La Roma vince la Conference League

La festa di una parte della città come segno di un riscatto non solo calcistico.
Roma Foto LaPresse 25 Maggio 2022 Roma, Italia Sport - Calcio Finale UEFA Conference League, festeggiamenti per la vittoria della Roma a Trastevere

«Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore,
Non è mica da questi particolari,
Che si giudica un giocatore,
Un giocatore lo vedi dal coraggio,
Dall’altruismo e dalla fantasia». (Francesco De Gregori, La Leva calcistica del ’68)

La Roma ha vinto la Conference League battendo, 1 a zero, la squadra olandese del Feyenoord in una finale che si è disputata, la sera del 25 maggio, nello stadio di Tirana in Albania.

Si tratta di un trofeo continentale europeo promosso, da questa stagione calcistica, dalla Uefa per affiancare la Champions League e l’Europa League.

Di fatto nessuna squadra italiana ha vinto una competizione di questo tipo dal lontano 2010. Segno che lo strapotere di certi club nel campionato nazionale non riesce ad imporsi nel contesto continentale. La Uefa ha i suoi motivi commerciali per promuovere nuovi trofei, ma non si può comprendere l’esplosione incontenibile del tifo romanista senza ricorrere a categorie che sfuggono a logiche di mercato. Resta difficile, infatti, comprendere l’identificazione con una squadra che abitualmente non miete vittorie significative e manca appuntamenti storici come la famosa finale della Coppa dei Campioni persa ai rigori con il Liverpool nel 1984 proprio nello stadio Olimpico di Roma.

È il mito della “sconfitta vittoriosa” che alimenta numerose comunità di ogni tipo in attesa di una rivincita sul destino avverso. Un senso di appartenenza che rappresenta un tipo di amore assoluto e irrazionale per cui il calcio può essere giustamente “oppio del popolo”, come forma di religiosità malata ma anche esercizio morale, coltivato fin da piccoli, di una dignità che non cede alla seduzione del più forte.

C’è poi un senso di identità e legame con la propria città che a Roma, fondata mitologicamente su un fratricidio, vive del conflitto con la squadra della Lazio che rivendica una sorta di primogenitura calcistica, anche se la AS Roma è stata fondata nel 1927 dalla fusione di tre squadre appartenenti a diverse estrazioni sociali.

Secondo una recente ricerca promossa nell’ambito dell’insegnamento di geografia economica dell’università La Sapienza, sembra che a Roma per ogni laziale ci siano tre romanisti. Una rivalità benevola fino agli anni ’60, fondata sull’appartenenza a diversi quartieri, ma poi degenerata negli anni ’70 in scontri violenti con l’introduzione di elementi di estremismo politico intenzionati ad egemonizzare le curve dei tifosi.

La vera competizione comunque è quella che esiste contro le squadre del Nord, la Juventus in particolare, che, grazie al controllo dei grandi capitali, hanno esercitato una sorta di predominio nel campionato italiano, attirando tifosi in tutta Italia. Di contro la Roma, pur esprimendo la città Capitale, ha avuto una forza economica parametrata su presidenti legati all’economia del mattone o industrie minori. Il vincere nonostante tutto rappresenta perciò il segno di un riscatto personale e collettivo. L’icona di Totti attinge a queste leve profonde.

Forse l’immagine più significativa di questa vittoria a Tirana è la vignetta di Mauro Biani che rappresenta un esultante Agostino Di Bartolomei, il capitano “Ago” dello scudetto ’82-’83, segnato da una fine tragica. Icona di una romanità che affonda le radici nel sentire popolare che può perdersi nel tempo del calcio dei diritti televisivi esclusivi, della proprietà contesa da investitori internazionali interessati al brand o ad investimenti temerari come la fallita operazione immobiliare della precedente presidenza dello statunitense Pallotta sullo stadio della Società.

C’è qualcosa che va oltre la cronaca di un evento di sport e dei lustrini di una festa dei giocatori in campo presi nell’attimo fuggente della loro gioventù.

Risultato della partita: Roma Feyenoord 1 – 0, gol di Nicolò Zaniolo al minuto 32 del primo tempo.

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