L’albero prediletto e i semetti

Era il più grande albero d’ulivo al mondo, il più ricco di rami, il più bello. Se ne stava, in tutta la sua magnificenza, nei pressi del muro di cinta, allargando i suoi folti generosi rami al di là dell’oliveto. Al di là del muro si perdeva, a vista d’occhio, una immensa distesa di terra che però nessuno aveva mai curato finendo con l’essere anche dimenticata del tutto. Una volta, durante una giornata di vento, il Grande Ulivo, avvertì come un lieve solletico tra la sua folta chioma. Sarà uno del soliti animaletti pensò, quindi si scrollò con molta delicatezza per aiutare il piccolo ospite a scendere senza fargli del male. Ma invece di un animaletto, dai rami cadde un piccolo seme di grano, trasportato dal vento chissà da quale campo lontano! Il Semetto, tutto solo, intimorito, stava per mettersi a piangere, ma il Grande Ulivo, con un amore che gli ricordava quello del babbo, lo rassicurò: Non sei solo, starò io con te. Tranquillo piccino, sta’ buono buono. Fa tutta la tua parte e vedrai che diventerai una bella spiga pure tu. Rassicurato da quelle calde parole il Semetto si mise buono buono sotto le coltri di terra, fino a marcire, sognando di diventare presto una bella spiga. Il Grande Ulivo lo riparava dalle intemperie, lo cullava e coccolava con le sue foglie. Il Semetto da sottoterra non vedeva il Grande Albero, eppure sapeva, sentiva che c’era, perché gliene arrivava l’amore. A giugno la spiga venne alla luce e da essa caddero in terra altri semi. Questi, fiduciosi di quanto diceva loro il Grande Ulivo, prendendo a modello il Primo Semetto, a loro volta si misero ad uno uno sotto terra, fino a marcire, sognando di diventare presto una bella spiga. Il Grande Ulivo li curava ed amava con costanza, nella stessa maniera e nella stessa misura con cui aveva amato il Primo Semetto. Loro non lo vedevano, ma avevano certezza del loro amico albero. A giugno altre spighe, altri semi e via via, quel pezzo di terra dimenticato da tutti divenne un immenso, stupendo, ricchissimo campo di spighe dorate. Ogni anno si rinnovava la fiducia del nuovi semetti verso l’amore del Grande Ulivo e si concretizzava, puntuale, il sogno che li trasformava in spighe. Nessuno al mondo però si accorgeva della loro esistenza. Né di quanto fosse diventata bella quella distesa di terra al di là del muro. È tempo di mietere il grano pensò il Grande Ulivo. Ma gli uomini non se ne accorgono. Io sono l’albero prediletto del fattore – disse sicuro -, mi metterò a morire anch’io. Così fece. I contadini vedranno la mia sofferenza, correranno dal fattore e lui provvederà a farmi potare i rami; allora saliranno sulle scale e dall’alto vedranno cosa c’è di là dal muro di cinta. E così fu. Per amore del Grande Ulivo l’intero paese che stava morendo di fame trovò il pane quotidiano, la forza per affrontare nuove fatiche nei campi, debellando per sempre fame, malattie, miseria e morte.

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