La staffetta tra morte e vita

La donazione di organi nel nostro Paese va incentivata, soprattutto in alcune regioni.
Trasporto di organi

«Trapianti record, 28 in un giorno. Nessun rifiuto dai familiari. Il Policlinico ha diretto il lavoro per donare gli organi a pazienti, da pochi mesi a 84 anni. La centrale operativa che ha coordinato la complessa macchina organizzativa – individuazione dei riceventi, test di compatibilità, trasporto degli organi – è stato il Nord Italia Transplant, con sede al Policlinico di Milano. Il resoconto è da brividi. 12 reni, 4 cuori, 4 polmoni, 8 fegati trapiantati in bambini, uomini e donne. Sono state al lavoro giorno e notte le sale operatorie di 17 ospedali (Policlinico, Niguarda, San Raffaele, Istituto dei tumori, Varese, Riuniti di Bergamo, Civili di Brescia, Udine, Torino, Padova, Genova, Pavia, Vicenza, Verona, Ancona, Macerata e Bari). Quasi 600 i chirurghi, anestesisti, perfusionisti, infermieri e operatori vari delle équipe sanitarie coinvolti».

 

Notizie come questa pubblicata sul Corriere della Sera vorremmo leggerle ogni giorno; anzi ci piacerebbe sapere che i record vengono stabiliti e sistematicamente superati. Ma la situazione non è sempre rosea. Ogni giorno in Europa dodici persone muoiono aspettando un trapianto; le donazioni sono ferme sugli stessi numeri da cinque anni a questa parte; i pazienti in lista d’attesa sono 56 mila. Questi alcuni dati forniti da Axel Rahmel, direttore di Eurotransplant international foundation, un’organizzazione no profit creata tra sette Paesi europei (Austria, Belgio, Germania, Croazia, Olanda, Slovenia e Lussemburgo). Al primo posto nel nostro continente si attesta la Spagna, fino a dieci anni fa fanalino di coda. Un’inversione di tendenza che Rafael Matesanz, direttore dell’Organizzazione nazionale dei trapianti iberica, così spiega: «Non è tanto importante investire un sacco di soldi in campagne pubblicitarie per convincere la popolazione. Occorre piuttosto investire nell’organizzazione del sistema dei trapianti e nella formazione dei professionisti. Perché dipende dalla filosofia dei medici che sono lì nel momento delicato del decesso se si arriverà alla donazione oppure no».

 

Quelli segnalati da Matesanz sono i punti chiave della donazione evidenziati dagli esperti del settore: organizzazione del sistema, formazione dei professionisti, capacità di relazione medico-famiglia. Questione di fiducia, sottolinea ancora Mario Scalamogna, coordinatore del Nord Italia Transplant, secondo cui la donazione può essere «l’effetto di una buona relazione complessiva tra il Servizio sanitario e il cittadino e i familiari». Perché diversamente è più difficile che in momenti così particolari, come quelli in cui viene annunciata la morte (cerebrale) di un proprio caro, si abbia anche solo la lucidità per ragionare attorno al tema di un’eventuale donazione, per i parenti certamente, ma anche per il personale medico che si trova a gestire la situazione. Una questione alquanto complessa, come si intuisce e di cui trattiamo solo qualche aspetto.

 

Nel nostro Paese le regioni più organizzate sono la Toscana e il Friuli, con una media di oltre 40 donatori per milione di abitanti, seguite da Piemonte e Valle d’Aosta (29,4), Marche (28,7), Emilia Romagna (27,2), Lombardia (23), Veneto (20). Agli ultimi posti Sicilia (10,3), Umbria (10,1), Campania (7,9) e Calabria (7,5). I pazienti in lista d’attesa sono più di novemila con tempi che variano da tre anni per un rene a circa due per fegato, cuore, polmoni e una percentuale di mortalità, ancora in lista d’attesa, che arriva all’11,49 per cento per i polmoni e all’8,08 per cento per il cuore.

 

Come è successo a R.P., una ragazzina di 12 anni affetta da insufficienza cardiaca. Le serviva un cuore nuovo per sopravvivere, ma prima del nuovo organo è sopraggiunta un’ischemia cerebrale che ha determinato una progressiva compromissione neurologica e la morte cerebrale. All’aggravarsi delle condizioni, che non hanno più fatto sperare nella soluzione del trapianto, i genitori non hanno esitato a dare il loro consenso perché gli organi della piccola venissero donati, offrendo ad altri quella salvezza che non era più possibile per la loro figlia.

 

Se non è sufficiente il numero di organi disponibili rispetto alle necessità, non mancano sicuramente storie quotidiane che continuano a commuovere, anche perché si tratta sempre di un misterioso intreccio tra vite che se ne vanno e altre che tornano ad avere un futuro.

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