Laicità alla francese

Coesistenza pacifica tra credenti e non. Il contributo dei gruppi di dialogo.

In Francia il dialogo fra credenti e non credenti è pacifico ma, nello stesso tempo, è come una ferita viva che può risvegliarsi con espressioni parossistiche al minimo sussulto dell’attualità. Val la pena capirne un po’ di più, nel momento in cui anche in Italia le polemiche al riguardo conoscono un nuovo rigurgito. Nella maggior parte delle situazioni quotidiane, credenti e non credenti convivono in modo pacifico. Per esempio, vi è un gran numero di coppie miste, uno credente, talvolta impegnato nella Chiesa, l’altro ateo o agnostico; e, nella vita sociale, numerose associazioni che operano per il bene comune sono basate sul lavoro congiunto di credenti e non credenti. Tuttavia, in alcune situazioni violente contestazioni possono sorgere all’improvviso. Per esempio, in seguito all’uso di riferimenti evangelici da parte della candidata socialista alle elezioni presidenziali, s’è scatenata una polemica feroce. Oppure quando un vescovo ha pubblicato, nel contesto di elezioni municipali, un testo indirizzato ai cattolici sull’importanza della fraternità in politica, articoli violenti sono subito apparsi sulla stampa locale. Come spiegare questo apparente paradosso? Esso trova la sua origine in radici storiche, fonti di ambiguità, che riguardano la nozione di laicità, la confusione fra religione e spiritualità, e il contesto attuale di pluralismo. Il concetto di laicità – soprattutto quello à la française – è nato dal valore della tolleranza nel secolo dell’Illuminismo. Si basa sull’acdi cettazione dell’alterità e sull’idea che ogni essere umano debba essere capace di lasciarsi guidare dalla ragione e rispondere alla coscienza, per vivere meglio insieme e discernere l’interesse generale al di là delle proprie credenze. La Costituzione francese precisa che la repubblica (non la società) è laica. Ogni azione compiuta nel nome dello Stato deve dunque obbedire a questo principio: per esempio un magistrato che giudica in nome della repubblica non può ostentare la sua fede religiosa e deve restare imparziale (nel giudizio, nel suo abbigliamento, ecc…). Un insegnante della scuola pubblica deve esercitare il suo lavoro con tutta la neutralità possibile: un biologo per esempio non potrà insegnare il creazionismo. Per questi motivi in Francia l’insegnamento religioso non è inserito nella scuola pubblica e tutti i simboli religiosi, per esempio le croci o i veli, sono proibiti negli edifici pubblici. Due anni fa un quadro rappresentante la crocifissione è stato rimosso dal Palazzo di Giustizia di Metz. Queste disposizioni vanno nei due sensi: un agente dello Stato non dovrebbe agire in nome della propria religione, ma un agente dello Stato non può nemmeno essere dispregiativo nei confronti della religione. Così un insegnante è stato multato per aver pronunciato davanti ai suoi allievi frasi ingiuriose per la religione. Peraltro lo Stato deve assicurare la libertà di coscienza (inclusa la fede religiosa) e l’esercizio del culto (espressione sociale e pubblica della fede), ma senza finanziarli. Non si parla in modo esplicito di fede o religione, ma di culto, essendo questo una delle espressioni sociali più significative della fede. Inoltre lo Stato non intende in alcun modo (almeno a parole) relegare la religione nella sfera privata. Al momento della promulgazione della legge, le Chiese non sono state consultate, e questo in un primo tempo ha suscitato tensioni; attualmente, invece, la Chiesa cattolica ha affermato il suo profondo attaccamento alla laicità. Peraltro queste disposizioni sono state votate nel 1905, in un momento in cui la religione cristiana era fortemente dominante; le specificità del mondo musulmano, giusto per fare un esempio eclatante, non vi si sono integrate. Dialogo Sebbene la situazione sia oggi fortemente mitigata, alcuni seppur rari estremisti si sono radicalizzati e il loro punto di vista è fortemente evidenziato dai media: questo spiega il fatto che quando un gruppo religioso si esprime nella sfera politica o un testo ufficiale esprime un attaccamento a riferimenti religiosi (per esempio il riferimento alle radici culturali cristiane nel progetto di Costituzione europea), si scatena un fiume di indignazione. Questo relegare il religioso nella sfera privata conduce molto spesso le persone a non manifestare la loro fede, tanto che spesso si ignora l’appartenenza religiosa dei nostri colleghi: sono venuta a conoscenza dell’impegno cattolico dell’uno o dell’altro solo incontrandoli per caso alla messa. Il dialogo in questo caso non è reale, poiché non permette di affermare le convinzioni di ciascuno. In questo contesto i gruppi del dialogo – come ad esempio quelli esistenti esistenti nell’ambito del Movimento dei focolari, ma anche tanti altri – forniscono un innegabile apporto, poiché permettono uno scambio nella verità, senza creare polemiche e senza nascondersi. Dunque la laicità alla francese non prevede nessuna implicazione del religioso nella vita pubblica. Tuttavia la società transalpina si riconosce totalmente nei valori della fraternità e un elemento importante di questo dialogo in Francia riguarda il dibattito attuale sull’universalità dei valori. Dibattito che spinge credenti e non credenti ad interessarsi insieme alle nozioni di universalità dei valori di fraternità, ai fondamenti di essi, al paragone fra uniformità e universalità e alla coabitazione di valori diversi nel contesto della democrazia e del pluralismo. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, i gruppi del dialogo di cui scrivevo tentano di identificare i valori comuni come la fraternità, ma anche i valori che distinguono credenti e non credenti; questi ultimi possono talvolta indurre a fare scelte radicalmente diverse, come nel dominio della bioetica. Un dialogo fruttuoso è quindi nato, ad esempio, intorno alle questioni dell’aborto e dell’eutanasia. Intellettuali Nel campo intellettuale, anche se alcuni autori radicalmente anticlericali continuano ad essere in primo piano nella scena mediatica, numerose opere confermano la situazione di quiete. Molti fra gli intellettuali, sebbene non credenti, fanno emergere la nozione di spiritualità laica. Possiamo ricordare autori non credenti come Albert Jacquard, che ha pubblicato un’opera intitolata Dio? nella quale afferma di essere d’accordo con i precetti di Cristo, o il libro L’esprit de l’athéisme. Introduction a une spiritualìté sans Dieu (Albin Michel) del filosofo André Comte-Sponville, che precisa: Mi capita di definirmi come ateo fedele: ateo, poiché non credo in alcun Dio né in alcuna potenza soprannaturale; ma fedele, perché mi riconosco in una certa storia, in una certa tradizione, una certa comunità, e soprattutto in questi valori giudeocristiani (…) che sono i nostri. Catherine Belzung

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