L’albero venuto dal passato

Era una specie ritenuta estinta da almeno 20 milioni di anni fino alla scoperta, vent’anni or sono, della cosiddetta “Wollemia nobilis”. Alcuni rarissimi esemplari di questo “fossile vivente” sono presenti anche in giardini e orti botanici italiani
pianta wollemi

Nuovo Galles del Sud, Australia. A 150 chilometri da Sidney si estende lo spettacolare Wollemi National Park, i cui quattro strati di roccia sedimentaria modellata dagli agenti atmosferici sono solcati da profonde valli ricche di corsi d’acqua e cascate. “Wollemi”, nella lingua degli aborigeni, significa qualcosa come «Guardati intorno, tieni gli occhi aperti e fai attenzione».

E in effetti, un fortunato giorno dell’agosto 1994, David Noble, guardia forestale del parco, tenendo gli occhi bene aperti notò, in una gola delle Blue Mountains, alcune conifere di insolito aspetto. Calatosi nel canyon, raccolse un ramo caduto per studiarlo: risultò che quegli alberi appartenevano ad una specie esistente già 200 milioni di anni fa, le cui tracce fossili più antiche –rinvenute per lo più in nuova Zelanda, Antartide e Australia  –  risalgono a circa novanta milioni di anni fa. Una vera manna per i botanici, che l’annunciarono come il ritrovamento più importante del secolo (paragonabile alla scoperta di un dinosauro vivo!).

A questa specie preistorica, forse la più antica di tutti i tempi, venne dato il nome scientifico di Wollemia nobilis, in onore dello scopritore. Chiamato anche Pino di Wollemi, quest’albero ha tuttavia poco a che vedere col pino ed è piuttosto associabile alle specie fossili di Araucauricacee.

Con quelli rintracciati successivamente in altre due forre rocciose dello stesso canyon, si arrivò a circa cento esemplari. Da allora, per motivi di sicurezza, la zona interessata è sottoposta a regole molto severe: perfino gli stessi scienziati ne ignorano l’esatta ubicazione; e quelli tra loro che vi sono ammessi dopo rigorosa selezione debbono esservi condotti, bendati, su un elicottero. Sofisticate strategie sono state messe in atto per proteggere da incendi o altre calamità naturali i preziosi esemplari di questa pianta, come pure i tentativi per riprodurla anche in località diverse, in modo da scongiurarne l’estinzione.

Inconfondibile per struttura e aspetto, la Wollemia ha rami laterali che non si biforcano mai e terminano con uno strobilo, volgarmente chiamato cono o pigna. Quando questo “fiore primitivo” tipico del gruppo delle Gimnosperme matura, il ramo muore. I nuovi rami sono generalmente prodotti a partire dal tronco principale, la cuispessa corteccia ricca di getti ha il colore della cioccolata calda. Il fogliame, molto folto e sempreverde, è composto da grossi aghi piatti lunghi fino a 8 centimetri. Il fusto può raggiungere anche i 35-40 metri d’altezza ed ha una vita lunghissima (si è calcolato che alcune radici degli esemplari australiani risalgono all’epoca romana).

Spontanea sorge ora la domanda: considerata la quasi impossibilità di ammirare questo fossile vivente nell’ambiente selvaggio del suo parco originario, bisogna accontentarsi di immagini fornite da Internet? Niente affatto! Giardini e orti botanici di tutto il mondo ospitano ormai esemplari di Wollemia. Quanto all’Italia, dove essa è stata presentata per la prima volta alla rassegna Euroflora tenutasi a Genova nel 2006, vegeta a Merano, Castelnuovo e Peschiera del Garda, Pratorondanino (Genova), Ceriale (Savona), nell’isola d’Ischia, ad Arcavacata di Rende (Cosenza), come pure negli orti botanici di Bergamo, Genova, Napoli, Cagliari (dove addirittura fiorisce) e infine a Roma.

Se, come è capitato a me, andrete a visitare l’orto botanico della capitale, nella zona collinare occupata dalla collezione delle Gimnosperme, potrete scoprirla percorrendo il viale che dalla serra Corsini porta alla serra espositiva, all’ombra protettiva di gigantesche Araucarie: si tratta di un giovane esemplare alto – a occhio e croce – circa sette-otto metri. Avvicinatevi con rispetto a questo albero che ama gli ambienti appartati, protetti dal vento e non eccessivamente soleggiati, ammirate il disegno elegante dei rami, toccate pure (con delicatezza!) i freschi aghi lucidi. Non fa tenerezza questo dono giunto dal passato che per raggiungere proporzioni monumentali ha bisogno di tutte le attenzioni dell’uomo?

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