La presidenza italiana dell’Unione Europea

Nel sistema attuale, in attesa delle modifiche che introdurrà l’entrata in vigore del trattato costituzionale, ognuno degli stati membri assume a turno la presidenza per un periodo di sei mesi. È questa una delle caratteristiche del “metodo comunitario”, fondato sulla parità degli stati membri e sull’equilibrio delle istituzioni europee: la presidenza a rotazione permette al piccolo Belgio (sotto la cui presidenza è stata lanciata l’idea della Convenzione europea) come alla Gran Bretagna (che ha condotto la sua presidenza all’insegna “l’Europa ai cittadini”) di essere per un semestre protagonisti della vita europea. Il semestre italiano è per il nostro paese un momento di grande visibilità ed un’opportunità per dare un impulso alla costruzione europea. Il tornante storico è cruciale. Sotto presidenza italiana si aprirà – a Roma intorno alla metà di ottobre 2003 – la “Conferenza intergovernativa”, l’istanza che dovrà discutere del trattato costituzionale presentato dalla Convenzione ai capi di stato e di governo riuniti a Salonicco e finalizzarne la stesura, in vista dell’adozione del trattato nella primavera del 2004 (il termine indicato al recente Consiglio europeo di Salonicco è “prima delle elezioni del Parlamento europeo del giugno 2004”). Sarà l’ultimo semestre a 15 stati, in cui dovranno continuare i preparativi per l’ingresso dei 10 nuovi stati membri, in particolare la conclusione dei preparativi all’adesione da parte dei futuri stati membri e il processo di ratifica del trattato di adesione firmato ad Atene il 16 aprile 2003. Sarà un semestre in cui l’Unione europea dovrà ritrovare la sua unità, dopo le lacerazioni di inizio anno in occasione della guerra in Iraq. Unità – ci auguriamo – attorno ad una visione forte, che possa esprimersi sulla scena mondiale non come alternativa ma come complemento della presenza statunitense. Il 2 luglio Il presidente del Consiglio Berlusconi ha presentato al Parlamento europeo le priorità della presidenza italiana. Oltre gli aspetti già citati, sfide importanti ci aspettano: in politica estera, l’attuazione della road map (“tabella di marcia” elaborata dal Quartetto Usa, Ue, Russia, Onu) delle trattative di pace tra Israele e Palestina, nuove tappe nella cooperazione con i paesi dell’area mediterranea, tra cui la creazione di una Banca euromeditarranea per finanziare lo sviluppo della regione. A livello interno, un nuovo impulso alla strategia di crescita economica e di coesione sociale (la “Strategia di Lisbona”), con l’idea di rilanciare gli investimenti pubblici in grandi opere, bloccati dal patto di stabilità (i famosi criteri di Maastricht), facendo leva sui prestiti della Banca europea degli Investimenti, non soggetta a questi vincoli. Prima della fine del 2004 potrebbe inoltre essere creata, tra alcuni stati membri dell’Unione europea, una “Agenzia” in materia di difesa, con compiti di coordinamento nei settori della gestione militare delle crisi e degli armamenti. A cavallo fra politiche estere e interne, il secondo semestre 2002 vedrà un impegno rafforzato dell’Unione nel definire politiche comuni in materia di immigrazione e asilo nella promozione dello sviluppo sostenibile. Fin qui il programma e i cantieri aperti. Il successo dipenderà però dagli uomini che dovranno realizzarlo. In primo luogo Prodi e Berlusconi, il primo presidente della Commissione europea (organo che incarna l’interesse comune dell’Unione), il secondo presidente del Consiglio dei ministri (organo che rappresenta gli interessi nazionali dei singoli stati). Non è sfuggita all’opinione pubblica europea la scaramuccia emersa in occasione del processo Sme, di cui le televisioni di tutti i paesi europei hanno trasmesso la dichiarazione spontanea resa dal presidente Berlusconi ai giudici di Milano il 17 giugno. L’augurio, che a Bruxelles e nelle capitali europee tutti si fanno, è che le questioni personali, o eventuali manovre di politica interna italiana soggiacenti, non siano di impedimento al corretto funzionamento del meccanismo istituzionale europeo. L’augurio che Città nuova fa ai due presidenti è di saper essere strumenti del bene comune, in questo caso incarnato dall’interesse l’interesse europeo, anche accettando quel po’ di “martirio” che ciò comporta. La storia offre loro una grande occasione: auguriamo loro di essere all’altezza, e di dimostrate ai cittadini europei, che apprezzano in noi italiani la capacità di risolvere situazioni complesse e apparentemente inestricabili, che le loro attese sono ben riposte. LE FUNZIONI DELLO STATO CHE ASSUME LA PRESIDENZA DELL’UE Organizza i lavori e presiede le riunioni del Consiglio dei ministri, istituzione composta di rappresentanti dei governi degli stati membri, che siede in formazioni diverse a seconda della materia da trattare (Consiglio Agricoltura, Consiglio Affari Economici e Finanziari – Ecofin, Consiglio Affari Sociali…). Svolge un ruolo di mediazione e arbitraggio fra le varie posizioni nazionali per raggiungere soluzioni di compromesso. Presiede il Consiglio europeo, riunione dei capi di stato e di governo degli stati membri. Rappresenta il Consiglio dei ministri presso le altre istituzioni dell’Ue, in particolare la Commissione e il Parlamento europeo. Rappresenta l’Ue nelle organizzazioni e convegni internazionali e nelle sue relazioni con i paesi terzi.

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