Dopo la pandemia siamo chiamati a rigenerare la società mediante la cura delle relazioni. Non possiamo ritornare alla vita di prima, alla continua espansione narcisistica del sé, a individualismo ed edonismo in una “economia che scarta e uccide”, come affermato più volte da papa Francesco. Il Covid 19 ci ha insegnato l’importanza delle relazioni proprio attraverso il sofferto distanziamento sociale. Usciremo da ogni tipo di epidemia se cambieremo il nostro stile di vita in una visione relazionale e creativa di bene, sia nella vita interpersonale sia nell’organizzazione sociale.
Il futuro, prima del Covid, ci appariva più roseo. Oggi dobbiamo incupirci o riflettere sul fatto che viviamo comunque decisamente meglio rispetto al passato, nonostante il virus? In fondo ci troviamo in un Paese pacifico e indipendente, con un welfare apprezzabile nonostante le disfunzioni. Cresce però nel contempo il divario con altri Paesi del Nord Europa, a causa di mancanza di lavoro per giovani e donne in particolare, per un debito pubblico gigantesco, instabilità politica, pesantezza della burocrazia, evasione fiscale e corruzione.
Eppure in cento anni l’Italia è cresciuta molto, se si eccettua il declino degli ultimi venticinque, ha fatto progressi enormi, si è ripresa dopo la Seconda guerra mondiale, è Paese fondatore dell’Unione europea. Oggi serve una inversione di rotta con una profonda riforma della pubblica istruzione, delle Università in generale e di quelle tecnologiche, come Istituti Tecnici superiori post diploma, in particolare per industria 4.0.
Parliamo di una Seconda Ricostruzione della Repubblica con partecipazione attiva dei cittadini, riforme strutturali nel decennio 2020 – 2030, utopia, realismo, unità e creatività insieme. È il nostro futuro possibile. «Per intendere passato, presente e futuro, bisogna fare come la volpe, che segue molte piste, non come il riccio, che scava sempre nella stessa direzione». (Sabino Cassese, Una volta il futuro era migliore, I Solferini 2021).
Allora seguiamo diverse piste: correre come gli altri Paesi europei fondatori con un forte aumento della produttività del sistema, innalzare decisamente il livello di istruzione, elevare la competenza ed onestà della classe dirigente, eleggendo i migliori candidati nel 2023, avvicinare cittadini ed istituzioni con servizi di qualità e tassazione sopportabile per livelli di reddito, riportare l’ Italia ai primi posti della fioritura umana nella civiltà del ben vivere, coltivare insieme utopia, riforme necessarie e concretezza nel ridurre le gravi disuguaglianze di genere, generazione e territoriali.
Il futuro nel presente con un volontariato 2.0
Oggi si richiedono in particolare, trasformazioni irreversibili del volontariato nel mondo post pandemia, essendo un punto di forza del sistema Italia. Insomma dobbiamo rinnovare questo mondo per una Italia differente. Tanti cittadini attivi si prendono cura del Paese 365 giorni all’ anno. Con opere di inclusione, integrazione e solidarietà hanno conquistato la fiducia dei cittadini. Il virus però ha fatto crollare entrate ed iniziative in presenza.
Ora il Governo deve soccorrere chi soccorre. Il Terzo Settore ha bisogno di sgravi fiscali, finanziamenti e regole certe in attuazione del Codice. Questa crisi impone al volontariato di guardarsi severamente allo specchio per un vero rinnovamento capace di salvaguardare il suo capitale umano di “protezione sociale”. Non possiamo sprecare questa crisi evitando cambiamenti necessari. Va potenziata la rete dei Centri di Servizio CSV che accompagnano le associazioni nella lotta a povertà, fragilità, frammentazione, solitudine.
Abbandonate cattive abitudini autoreferenziali, bisogna reinterpretare il proprio ruolo in un welfare comunitario e generativo. Ciò è necessario per interpretare uno sviluppo locale coerente con la vocazione del territorio ma anche per evitare che i fondi Next Generation EU siano sprecati in opere inutili o, peggio, a vantaggio dei soliti affaristi e lobby. Ci sono percorsi da fare insieme verso un welfare di comunità. Lo Stato sociale infatti è da rifare con un welfare più locale e multiattore. Il volontariato, il Terzo Settore devono trasformarsi per aiutare comunità e territori.
Obiettivi per lo sviluppo sostenibile sono: promozione dello sviluppo sociale del territorio con riduzione delle disuguaglianze; stimolo alla socialità ed alla attivazione della comunità locale; inclusione dei soggetti meno tutelati con logica capacitante. Va ridefinito il rapporto tra pubblico e Terzo Settore. La co-progettazione, sancita dalla Costituzione, può apportare benefici per la comunità. Si tratta di una svolta verso una Amministrazione condivisa. La sussidiarietà orizzontale è infatti alternativa al mercato.
Esiste, secondo la sentenza n. 131 del 2020 della Corte Costituzionale, uno spazio tra l’attività della PA e quella del mercato, che la Costituzione tutela, ispirato al principio di condivisione intorno all’interesse generale. In pratica, PA ed Enti del Terzo Settore, in quanto portatori di finalità civiche, solidaristiche, di utilità sociale, possono collaborare per progettare insieme interventi non nell’ottica del committente/agente ma in quella della collaborazione.
Ciò significa individuare obiettivi, definire mezzi, lavorare congiuntamente, verificare i risultati per modificare, se serve, obiettivi e strumenti (Art.55 Codice Terzo Settore). È arrivato il momento di trasformare tutto in prassi sociale ed istituzionale. Regioni ed enti locali devono dotarsi delle risorse necessari ed attivare la necessaria formazione del personale, come quella degli ETS (Enti del Terzo Settore), per essere all’altezza della sussidiarietà orizzontale.
La Corte Costituzionale ha espresso un pensiero decisivo: «Gli ETS in quanto rappresentativi della “società solidale”, del resto, spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della società del bisogno».
È ora di invertire la rotta dopo la pandemia.