La valigia con lo spago

Una foto in bianco e nero, ingiallita, sciupata. Lineamenti seri e marcati. Qualche scarno bagaglio, tra cui spicca “la valigia con lo spago”. È l’epoca in cui, in mancanza di lavoro e in condizioni di disperazione estrema, non rimaneva che andarsene in un altro Paese che potesse offrire qualcosa di più. Mentre scrivo mi accorgo di essere a fronte di uno specchio: da una parte l’Italia di ieri, dall’altra quella dei diseredati di oggi che, nel nostro Paese, a loro volta cercano una nuova possibilità di vita.

 

Ed è proprio “la valigia con lo spago” che si è aperta, in questo mese di luglio, ogni lunedì sera su Raiuno, per raccontare i volti di queste foto ora a colori, con le ricchezze di un’umanità disperata che arriva in Italia bisognosa di tutto. Questa valigia si è mostrata al pubblico con i suoi tesori quando qui, nel nostro Paese, viene approvato in via definitiva da parte del Parlamento, il ddl 773/bis, che, tra l’altro, introduce il reato di immigrazione clandestina. A Raiuno, una volta tanto, si è introdotta invece la possibilità di dare voce a chi voce non l’ha mai avuta, mostrando senza filtri una realtà di cui si conosce troppo poco.

L’inchiesta è stata firmata da Luca De Mata, direttore dell’Agenzia Fides, e Teresa De Santis con la consulenza di mons. Mauro Piacenza.

Non c’è studio, le storie sono proposte dalla strada in strada, sottolineate dalle musiche di un giovane compositore genovese, Aurelio Canonici. Un ritmo pacato per una narrazione convincente, dove le voci sono quelle di Oxana, di Imed: gente che lavora per conquistarsi onestamente e nel profondo rispetto del Paese che l’ha accolta, un miglioramento della propria condizione. E altri, italiani, che mostrano le innumerevoli possibilità della solidarietà quando questa si trasforma in fraternità.

E con il coraggio che in certi momenti precede la nostra volontà, il programma denuncia anche una gestione delle vite delle persone non all’altezza di questa condizione.

Mohammad, iraniano a Palermo, ci ricorda che «se siamo tutti esseri umani, dobbiamo essere uniti, perché viviamo una sola volta»; parole che pesano come un macigno sulla coscienza di tutti, e che ci interpellano sulla necessità di una riflessione più profonda su un tema che, in quanto legato anche a quello della sicurezza, è difficile da affrontare in una sola direzione. Ma che comunque non può prescindere dal fatto che “gli uomini nell’ombra” che raggiungono le nostre coste, sono prima di tutto degli esseri umani.

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