Laboratorio di vita

Articolo

Sto orientandomi nella periferia padovana per raggiungere il quartiere dove, in una chiesa, il gruppo artistico Vita nuova sta preparandosi per l’ennesimo spettacolo. Uno scambio di informazioni al cellulare, mi permette di arrivare velocemente sul posto sotto una pioggerella insistente e assolutamente imprevista. Il mio obiettivo è conoscere il gruppo in cui giovani e meno giovani, condividono da anni una passione per la vita e per la musica, intesa come comunicazione di valori. Mi aspetto un po’ di tutto, incontrandoli. Già ho intuito la loro straordinarietà, nella pur assoluta normalità, attraverso alcuni giornali informativi, tipo news. News altrettanto particolari, ricche anche di dati statistici poiché, alla fine di ogni spettacolo, sono loro a raccogliere minuziosamente le impressioni, i suggerimenti e le informazioni utili a quantificare l’impatto del loro messaggio, pur con il rammarico talvolta di veder rimandare decine di persone, perché anche quel teatro è stracolmo! Ma soprattutto questi loro giornali sono pagine di famiglia. Tutti i componenti del gruppo si presentano, aggiornano, si raccontano e sfogano emozioni, senza disdegnare note umoristiche, come si conviene a chi è libero ed allenato all’empatia. Giornali che diventano canali della linfa che continuamente alimenta l’esistenza di questa realtà, con il grande pregio di attirare e affezionare tanti altri giovani e non, più che con la musica, con la testimonianza degli artisti di questo gruppo. Qualcuno infatti scrive: Vi auguro di cuore di riuscire ad essere sempre tutto il bene che vi portate dentro. E ancora: Portate una ventata di freschezza e di giovinezza nello spirito” Voi sviluppate un incendio d’armonia e di speranza, molto più di quello che pensate” È bello vedervi insieme, sembra che vi vogliate molto bene. Anche i componenti del gruppo confidano che la realtà che più li attira non è solo principalmente il canto. Vita nuova è un’esperienza di vita. Amo e mi sento in essa amato. Quando raggiungo la mia meta, l’incontro con il referente del gruppo, Valerio, è caloroso, ma anche fonte di sorprese. Mi presenta la sua famiglia, al completo. Mi bastano pochi cenni e qualche frase per intuire la forte intesa che c’è fra lui e Marisa, la moglie. Guardo un po’ interrogativamente, poi, i tre figli. Fanno parte del gruppo anche loro?, oso un po’ divertita. Certo, anche la moglie di mio figlio Spes ha fatto parte del gruppo, precisa Valerio. Spes, un nome, un programma. Ed è tutta rivolta al futuro l’esperienza di queste persone che concretizzano così nel presente la loro vocazione di comunicare speranza e di renderla tangibile. Ma – osservo – i giovani non sono quelli che guai a coinvolgerli in progetti da genitori? Com’è che qui la situazione è così provocatoria?. È una scelta loro, risponde Marisa. Ma da quello che vedo, qualcosa mi suggerisce che lì si sono investite numerose forze sui giovani. Valerio conferma la mia intuizione: Abbiamo sempre fatto tutto pensando che avremmo potuto far fiorire i valori di una vita cristiana in altri giovani, e quindi anche nei nostri figli, solo se trasmessi da noi, prima di tutto con l’esempio. Questa esperienza è una delle vie che abbiamo scelto: la musica è il loro linguaggio preferito, con la musica entriamo in empatia con loro. È una scommessa. Per ora vin- cente. Eccoli qua con noi, anzi, noi con loro! Diciamo che l’attualità delle musiche del Gen Rosso e del Gen Verde, i complessi musicali che hanno ispirato anche il nostro impegno musicale, ha sostenuto ed entusiasmato i nostri ragazzi, che ripropongono volentieri le loro canzoni. Mi rivolgo ora a Marisa: E immagino la costanza richiesta alle madri del gruppo”. Quando i figli erano piccoli – sussurra Marisa -, era spesso difficile seguire il gruppo; ma poi si guadagnava in clima familiare, nella crescita spirituale della coppia e dei bambini che condividevano tutto, soprattutto la festa e la gioia delle cose fatte bene e per gli altri. Poi, diventati più grandi, hanno scelto loro Vita nuova. Come gli altri figli” d’arte. La voce Gianluca, per esempio, è figlio di Giancarlo, uno dei fondatori di Vita nuova. Il gruppo è nato nel 1971 a San Pietro di Rosà e da allora ha coinvolto circa 150 giovani, fino ad oggi. Quando entro in chiesa, mi accoglie un formicaio brulicante di persone che agilmente si avvicendano presso gli strumenti, gli attrezzi, che sollevano, posizionano, consultandosi. Nessuno grida, tutti si muovono come in una lieve danza. Alla tastiera il maestro Domenico prova con Manuele, alle percussioni, mentre Marisa mi presenta Diego, il bassista, reduce da una esperienza di volontariato in Argentina e Rachele, appena laureata. La famiglia si allarga ad alcune voci femminili con il sorriso solare di Chiara, la dolcezza di Barbara e la simpatia di Alice e, altra figlia d’arte, Anna e Caterina, mentre Massimo prova le luci sul chitarrista Johnny. Diego, altra calda voce del gruppo, accompagna le prove, controllando la scenografia. E poi Mirco, giovanissima voce, Andrea, Enzo, Marco al mixer, Marino prezioso tuttofare” Voci, musicisti, coreografi, inviati speciali” Il gruppo attualmente è composto da circa trenta elementi, dai 15 ai 50 anni, compresi alcuni honoris causa e propone sette spettacoli diversi che hanno portato anche in altri paesi europei. L’ultimo ha per titolo “e lo chiamiamo Amore. Mi sono servita delle informazioni sul loro sito internet (www.gruppovitanuova. it) per scoprire i contenuti di tutti i recital, e mi sono scelta il prossimo a cui mi piacerebbe assistere: Gioco d’amore. Ho dato anche un’occhiata alla loro agenda: il prossimo spettacolo sarà a Marostica, poi in Germania e a Praga. Di nuovo la mia guida informa: Qui si ritrovano persone delle più diverse esperienze religiose: c’è chi proviene dalla parrocchia, chi da gruppi religiosi o movimenti, e ciascuno porta la propria sensibilità e la propria peculiarità. Tutto questo è vissuto come un dono, l’uno per l’altro senza barriere confessionali o ideologiche. Anche questo mi piace. Tutto è pronto. Mentre fuori il buio è spezzato dai bagliori di lampi minacciosi, mi invitano solennemente fra le quinte, dove si avverte aria frizzante, l’eccitazione prima della scena. Qualcuno sussurra le ultime indicazioni per la coreografia. Poi, a un cenno, tutti si prendono per mano – padri, madri e figli compresi – e in cerchio scandiscono la preghiera al Padre, perché la loro proposta musicale a sostegno di una vita nuova, sorretta evangelicamente dall’amore reciproco e dall’unità, sia dono e si trasformi in autentica testimonianza. Ecco la sfida del sentiero artistico, culturale ed esistenziale, che il gruppo vuole percorrere. Ecco quel pezzettino del laboratorio di vita cristiana di questa famiglia spirituale. Poi è il via! Mi accorgo che sul palco, dentro le loro camice colorate, mentre cantano con professionalità e passione, non si notano i salti generazionali, ma solo la stessa convinzione interpretativa. Ed è un viaggio multisensoriale, alla scoperta del desiderio di ognuno di essere amato e salvato, viaggiando attraverso l’esperienza dell’odio, della menzogna e poi del dono di sé e della vita. Musica e riflessioni ardite e sempre stimolanti si alternano al collage di video, che magnetizzano lo sguardo anche dei più scettici. Intanto penso: quale nuovo spettacolo prepareranno, in questi tempi turbolenti e assetati di chiarezze e di pace vera? Quale nuovo impulso sull’idea conduttrice permetterà a ciascuno di fare ancora la propria parte in modo creativo e responsabile per definire la traccia, le partiture, la coreografia, il reperimento di tutto il materiale video e tecnico? Loro, comunque, lo chiamano Amore.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons