La staffetta per la pace

Da mesi progettano una staffetta mondiale per la pace che attraversi città di ogni latitudine. Ragazzi di diverse lingue, culture e religioni che si passano simbolicamente il testimone da un fuso orario all’altro fino a coprire, nell’arco di ventiquattr’ore, tutta la terra. Un sogno che diventerà realtà domenica 9 ottobre con Run4unity, il prossimo appuntamento mondiale dei Ragazzi per l’unità che si inserisce nel quadro della Settimana mondo unito. Il sottotitolo della staffetta, Rainbow over the world, ne esprime l’obiettivo: fare di una manifestazione sportiva l’occasione per stendere un arcobaleno di pace e di fraternità sul mondo. Dalle 11 alle 12 in ogni fuso orario, migliaia di ragazzi gareggerannonei modi più diversi attraversando alcuni dei luoghi più significativi del pianeta. Li vedremo correre dai confini di paesi in conflitto al Palazzo delle Nazioni unite, da luoghi nei quali la pace è ancora minacciata a quelli nei quali antiche rivalità tra popoli sono solo un ricordo, dagli angoli più tipici dei diversi paesi agli edifici simbolo dell’unità di una nazione. I primi a partire saranno i ragazzi delle Isole Fiji nel Pacifico. Poi, con lo scorrere della giornata, in molte località delle diverse latitudini, prenderanno il via competizioni di vario tipo e corse con ogni mezzo: a piedi o in bicicletta, sui roller o in canoa. Ora dopo ora si comporrà il messaggio finale della manifestazione che vogliono far conoscere a più persone possibile coinvolgendo i mass media. Una gara sportiva che sarà anche gara di solidarietà: per iscriversi alla manifestazione si potrà donare un contributo per sostenere i trenta Progetti Dare in atto in varie parti del mondo, allo scopo di finanziare borse di studio per i loro coetanei dei paesi in guerra o in difficoltà. In ogni tappa si raccoglieranno alimenti, materiale scolastico e indumenti che, alla fine della competizione, saranno consegnati alle persone più bisognose delle diverse città. Sei semplici regole Un binomio, quello tra sport e fraternità, ideato ed attuato da tempo dai Ragazzi per l’unità in varie occasioni ed in diversi modi. Convinti infatti che fare anche dello sport uno strumento di unità tra persone e popoli è non solo possibile, ma necessario, hanno provato a tradurre in pratica sportiva la cosiddetta regola d’oro che invita a fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi, e che già cercano di vivere in ogni ambito della loro vita. Ne sono nate sei semplici norme divenute il regolamento delle centinaia di gare, tornei, corse ed olimpiadi che organizzano ogni anno in varie località dei cinque continenti. Così ci si impegna a gareggiare con agonismo, ma senza rivalità, e ad eliminare ogni forma di violenza, in campo e sugli spalti. Si impara a chiedere scusa quando si sbaglia ricominciando con sprint e gioia, ma anche a perdonare gli errori degli altri. Ad ognuno è chiesto di dare il massimo attimo dopo attimo, ma anche di rispettare i propri e gli altrui limiti e di essere corretti con arbitri ed avversari fino ad arrivare a gioire anche delle vittorie degli altri. Sei semplici regole che possono essere ricordate anche, come hanno fatto in Austria, scrivendole sulle sei facce di un dado da tirare prima di ogni fischio d’inizio. L’idea del dado è nata durante l’iniziativa Sports4peace che si inseriva nella più ampia manifestazione Lifestyle4peace che, proponendo uno stile di vita improntato alla realizzazione della pace, ha raggiunto e coinvolto oltre 30 mila ragazzi e giovani di tutta l’Austria. La proposta di adottare il dado nelle gare sportive è molto piaciuta ai teen ager, ma è stata è stata anche apprezzata da alcuni presidi ed insegnanti che, per l’alto valore educativo, l’hanno introdotta nelle loro scuole. I professori dell’Istituto dello sport di Vienna si sono augurati che presto il dado dispieghi la sua forza rivoluzionaria e cambi il mondo. Nel Tirolo il Consiglio regionale dello sport, che riunisce i responsabili delle organizzazioni sportive di rilievo, ha proposto di applicare queste sei regole in tutti gli eventi sportivi della regione. Non escludere nessuno La regola d’oro messa in pratica nello sport cambia anche il modo di vivere l’antagonismo tra le squadre, perché tutti, compagni di team ed avversari, vivono per realizzare la fraternità. Non mi importa tanto della medaglia – diceva uno dei premiati delle Olimpiadi dei Ragazzi per l’unità del Brasile -. Ciò che conta è l’amicizia che abbiamo sperimentato. Ho capito che, anche attraverso le piccole cose, come una stretta di mano all’avversario, possiamo costruire un mondo unito . Nel paese sudamericano due sono state le Olimpiadi organizzate: una a Curitiba e l’altra a Porto Alegre. In totale erano presenti 400 ragazzi dai 13 ai 18 anni che si sono alteranti in diverse discipline: atletica, basket, pallavolo, calcio ed anche un impegnatissimo torneo di scacchi. Ogni Olimpiade è iniziata con l’inno brasiliano che, a Porto Alegre, è stato eseguito dalla Banda del battaglione dei carabinieri. Sono poi seguiti il giuramento dell’atleta e la corsa con la torcia olimpica. Molti dei componenti le squadre si incontravano per la prima volta: il gioco è stato occasione per conoscersi e veder crollare la naturale rivalità tra le città. Diceva alla fine una ragazza: Pensavo che nello sport non si potesse amare l’altro, perché è una competizione. Invece qui ho imparato a non escludere nessuno. Ed un altro: Dopo questa giornata sento dentro un nuovo rapporto con Dio. Deport-chicos è invece il titolo scelto per il torneo sportivo che ogni anno si svolge a Buenos Aires. L’ultima edizione ha visto la partecipazione di oltre mille ragazzi. Alle 12 tutte le attività si fermano per il timeout: un momento di silenzio e preghiera per la pace che, ideato alcuni anni fa, coinvolge oggi, ragazzi ed adulti, non solo durante le attività sportive, ma ogni giorno, nello stesso momento, in ogni parte del mondo. Anche in Argentina, come in molti dei tornei ideati dai Ragazzi per l’unità, ha vinto non solo chi ha realizzato più punti e chi ha avuto la tifoseria migliore, ma anche chi ha meglio vissuto la regola d’oro. Il Deportchicos è sport, ma non solo. Ogni partecipante porta ancheoggetti, vestiti o denaro che, raccolti durante la giornata, sono donati ai ragazzi più poveri della città. Nell’edizione più recente hanno preso parte alle gare anche alcuni ospiti della Casa del bambino, l’orfanotrofio di Buenos Aires a cui va il ricavato, coi quali si è creato un rapporto che dura tuttora. In Olanda, nel torneo sportivo promosso a Nieuwkuijk, c’è stata invece la possibilità di coinvolgere anche una cinquantina di adolescenti con problemi di comportamento. All’inizio era stato detto loro che i nuovi amici avrebbero avuto bisogno di una sorveglianza speciale, ma, appena sono partite le gare, è stato subito chiaro che tutti si erano perfettamente integrati nei gruppi. Molto forte per tutti è stata la testimonianza di un atleta che ha partecipato alle olimpiadi per i portatori di handicap: parole che hanno fatto comprendere che la più grande vittoria è quella su sé stessi. Fino al podio Lo sport può anche diventare occasione per andare al di là delle profonde diversità che potrebbero dividere, come quelle di cultura, di lingua o di religione. Così è accaduto in Thailandia, dove ragazzi cristiani, buddisti e musulmani hanno pronunciato, durante la cerimonia d’inizio del meeting sportivo da loro organizzato,organizzato, un giuramento basato sulla regola d’oro che tutti si sono impegnati a vivere. A Bangkok, erano in 300 tra atleti, arbitri e spettatori coinvolti in una vera e propria mini-olimpiade nella quale, vivendo la fratellanza, tutti si sono sentiti vincitori. Vissuto in questo modo lo sport permette di costruire amicizie vere creando rapporti nuovi con tutti in ogni attimo, sia quando si gioca in squadra che quando ci si ritrova da soli in competizione. È l’esperienza di Elaine della Scozia, che da tempo cerca di vivere la regola d’oro anche mentre si allena nel suo sport preferito, il salto con l’asta, che pratica a livello agonistico. Lo scorso anno, aggiudicandosi il primo posto in una gara importante, ha rappresentato la Scozia in una competizione internazionale. Quando ho saputo di aver vinto sono stata felice – racconta -, ma l’amica che è arrivata seconda, molto delusa, si è arrabbiata al punto di rompermi l’asta prima della gara successiva. In quel momento, ricordandomi che i rapporti sono più importanti della vittoria, ho sentito che dovevo perdonarla ed ho fatto di tutto per farglielo capire finché il rapporto tra noi non è tornato buono. Per la seconda gara, poi, non avendo più la mia asta, ho dovuto farmene prestare una che però era di minore qualità della mia. Ed ho vinto anche quella gara.

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