La Via Maestra, una proposta alternativa di governo

La Cgil di Landini e tante altre associazioni promuovono sabato 7 ottobre una grande manifestazione a Roma a favore di una piattaforma politica alternativa a quella del governo Meloni. Il contributo centrale della Campagna Sbilanciamoci. Quanto incideranno sulle tesi del Pd di Elly Schlein e degli altri partiti di opposizione?
Manifestazione Cgil Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Annunciata prima dell’estate, dopo una lunga preparazione, si prevede una larga partecipazione alla manifestazione del 7 ottobre a Roma indetta da un vasto numero di associazioni, grandi e piccole, che si riconoscono in una precisa agenda sociale e politica di messa in pratica della Costituzione. È questa la “Via Maestra” che dà il nome ad un evento che prevede addirittura due cortei con appuntamento finale a piazza San Giovanni in Laterano.

Appare evidente il ruolo centrale della Cgil di Landini non solo sotto l’importante aspetto organizzativo, ma anche di definizione dei contenuti e degli obiettivi da raggiungere.

Non sono, perciò, un caso le polemiche e gli attacchi che, inevitabilmente, proprio in prossimità del 7 ottobre, hanno preso di mira il segretario generale del sindacato “rosso” che, di fatto, esprime una netta opposizione al governo guidato da Giorgia Meloni. Un confronto aperto sui vari tavoli di trattativa e che ha visto anche l’intervento del presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia al congresso nazionale della Cgil. Segnali importanti di una dialettica democratica da tenere viva in uno scenario difficile sul piano internazionale e interno.

È ricorrente, tra l’altro, la tesi del centrodestra sulla carenza di rappresentatività del sindacato tra i lavoratori vista la forte componente dei pensionati sul numero degli iscritti. Puntando sulla “politica del fare”, e quindi sull’alleanza tra i produttori, il governo Meloni può esibire, ad esempio, la condivisione di obiettivi concreti con la Cisl, secondo sindacato per numero di tesserati, a proposito della grande opera del ponte sullo Stretto di Messina.

La Cgil è la più grande organizzazione sociale che ha espresso il proprio dissenso nei confronti della linea atlantista di Draghi e poi di Meloni davanti allo scontro tra Occidente e Putin culminata con l’invasione russa dell’Ucraina.

La guerra continua e non si vedono spiragli di luce all’orizzonte. È rimasto senza riscontro l’appello per un’azione diretta e autonoma dell’Europa a far cessare il conflitto avanzato nella grande manifestazione del 5 novembre 2022 (Europe for peace) che si è aperta con il messaggio del presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, e gli interventi finali di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, e di Maurizio Landini.

La questione lacerante della guerra ha evidenziato una spaccatura tra la Cgil e il Pd, partito dove è stata candidata ed eletta l’ex segretaria generale del sindacato, Susanna Camusso che, poi, si è astenuta nel voto sull’invio di armi in Ucraina.

Più in generale, sono emersi negli ultimi anni molteplici punti di rottura con la forza politica legata storicamente all’ex Pci. Il più rilevante è stato la riforma del lavoro voluta dal governo di Matteo Renzi, tanto che la Cgil ipotizza ora la proposizione di un referendum per l’abrogazione del cosiddetto “Jobs act”. Una proposta che imbarazza molti esponenti dem di area riformista, ma che riscuote le simpatie di Elly Schlein intenzionata a recuperare la massa di elettori di sinistra esodati probabilmente verso l’astensione e i 5Stelle.

Più in generale si può dire che l’intera piattaforma della manifestazione del 7 ottobre esprime un programma politico complessivo offerto all’opposizione parlamentare all’esecutivo di destra che appare molto solido e punta a rafforzarsi con le elezioni europee del giugno 2024 prevedendo una crescita ulteriore di Fratelli d’Italia (si voterà con il proporzionale che permette di regolare i conti all’interno delle coalizioni).

I contenuti e i numeri di una politica alternativa esistono da tempo e vengono aggiornati dal lavoro di un gruppo di esperti radunati dalla campagna Sbilanciamoci che, ogni anno, elabora una contro finanziaria con tanto di legge di bilancio che mette in fila, capitolo per capitolo, le scelte di investimenti da sostenere e i tagli da effettuare.  Proposte di solito ignorate anche dagli esecutivi tecnici e dai partiti di centrosinistra quando sono al governo.

Il programma è così espresso dall’economista Giulio Marcon, coordinatore di Sbilanciamoci: «Un servizio sanitario pubblico da difendere e da rilanciare contro le privatizzazioni; quello del ripudio della guerra contro l’aumento delle spese militari; quello della tutela dell’ambiente contro i negazionisti dei cambiamenti climatici al governo; quello del diritto all’istruzione contro la mercificazione dei saperi; quello del lavoro contro la precarizzazione e lo stillicidio dei morti per il mancato rispetto delle normative di sicurezza».

Marcon ha scritto, qualche anno fa, un testo interessante che parlava di “come far politica senza entrare in un partito”, ha poi fatto l’esperienza come deputato di Sel promuovendo tra l’altro un gruppo interparlamentare sulla pace, oggi assente nelle Camere.

Si tratta ora di capire se la manifestazione del 7 ottobre produrrà realmente un cammino condiviso per dare seguito alla contro finanziaria, in uscita a fine novembre, con le proposte di Sbilanciamoci alla legge di bilancio del governo.

È inevitabile, per chi prende posizione come fa la Cgil sulla guerra, ad essere poi esposta alle critiche sulla coerenza relativa alle politiche industriali relative al settore degli armamenti dove agisce il solito ricatto occupazionale tra pace, ambiente e lavoro.

Gli effetti della transizione ecologica sul tessuto industriale italiano sono un banco di prova decisivo in considerazione della conseguenza a cascata del nuovo assetto di Stellantis, la società a guida francese dove è confluita l’ex Fca (Fiat), con la chiusura di importante fabbriche dell’indotto. Il caso più eclatante e recente è quello dello stabilimento della Magneti Marelli di Crevalcore (Bologna) dove gli oltre 200 dipendenti rischiano di essere licenziati dalla società ex Fiat, ora controllata dalla finanziaria statunitense Kkr, dopo che Stellantis ha deciso di rivolgersi ai fornitori francesi dei componenti assicurati finora dalla Magneti Marelli.

Su tale vertenza in particolare è sorta una polemica da parte di Carlo Calenda, di estrazione confindustriale, che ha accusato la Cgil di essere molto morbida nei confronti delle aziende partecipate dagli eredi Agnelli a causa del controllo di quest’ultimi, tramite il gruppo editoriale Gedi, delle testate di riferimento del centrosinistra: La Stampa e soprattutto La Repubblica che ha scalzato il posto storico e identitario dell’Unità. Un’insinuazione rigettata con sdegno in particolare dai metalmeccanici della Fiom che si sono rifiutati di parlare con il leader di Azione recatosi davanti i cancelli di Crevalcore.

Le politiche economiche e industriali sono questioni complesse che chiamano in gioco le competenze del ministero dell’industria e l’intervento pubblico in economia che il ministro Adolfo Urso, di FdI, non esclude teoricamente in considerazione della tutela del “made in Italy”.

Proprio a partire dalla necessità di entrare nel dettaglio, Sbilanciamoci ha in programma per il prossimo gennaio a Torino un grande convegno con ambientalisti e Cgil sulla mobilità sostenibile e la transizione ecologica giusta. Nella stessa città, tra l’altro, esiste il progetto di Leonardo (ex Finmeccanica) di promuovere un vasto distretto delle industrie della difesa, una “cittadella delle armi”, per il rilancio industriale del territorio destinato a vedere una decrescita dell’ex Fiat con il suo indotto. Altro tema cruciale che chiama in causa la posizione della Cgil a partire dallo studio elaborato da esperti e docenti universitari del centro Sereno Regis di Torino.

Sono numerosi, in diversi campi, i motivi di dissenso con il governo Meloni da parte di Landini: dal progetto di autonomia differenziata alla proposta di salario minimo che è stato bocciato da un parere del Cnel guidato dall’economista di Forza Italia, l’ex ministro Renato Brunetta.

Con queste e altre scelte l’Italia rischia, secondo Landini, di andare fuori dal tracciato della “via maestra” indicata dalla Costituzione. Un punto di vista condiviso da un numero elevato di realtà associative, come ad esempio le Acli e Libera.

Una piattaforma alternativa di governo che non prevede, quindi, la nascita di un nuovo partito (come quello incentrato sul tema della pace lanciato da Santoro, La Valle e De Magistris), ma auspica la condivisione reale e convinta delle forze di opposizione, a partire dal Pd.

Una sfida che non appare affatto semplice e scontata. Nella direzione nazionale dem del 5 ottobre Elly Schlein ha lanciato per sabato 11 novembre una manifestazione nazionale di opposizione al governo Meloni. Dall’analisi dell’agenda politica che verrà proposta per quella data si potrà capire l’accoglienza o meno delle istanze della Via Maestra.

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