anche se siamo in pochi, possiamo offrire una nostra risposta “. “Da alcuni anni ormai – prosegue Dori – il problema della pace ci tocca da vicino: in occasione dei conflitti nei Balcani, oltre a rafforzare i legami di amicizia con i nostri amici di quelle nazioni, avevamo promosso varie iniziative di solidarietà per aiutare i profughi presenti in Ungheria, e dare così un contributo alla ricostruzione in loco. Però i fatti accaduti in Usa in settembre esigevano una risposta personale di un’altra dimensione “. Norbi racconta: “A Szeged, città nel sud, in ottobre ci siamo trovati nella piazza principale in alcune centinaia, per una fiaccolata, seguita da un momento di riflessione, preghiera e musica. Molti passanti sono rimasti fino al termine del programma, e sono tornati nelle loro case avendo necuore la speranza che “avvenimenti così possono cambiare il corso delle cose”. Anche i media, la tivù nazionale e alcuni giornali e canali locali, hanno dato ampio spazio all’avvenimento”. I Giovani per un mondo unito ungherese si impegnano anche per il Progetto Africa. Dice Eszter: “L’Africa sembrava troppo lontana all’inizio. Tuttavia il nostro amore non poteva conoscere frontiere, e abbiamo cominciato dalle offerte e rinunce personali, per dar poi il via alla fantasia. Cene “africane”, concerti e pesche, bar Africafé, gare di corsa: tutto era occasione per coinvolgere gli amici “. Prosegue Andris: “Il Progetto Africa ci ha aiutato ad accorgerci dei bisogni che ci circondano, anche più da vicino. Alcuni di noi si sono offerti come volontari nei paesi dell’Ucraina, al confine con l’Ungheria, colpiti dall’alluvione, dove regna una grandissima povertà, è quasi nulla l’assistenza sociale e sanitaria, la disoccupazione è all’80 per cento. Il nostro lavoro consisteva nell’abbattere le case ormai impraticabili e recuperarne i materiali. In queste circostanze, pur così dure, ci ha profondamente colpito il clima di accoglienza e ospitalità trovati. Lavoravamo gomito a gomito con persone che avevano perso tutto; eppure non si era spento sul loro volto il sorriso, a testimoniare la loro gioia di dare, e un’incrollabile fede”.

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