La sfida della democrazia e la responsabilità di ogni cittadino

La partecipazione al voto e prima ancora ai dibattiti della campagna elettorale, dunque, diventa un contributo essenziale per affermare la solidità della democrazia nel proprio Paese. Contributo al dibattito verso le elezioni politiche del 25 settembre promosso da Città Nuova. Vedi Focus
Democrazia. Foto assemblea studenti università stale di Milano LaPresse - Mourad Balti Touati

Le imminenti elezioni politiche – arrivate con leggero anticipo rispetto alla fine “naturale” della legislatura con la caduta estiva del governo Draghi – richiamano i cittadini italiani ad uno dei doveri civici fondamentali.

Quello del voto, infatti, rappresenta non solo lo strumento essenziale per esprimere il proprio parere – dato importante ma che potrebbe sembrare inutile o comunque “ridotto” da questa o quella legge elettorale o da questo e quel sistema di partito – ma è soprattutto il momento in cui si testa la solidità di una democrazia e ci si appella alla responsabilità di ciascun cittadino. In che senso?

Il sistema democratico è quello che scommette su alcune delle migliori qualità dell’essere umano: la capacità di partecipare alla costruzione di un bene non esclusivo, di informarsi con scrupolo, di pensare alle prossime generazioni, di essere consapevoli dei propri diritti e doveri, e molti altre.

Nello straordinario radiomessaggio del Natale del 1944, Pio XII ricordava che i diritti fondamentali del cittadino nel sistema democratico sono quelli di «esprimere il proprio parere sui doveri e i sacrifici che gli vengono imposti; non essere costretto ad ubbidire senza essere stato ascoltato».

Ora, se questo è vero, i cittadini – nella misura in cui è possibile a ciascuno – sono chiamati ad essere soggetti attivi e partecipativi. Reclamare maggiore democrazia – ricorda ancora Pio XII – significa mettere il cittadino «sempre più in condizione di avere la propria opinione personale, e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune».

Quindi, meno un cittadino si informa, partecipa e contribuisce con la propria opinione, più la democrazia si indebolisce e degenera in qualcosa che non è a danno del bene di tutti. La partecipazione al voto e prima ancora ai dibattiti della campagna elettorale, dunque, diventa un contributo essenziale per affermare la solidità della democrazia nel proprio Paese. Questo naturalmente implica una responsabilità decisiva di chi fa politica per professione e degli operatori dell’informazione nel curare la buona qualità dei dibattiti e delle notizie.

Ecco allora la necessità di coinvolgere ogni cittadino nella lotta all’astensionismo, all’indifferenza o alla disaffezione verso la politica, vere minacce alla democrazia. Certamente non tutti siamo competenti allo stesso modo e nelle stesse cose e partecipare non significa avere la presunzione di poter insegnare a tutti su tutto. Al contrario, essere cittadini attivi significa saper ascoltare, essere disponibili a imparare e approfondire, far la fatica di prendere posizione argomentando razionalmente le proprie idee con coraggio e umiltà. E, naturalmente, avere anche l’onestà di cambiare idea.

È evidente, inoltre, che in una democrazia nessun partito (nemmeno quello per cui si simpatizza e di cui si è accesi militanti) può intestarsi la ricetta del bene di tutti e che quindi tutte le sensibilità sono legittimate e hanno il dovere di collaborare per il bene comune.

Questo significa che è giusto e sano prendere posizione, avere idee diverse, dialogare politicamente e non essere d’accordo su tutto, pur condividendo alcuni principi fondamentali, come quelli della centralità e della dignità della persona, fine ultimo di ogni società civile; è, dunque, fondamentale che il cittadino si sappia mettere in autentico ascolto dell’idea altrui accogliendo profondamente la sensibilità da cui essa è nata.

Tale disponibilità non può che nascere dalla consapevolezza dei propri naturali limiti e della propria naturale parzialità. Anche la presunzione di assolutezza (della verità della propria idea e della falsità dell’altro) è un nemico della democrazia e può portare a quella disillusione che allontana dalla politica e dalla cittadinanza attiva. Forse troppo spesso crediamo che questi aspetti siano un di più quando, invece, rappresentano il cuore stesso dell’agire politico in una società democratica.

Allora i toni della campagna elettorale devono essere coerenti con tutto questo; per rispondere alla profonda sfida che ogni sistema democratico rappresenta, occorre non denigrare l’avversario, non farne una rappresentazione farsesca dandogli torto a priori e costantemente, non costruire la campagna elettorale sui suoi errori o la sua presunta impresentabilità, sulla minaccia del fascismo o comunismo o democristianesimo altrui, non ricordare continuamente quella volta in cui l’avversario ha sbagliato o in cui è stato incoerente.

Allo stesso tempo è necessario avere il coraggio di non dare ragione a tutti, di contribuire alla profondità del dibattito pubblico – come un servizio d’amore politico – provando a delineare una visione per il futuro del Paese, di dire chiaramente, argomentando, dove e perché si ritiene che una ricetta politica non sia adatta, avanzando costruttivamente la propria tesi.

Chiediamo ai politici e a noi stessi di non dire mai che l’altro sbaglia se non si è in grado di proporre un’alternativa e di non parlare per slogan. Pura utopia? Bella favoletta per idealisti illusi e poco concreti? Qualcuno può pensare di sì. Io penso che proporre questo modello di politica a tutti quelli che fanno parte della nostra “bolla” sia una sfida entusiasmante e necessaria. Forse è tempo di smettere di dire che è impossibile per far notare che se non testimoniamo l’utopia, non c’è speranza e non solo per il nostro Paese.

Contributo al dibattito verso le elezioni politiche del 25 settembre promosso da Città Nuova. Vedi Focus

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