La Terra è malata

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Ogni volta che si verifica una grande calamità naturale, come quelle causate dai tornado sempre più frequenti e devastanti nelle regioni tropicali, oppure quando si alternano a inverni molto rigidi estati particolarmente torride che producono l’aumento della desertificazione e lo scioglimento dei ghiacci polari, ci si chiede preoccupati cosa stia accadendo al nostro pianeta. E si finisce per concludere che il clima sta cambiando. Poco importa sapere che ciclicamente sulla Terra si sono alternate fasi di riscaldamento e di raffreddamento (le ben note ere glaciali) con conseguente diminuzione e innalzamento del livello dei mari, arretramento delle coste e forti mutamenti nel clima. Siamo coscienti infatti che se si riproponesse uno scenario simile in un pianeta sovrappopolato come è oggi il nostro, le conseguenze sarebbero devastanti. Quanto meno, l’accelerazione di questi fenomeni, però, oggi è favorita dai comportamenti umani; ma è difficile cominciare per primi a compiere quelle rinunce che potrebbero contribuire a ristabilire gli equilibri di cui a lungo si è goduto. Le enormi emissioni antropogeniche di gas serra stanno causando un aumento della temperatura terrestre e determinano di conseguenza dei profondi mutamenti a carico del clima sia a livello planetario che locale. Prima della rivoluzione industriale, l’uomo rilasciava ben pochi gas in atmosfera, ma ora la crescita della popolazione, l’utilizzo dei combustibili fossili e la deforestazione contribuiscono non poco al cambiamento nella composizione atmosferica. Gli scienziati del Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite ritengono che la temperatura media del pianeta sia aumentata di circa 0,6°C dal 1861, il che non è poco. Ma, sulla base delle tendenze attuali di emissione dei gas serra, vi è la stima di un ulteriore aumento della temperatura terrestre tra 1,4 e 5,8°C entro questo secolo. Il conseguente cambiamento climatico avrà implicazioni estremamente significative a carico della salute dell’uomo e dell’integrità dell’ambiente. Il clima infatti influenza fortemente l’agricoltura, la disponibilità delle acque, la biodiversità, la richiesta di energia e la stessa economia. I calcoli sui cambiamenti climatici in aree specifiche sono molto meno affidabili di quelli globali; di conseguenza, non è chiara la variazione che avranno i climi regionali. Si ritiene, comunque, che per il maggior calore vi sarà una riduzione dell’umidità in varie regioni delle zone tropicali che andranno incontro a frequenti siccità. Un’ipotesi interessante è stata formulata a proposito delle future condizioni climatiche dell’Europa. Alcuni ricercatori ritengono che lo scioglimento dei ghiacci artici causato dal riscaldamento globale provocherà un potenziamento delle correnti oceaniche provenienti dall’Artico. Queste determineranno a loro volta la deviazione della Corrente del Golfo del Messico che attualmente lambisce le coste dell’Europa Occidentale. Per capire l’effetto che ha questa corrente sul clima europeo basta fare questa considerazione: a dicembre in Normandia (Francia) la temperatura si aggira attorno a 0°C; in Canada, alle stesse latitudini si raggiungono spesso i -30°C. Il venir meno dell’effetto riscaldante della Corrente del Golfo potrebbe così paradossalmente condurre l’Europa verso una nuova glaciazione, in un periodo in cui la maggior parte della Terra va incontro ad un riscaldamento. L’aumento del calore e quindi dell’evaporazione dai grandi bacini idrici comporta un aumento corrispondente della quantità d’acqua in atmosfera e quindi un aumento delle precipitazioni. Alcuni ricercatori ritengono che queste siano cresciute di circa l’uno per cento su tutti i continenti nell’ultimo secolo. Se le aree poste a latitudini più elevate dimostrano incrementi più consistenti, le precipitazioni sono diminuite invece in molte aree tropicali. Il riscaldamento globale comporta anche una diminuzione complessiva delle superfici glaciali. Le grandi masse di ghiaccio della Groenlandia e dei ghiacciai continentali stanno arretrando notevolmente; e, ultimamente, anche i ghiacci dell’Antartide hanno iniziato a ridursi. L’aumento del volume oceanico a causa della temperatura più alta e lo scioglimento dei ghiacci provocano anche l’innalzamento del livello medio del mare. Negli ultimi cento anni, infatti, esso è cresciuto approssimativamente di 15- 20 cm. Inoltre, in molte zone tropicali già si assiste ad una riduzione dell’umidità del suolo che comporta una diminuzione nella resa agricola; molte aree, anche in Europa, sono a rischio di desertificazione. Tutti questi effetti sono già scientificamente evidenti per i molti dati ottenuti a riguardo e si ipotizza un inasprimento della situazione attuale nel caso in cui le concentrazioni dei gas serra aumentassero. Ad evidenziare la gravità di questa situazione, si è manifestata quest’anno, in coincidenza con un inverno più rigido del solito, la precarietà in cui molti paesi versano, e segnatamente l’Italia, per i propri approvvigionamenti di combustibile. Si ripropone dunque, e con urgenza, un riesame della nostra politica energetica tenendo conto da un lato della nostra quasi totale dipendenza dalle importazioni dei combustibili; e dall’altro dell’imperativo di salvaguardare gli equilibri ecologici del pianeta, che non va disatteso penalizzando, se non il nostro, quanto meno il futuro dei nostri figli. Un pianeta fortunato La nostra Terra è fra i pianeti del Sistema solare l’unico ad avere parte della superficie ricoperta d’acqua allo stato liquido (circa il 70 per cento) e una atmosfera ricca di azoto e ossigeno. Come si sa, è situata ad una distanza dal Sole giusta per non essere troppo fredda né troppo calda; ed ha, rispetto alla sua orbita, una inclinazione dell’asse tale che nel suo moto di rivoluzione intorno al Sole alterna nel suo ciclo le varie stagioni. Ma la giusta distanza dal Sole non basta, da sola, a far sì che il clima sulla sua superficie sia ben temperato e vivibile. La Terra, infatti, è anche della dimensione giusta affinché la sua gravità possa trattenere intorno a sé una pellicola di gas di adeguata densità, molto importante per mantenere una temperatura idonea allo sviluppo e al sostentamento della vita stessa, l’atmosfera. Pianeti più piccoli del nostro, come Marte, possono avere una atmosfera molto rarefatta e ciò ne abbassa la temperatura media fino a -63°C contro i +15°C della Terra. Se invece consideriamo Venere, che si trova subito prima della Terra allontanandosi dal Sole e ne ha circa le medesime dimensioni, esso ha una atmosfera con una composizione per certi aspetti simile a quella terrestre ma con percentuali molto maggiori di componenti come l’anidride carbonica, che ne provocano un forte surriscaldamento. Venere ha infatti una temperatura media di circa +464°C. Insomma, la nostra Terra è della dimensione giusta, è alla distanza giusta dal Sole e ha l’atmosfera con la densità e le percentuali di composti chimici giusti per innescare fenomeni molto importanti nella protezione e nel sostentamento della vita sulla sua superficie. Però c’è un problema: mentre la dimensione e la distanza della Terra dal Sole l’uomo non può modificarle (almeno per ora), la composizione della sua atmosfera sì, con conseguenze irreparabili.

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