La santità sdoganata

La festa per la beatificazione di Chiara Luce Badano, nelle parole di due giovani giornaliste. Una gen, una giovane dei Focolari, diventa modello per tanti.
Chiara Luce Badano

Che ci fosse qualcosa che non quadrava in questa beatificazione l’avevo capito già da quando avevo trovato sul comodino di mio fratello – un po’ allergico ai santini – un libro su Chiara Badano. Strano che la sua storia l’avesse interessato. L’impressione ha ricevuto conferma il 25 settembre a Roma: oltre 20 mila giovani e non solo sparsi sui prati attorno al santuario del Divino Amore, seduti davanti ai maxischermi, con cappellini, bandiere e chitarre come da miglior tradizione Gmg. Mentre alcune persone anziane chiedono i santini, i ragazzi erano occupati a salutare, fare conoscenze, abbracciare amici ritrovati chissà come in mezzo a quella marea.

 

È qui la festa

 

Una marea anche in quanto a varietà di persone, e non solo perché provenivano da 71 Paesi. Dimenticate lo stereotipo del papa boy (anche se ce n’erano di presenti): non credo, ad esempio, che vi corrisponda molto il quindicenne con i capelli sparati in aria, che viene a dire che «Chiara ha lasciato delle orme sulla riva del mare e non voglio che le onde le cancellino». Qui c’è di tutto, comprese molte famiglie. Come quella arrivata dalla Scozia con tre figli al seguito: non conoscevano i Focolari, ma la ragazzina più grande, che farà la cresima l’anno prossimo, aveva sentito parlare di Chiara Luce. Siccome in Scozia c’è l’usanza di adottare un nuovo nome per la cresima, la scelta è caduta proprio su quello della giovane Badano. Così la coppia ha caricato i figli su un aereo ed è volata a Roma. Non mancano nemmeno i non credenti e i fedeli di altre religioni.

 

A dire il vero, come confermano alcuni portoghesi, «non si direbbe proprio di essere a una beatificazione». Non ne avevo mai vista una, ma non me l’immaginavo così. Dopo la processione, infatti, la palla passa ai giovani, che animano la messa. Quando viene scoperta l’immagine di Chiara Luce, tiro un sospiro di sollievo vedendo che non è il solito arazzo, ma una foto di lei sorridente. Qui, infatti, si festeggia. Qui si rivive la vicenda della giovane Badano, in un’atmosfera gioiosa e solenne, semplice e nel contempo estremamente raccolta.

Lo si capisce prima di tutto dall’espressione dei genitori di Chiara, così radiosi e fieri. Non è il ricordo di una storia lacrimevole – quale potrebbe essere quella di una diciottenne morta di cancro – ma piuttosto la festa per un’amica presente. Il tema così ricorrente nei commenti dei giovani da diventare impegno condiviso è la volontà di seguire l’esempio che lei ha tracciato, «perché ha dimostrato che la santità è possibile anche per noi». Uno “sdoganamento” delle porte del Paradiso, in qualche sorta.

 

A seguire la celebrazione sono stati anche innumerevoli altri tramite tv e Internet. In fondo è stata proprio la Rete a dare sin dall’inizio un tratto distintivo alla beatificazione di Chiara. Con successo, sembra: «Io mi vergogno. Passiamo ore su Facebook a guardare cavolate e fino a dieci minuti fa non sapevo chi era Chiara Luce» scrive Valentina sulla pagina dedicata all’evento.

Alla fine della celebrazione mi fermo alla conferenza stampa con la presidente dei Focolari, Maria Voce, e i coniugi Badano. A un giornalista che le chiede che cosa prova davanti alla beatificazione di una figlia così a lungo desiderata, ma così presto partita, la madre risponde: «Un’immensa gratitudine a Dio». Il padre precisa che «i due anni della malattia sono stati i più benedetti per la nostra famiglia». Due frasi, due macigni, che porto con me mentre mi avvio verso San Pietro.

Chiara Andreola

 

Un passaggio di testimone

 

Nemmeno la leggera pioggia della serata, che dal santuario del Divino Amore ci accompagna fino all’aula Paolo VI, in Vaticano, sembra turbare minimamente i ventimila che vedo arrivare, pronti a festeggiare la nuova beata: «Siamo persone provenienti da varie parti del mondo – dice Linda, 24 anni dalla Nigeria –, ed è toccante il fatto che sembra di essere una grande famiglia». Sono tra gli ottomila che hanno la fortuna di essere nell’Aula Paolo VI. Qui i ragazzi sul palco iniziano un botta e riposta con la sala che anima e scalda l’atmosfera. Intanto anche piazza San Pietro, coi suoi maxischermi, inizia a gremirsi. Alle 21 in punto uno stuolo di 200 giovani, aiutati da 70 tecnici, danno vita a Life Love Light: la vita di Chiara Badano raccontata in musica, coreografie, filmati e interviste ai genitori, alla sua migliore amica, al vescovo Maritano e ad altri ancora.

 

«La vita come sfida, un gioco, un sogno, una opportunità, è un mistero, una promessa, un canto, una avventura…”Amala”!», è l’esortazione iniziale di una delle voci narranti. La sala ad ogni canzone applaude e partecipa, perché l’entusiasmo è pari al tifo da stadio: tanti esultano per l’unico che fa goal. L’impressione è di essere di fronte ad un’unica scelta radicale che da Chiara Luce si riscopre in altri volti dei giovani d’oggi. Come Angelo, della Croazia, capace di andare al di là del pestaggio subito da dei coetanei e di perdonare i propri aggressori; o come chi, dalla Giordania, ha saputo aprire un dialogo con i suoi coetanei musulmani.

 

«La felicità massima è la tentazione di ogni uomo. Qualcosa di raggiungibile, ma solo se hai la ricetta della giusta libertà − dice mons. Maritano, vescovo emerito di Acqui Terme che aprì la causa di beatificazione della Badano −. Chiara l’aveva: “Dio mi ama immensamente”. Cosa significa? Vuol dire che Dio mi ama con possibilità che nessun altro ha, come se fossi l’ultima creatura». Una frase che sembra riecheggiare ovunque mentre osservo, a fine serata, i giovani rimasti in piazza, che hanno illuminato con candele colorate l’abbraccio del colonnato di San Pietro.

 

Lo stesso clima di spiazzante semplicità continua a permeare anche la messa di ringraziamento del 26 a San Paolo fuori le Mura, presieduta dal segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, e conclusasi con l’Angelus di papa Benedetto XVI trasmesso via tv. Nessuna stanchezza noto nei volti e la conferma mi arriva da Cristina, una ragazza di 16 anni, venuta dalle Azzorre: «È la vita di Chiara a tenerci sulla corda». «Questa beatificazione mi ha dato la certezza che il Cielo è fatto per noi − mi dice da parte sua Sandra, del Brasile −, che questo amore porta al Paradiso».

Mentre mi avvio verso casa ripenso alle parole di Tiago, 28 anni, dal Portogallo: «Prendiamo la fiaccola, che nella messa di ringraziamento idealmente ci è stata consegnata e di cui aveva parlato Chiara Luce». Un entusiasmo che Chiara Lubich aveva intuito già negli anni Sessanta: «Saziare quella sete di vita vera, autentica e infinita, che brucia dentro».

Mariagrazia Baroni

 

Hanno detto:

«Ora ripartiamo ricchi e desiderosi di cose grandi. Abbiamo visto che tutto può cambiare: i nostri rapporti, il nostro modo di vivere la gioia e il dolore, anche quando appare improvviso e tragico». Maria Voce

«Noi siamo la Chiesa docente, ma a volte dobbiamo imparare dagli alunni che, come Chiara, sono migliori di noi». Mons. Livio Maritano

«Attraverso la testimonianza di Chiara, Dio stimola soprattutto voi giovani a non soffocare mai l’anelito ad avere una vita più grande di quella che si consuma nelle pur giuste esigenze della quotidianità». Card. Tarcisio Bertone

«Chiara ci trasmette un messaggio di ottimismo e di speranza. Anche oggi la gioventù può essere vissuta nella santità. Anche oggi ci sono giovani virtuosi, che non sprecano la loro vita». Mons. Angelo Amato

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