La scommessa educativa

Dove andiamo se mancano modelli convincenti?
Ragazzi

Siamo in emergenza educativa. Il fenomeno non può essere taciuto, ma è difficile capire, però, chi debba essere educato.

La convinzione diffusa è che siano le nuove generazioni a dover essere accompagnate in un percorso di crescita che, nella migliore delle ipotesi, coinvolge anche l’accompagnatore.

Si ritiene che i giovani siano maleducati, cioè educati in modo sbagliato. Per quale motivo sia sbagliato, però, non è facile spiegarlo. Osservare che non rispettano gli adulti e l’ambiente che li circonda oltre che fazioso è qualunquista, dal momento che ai giovani abbiamo già sottratto la speranza di un lavoro, affetti durevoli, un pianeta incontaminato.

Due sembrano le strade percorribili: 1) tornare a una maggior severità ed esercitare, se non l’autorità, almeno l’autorevolezza (presenza forte dell’educatore); 2) comprendere le nuove esigenze di un mondo che cambia, riconoscere le difficoltà che il giovane vive, fornirgli gli strumenti necessari ad affrontare la vita e lasciare che cresca (presenza debole dell’educatore). In entrambi i casi non è chiara la direzione: che tipo di uomo deve diventare il giovane?

Ipotesi sempre attuale è quella della comunità educante: educatori ed educandi procedono insieme lungo un percorso di ridefinizione di valori e metodi atti a conseguirli, che tenga conto delle esigenze di tutti. Ma la domanda rimane la stessa: verso dove si va?

Detto in modo banale, mancano modelli convincenti. Il politico privilegiato, l’imprenditore di successo o il professionista affermato sono figure sociali, ma l’uomo realizzato in quanto uomo resta una chimera. Forse bisognerebbe spogliarsi o, più semplicemente, ricordarci che il re è nudo, cosa che i bambini sanno da sempre. Giulio, chiamiamolo così, dice a suo padre: «I tuoi amici sono persone realizzate, solo tu non lo sei». Suo padre risponde: «Volevo avere accanto una donna che mi amasse e che io amassi, volevo dei figli a cui voler bene e che me ne volessero, desideravo un lavoro utile agli altri. Ho tutto quello che desideravo». «Allora ho capito papà – dice Giulio –, tu sei una persona realizzata».

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