La via della bellezza

  L’artista Michel Pochet presenta una “icona moderna” del volto di Dio Misericordia, un Dio che piange, che mostra attraverso quelle lacrime tutto il Suo amore. Le grandi tele raccontano la misura di questo amore nelle parabole della misericordia, che penetrano nella contemporaneità illuminandola, nel corpo del Sempre flagellato, nei volti della Stabat Mater e Consummatum est, nell’Adultera. Il Grande volto, le Lacrime, i Pesci, il Cuore: elementi simbolici  che ci conducono nell’intimo di ogni opera svelandoci un’iconografia cristiana nuova, intrisa di una profonda esperienza estetica e spirituale. L’amore, la comunione, guida la mano dell’artista e muove la sua ispirazione in una dinamica in cui l’altro è parte essenziale di sé
Opera di Michel Pochet

La storia dell’arte ci ha offerto spesso eloquenti esempi della rappresentazione della dimensione divina, in rapporto al sentimento di fede della società che l’ha espresso, talvolta fondamentale, necessaria e impellente.

E ogni epoca e luogo ha istituito dei canoni caratteristici per tali rappresentazioni, la figurazione, ad esempio, stilizzata e allegorica dell’arte paleocristiana e bizantina o stereotipata e ieratica delle icone russe o quella umanissima e sacra di Giotto o ancora quella più realistica, descrittiva, raffinata e opulenta del Rinascimento, alquanto insuperabile per il carattere del suo canone di bellezza.

L’immaginario iconografico di Michel Pochet risponde ad uno stilema molto particolare: egli si definisce un “achiropoieta”, un creatore di immagini sacre non fatte da mano d’uomo, di un nuovo archetipo iconico e, tra l’altro, dice che la sua comprensione del mistero divino deriva dal suo lavoro. E in rapporto a ciò avanza un paragone, quello tra l’artista che crea l’opera per poterla capire e il Creatore che vuole capire la sua creazione facendosi uomo e conoscendo la morte.

E nelle sue grandi tele che sembrano sudari, sulla scena magari della Shoah o del piccolo Aylan riverso esanime sulla spiaggia del suo viaggio migratorio, campeggia in alto un volto stilizzato, un disegno bidimensionale, un fumetto, e per questo significativo e incisivo, una mezzaluna, un po’ Pierrot, una maschera, credo perché l’infinito si maschera in un simbolo, il volto del Padre che piange con l’umanità; una soluzione per togliere l’impaccio di dover rappresentare l’irrappresentabile; è il Dio Misericordia, che dà il titolo alla mostra, nelle sue varie versioni. La Misericordia, dice l’autore, è una prerogativa di Dio che non è mai stata raffigurata nell’iconografia religiosa e Dio ci guarisce piangendo con noi.

È molto forte il contrasto tra questa immagine e tutto ciò che invece è passato sotto i nostri occhi: appunto i volti di Maria e di Gesù sono realistici, descrittivi, umani e terreni oltre che divini.

E negli occhi di Maria a volte si vede il Padre, a volte la creazione, secondo un’intuizione di Chiara Lubich ed è sorprendente il suo volto che piange per il Figlio con lacrime che sono perle e, dignitosissima, è permeata della dimensione della Trinità.

Al contrario il volto di Gesù è insanguinato, perché si è abbassato e confuso con il dolore umano.

E il viaggio dell’esperienza iconica e spirituale di Michel Pochet si sofferma, ad esempio, all’immagine del ritorno del figlio prodigo, all’interpretazione del buon samaritano o alle due invenzioni simboliche dell’adultera, intorno a cui le pietre, che nessuno ha scagliato contro di lei, disegnano un cuore, al cui interno emerge la chioma rossa della stessa donna, che è il fuoco che brucia nel cuore di colui che l’ha salvata.

Un’ ulteriore metafora della misericordia che capovolge e ama le fragili realtà umane, anche le più sbagliate.

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