La sfida di Francesco in Bolivia: no all’esclusione!

La logica di Gesù nella benedizione dei pani (prendere, benedire, consegnare) è opposta all’indifferenza del mondo. Terra, casa e lavoro diritti sacri per tutti. Avviare processi per un’economia al servizio dei popoli. Gli scartati e gli esclusi sono l’opzione preferenziale della Chiesa. «Come sono belli i Paesi che superano la diffidenza malsana e integrano i diversi!»
Bolivia papa

«Con Francesco, annunciamo la gioia del Vangelo: riconciliazione e rinnovamento», questo è stato il motto della visita del papa in Bolivia, una terra che ha definito «benedetta nelle sue genti, con la sua variegata realtà culturale ed etnica, che costituisce una grande ricchezza e un appello permanente al mutuo rispetto e al dialogo: popoli originari millenari e popoli originari contemporanei».

 

Con i suoi atti e parole, durante questi due giorni intensi, il papa è stato un esempio di come tessere riconciliazione in mezzo alla diversità e ha lasciato anche alcune indicazioni su dove puntare nel rinnovamento che vive il paese. È stato esempio e testimone di dialogo, ma un dialogo profetico che denuncia l’esclusione per promuovere la liberazione integrale.

 

L’agenda abbastanza equilibrata, tra eventi civili ed ecclesiali, ha mostrato un papa per tutti i boliviani, non solo per i cattolici: dal presidente Morales («è la prima volta che ho un Papa»), al popolo cattolico che facendo sacrifici e vincendo le difficoltà era lì, in ogni strada che percorreva la “papa-mobile”, per salutare e ricevere una benedizione del suo pastore universale, ma latinoamericano.

 

Francesco si è anche lasciato il tempo per gesti simbolici che testimoniano la sua disposizione al dialogo. Pure se con un’ora di ritardo, nella strada verso La Paz si è fermato a pregare per il martire Padre Luis Espinal: «Ha predicato il Vangelo e quel Vangelo dava fastidio, e perciò lo hanno eliminato». In Santa Cruzè andato a salutare in ospedale il cardinale emerito, Julio Terrazas. Ha anche conversato a lungo con alcuni partecipanti al secondo incontro dei movimento popolari e dei presidiari al Centro di Riabilitazione di Palmasola. Fatti che hanno messo in luce il Papa dei poveri, ma anche di tutti.

 

A La Paz, in cattedrale, alle autorità civili ha parlato dell’importanza del dialogo: “Lo sviluppo della diplomazia con i paesi vicini, che eviti i conflitti fra popoli fratelli e contribuisca al dialogo franco e aperto dei problemi, è oggi indispensabile”. Questo è indubbiamente un tema assai delicato ma, letto dalla Bolivia, costituisce un argomento in più sull’importanza di un contributo boliviano all’integrazione e allo sviluppo della Latinoamerica.

 

Anche dalla Bolivia papa Francesco ha parlato a tutto il mondo. Infatti nella messa a Santa Cruz c’erano tanti latinoamericani di Paesi vicini che hanno ascoltato il suo richiamo a non cadere nella disperazione di fronte al mondo. Mettendo in luce il valore delle donne e mamme, che trasmettono la memoria dei popoli, ha invitato a rompere la logica del mondo che ci porta all’esclusione e all’indifferenza, per seguire invece la logica di Gesù nella moltiplicazione dei pani: prendere, benedire, consegnare.

 

Ricordando che «la benedizione è sempre anche missione, ha una finalità, condividere, il dividere insieme quello che si è ricevuto, poiché solo nella dedizione, nel con-dividere troviamo, come persone umane, la fonte della gioia e facciamo esperienza della salvezza».

 

In questa scia, con i religiosi, sacerdoti e seminaristi, ha avuto un momento bellissimo, spontaneo, sembrava essere a suo agio, si sentiva in famiglia. Ma il discorso è stato forte. Ha chiesto ai dirigenti cattolici la capacità di sentire e di fare qualcosa per i bisognosi. Ha chiesto per loro “memoria” perché non dimentichino le loro origini. In altre parole, gli ha chiesto di non chiudersi in uno stato di confort, ma che vivano il Vangelo con solidarietà e gioia in un ambiente che ha tante necessità.

 

Mentre al secondo Incontro dei movimenti popolari c’erano delegati da più di 30 paesi che hanno accolto con entusiasmo e attenzione le sue parole, durante il discorso più lungo del suo soggiorno, quasi un’ora. Il papa ha indicato chiaramente la strada per il rinnovamento sociale, tanto locale come globale, «perché abbiamo bisogno e vogliamo un cambiamento».

 

Terra, casa e lavoro sono diritti sacri che ci permettono di dialogare con tutti per contribuire al bene della casa comune. Riprendendo lo slogan del governo boliviano, “processo di cambio”, che gli piace molto, Francesco ha sottolineato chiaramente ai membri dei movimento sociali e popolari che è fondamentale avviare processi e non prendere spazi di potere. Avviare processi per un’economia al servizio dei popoli, per unire i popoli nella cammino della pace e giustizia e per la difesa della madre terra.

 

La sua visita è finita nel carcere di Palmasola, il più’ popolato della Bolivia. Ha sentito i testimoni dei reclusi e ha condiviso con loro l’essere perdonato. Ha detto che anche lui fa degli errori e deve fare penitenza. Per l’ennesima volta Francesco ha ripetuto un concetto chiave della sua visita in Latinoamerica: no all’esclusione. A Palmasola ha detto: «reclusione non è lo stesso che esclusione».

 

La visita del Papa in Bolivia ci lascia tantissimi richiami per riflettere e vivere. In chiave di riconciliazione e rinnovamento se ne possono rilevare due. Il primo, che sottolinea ancora una volta con chiarezza e forza al popolo cattolico l’urgenza di vivere la sua opzione preferenziale per i poveri: questo motto della Chiesa latinoamericana dato in Puebla (1979) ci ricorda che il Vangelo porta la buona notizia a tutti, ma soprattutto agli esclusi e scartati della società.

 

Tra l’altro l’ha sottolineato appena arrivato in terra boliviana: «Mi piacerebbe incoraggiare la vocazione dei discepoli di Cristo a comunicare la gioia del Vangelo, ad essere sale della terra e luce del mondo (…) a partire dalla sua opzione preferenziale ed evangelica per gli ultimi, per gli scartati, per gli esclusi: questa è l’opzione preferenziale della Chiesa».

 

Il secondo è una consegna al popolo boliviano: darsi da fare per generare quella unità che è una multiforme armonia. «La Bolivia sta attraversando un momento storico: la politica, il mondo della cultura, le religioni sono parte di questa bella sfida dell'unità. In questa terra dove lo sfruttamento, l'avidità, i molteplici egoismi e le prospettive settarie hanno oscurato la storia, oggi può essere il tempo dell’integrazione. Bisogna camminare su questa strada. Oggi la Bolivia è capace, con la sua ricchezza, di creare nuove sintesi culturali. Come sono belli i Paesi che superano la diffidenza malsana e integrano i diversi, e che fanno di questa integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Che bello quando sono pieni di spazi che collegano, interagiscono, favoriscono il riconoscimento dell’altro! La Bolivia, nell'integrazione e nella sua ricerca di unità, è chiamata ad essere “questa multiforme armonia che attrae” sulla strada verso il consolidamento della patria grande».

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