La Posta di Città Nuova

Incontriamoci a "Città Nuova", la nostra città.
Gen 4

Ti faremo compagnia…

 

Gli aiuti per far fronte alle nuove tariffe non più agevolate stanno arrivando in tanti modi, pur sapendo quanto sia difficile arrivare a fine mese. E le vacanze? Quest’anno sono state ancora più brevi. Eppure c’è chi ha svuotato borsellini e cassetti, rinunciato a cene con amici ed ha messo in comune il corrispettivo. Per non parlare di coppie che in occasione del loro anniversario di matrimonio hanno voluto fare loro un regalo a “Città Nuova”. Ne siamo davvero commossi.

Questa volta condividiamo con i lettori alcuni stralci del resoconto che alcune bambine di Castelforte (Lt) del Movimento dei focolari (le gen 4) ci hanno inviato.

 

Oggi 4 luglio 2010 abbiamo fatto il mercatino per realizzare due atti di amore. Il primo è verso il giornale Città Nuova, in questo momento in difficoltà. Il secondo è che abbiamo donato un abbonamento al giornale a un detenuto del carcere di Cassino e ci siamo impegnate a rinnovarlo per tutto il tempo che resterà recluso, da ora in poi anche lui farà parte della nostra famiglia.

Ecco la letterina che abbiamo scritto al nostro nuovo amico: «Caro M., siamo un gruppetto di bambine dai 4 ai 10 anni. Il nostro primo compito è quello di amare tutti, proprio tutti, uno alla volta. Questa volta vogliamo amare te. Abbiamo lavorato tanto per realizzare questo progetto e oggi domenica 4 luglio finalmente venderemo i nostri lavoretti nella villa comunale e il ricavato servirà per regalarti un abbonamento a Città Nuova. I nostri genitori lo leggono con molto interesse e siamo certe che interesserà anche te.

«Non possiamo farti visita ma ogni volta che leggerai la rivista noi saremo nella tua cella a farti compagnia. Noi già ti vogliamo bene».

Le gen 4 di Castelforte

 

Ed ecco uno stralcio della risposta: «Non immaginate la mia contentezza nel ricevere la vostra bellissima letterina. Vi ringrazio, ma proprio tutti, di cuore… Sentirsi amato, nonostante tutto, mi rende felice… Vi ringrazio dell’abbonamento che gradisco infinitamente. Ogniqualvolta lo leggerò, mi ricorderò da chi e come l’ho ricevuto. Vi voglio un mondo di bene».

 

rete@cittanuova.it

 

Quel nero di troppo

 

«Nel numero 13/14, nell’articolo di Claudia Di Lorenzi “Pubblicità e regresso” (del quale condivido abbastanza l’idea di fondo) la giornalista parla di un inopportuno “Gesù nero, nudo e palestrato”. Sono d’accordo che Gesù nudo e palestrato sia decisamente blasfemo, ma appunto: un Gesù nudo e palestrato. Perché la Di Lorenzi ha dato rilievo anche al fatto che fosse nero? Quand’è che il colore della pelle passerà davvero inosservato agli occhi di tutti?».

Francesca Saccani – Parma

 

Cara concittadina, è vero, quell’aggettivo forse non era necessario. Ad onor del vero, l’autrice voleva solo mettere in luce le aberrazioni storiche di quella rappresentazione del Cristo. In ciò, evidentemente, aveva lei le sue ragioni. Immagino, comunque, che ciò non abbia modificato le sue certezze sui profondi sentimenti ugualitari della rivista, anche in materia razziale!

 

Roms in Francia

 

«La decisione del governo francese di espellere in modo generalizzato gli zingari dalla Francia mi rende perplesso. Non voglio certo difendere i delinquenti, ma appartenere alla etnia rom non significa automaticamente essere ladri o quant’altro. Mi chiedo perché molti terroristi, accolti a suo tempo con molta generosità dalla Francia, non vengono estradati nei Paesi di origine. Perché due pesi e due misure?».

Goran Innocenti

 

Mancanza di fede

 

«Sono appena rientrata a Roma e ho trovato sulla scrivania due numeri intonsi di Città Nuova. Anche prima di disfare la valigia o fare un bucato, non resisto ad aprire la rivista e perdere (ma è poi perso?) anche più di un’ora da un articolo ad un altro senza interruzione… Il resto può attendere.

«Nel numero 13/14, in “Riparliamone”, mi hanno colpito i commenti e anche alcune proteste di lettori per l’atteggiamento editoriale riguardante i recenti grandi scandali in seno alla Chiesa gerarchica. Non che non ci siano delle ragioni comprensibili per questi commenti, così come ce ne sono altrettante per le giustificazioni redazionali, ma a me sembra che non sia questo il punto essenziale. A me sembra che da tutte le parti, anche quelle gerarchiche, “manchi qualcosa di veramente importante”: la fede. Mi spiego: il primo motivo dell’affannoso impegno ecclesiale di denunciare o di ridimensionare questi scandali è stato il panico di perdere tantissime pecorelle per il peccato grave di pochi. Ma non si è ricordato che nessuno converte o attira a Dio alcun altro se non Gesù, e che di certo il Signore avrebbe chiamato tante altre pecorelle.

«E quando lo scandalo ha invaso l’area economica collusa con la politica, anche lì, a mio parere, nessuno ha compreso e denunciato a livello religioso che la prima grave mancanza non è stata economica, ma una plateale mancanza di fede. Come si è potuta dimenticare la grandiosa lezione di economia evangelica del Regno di Dio?».

Luisa Guida – Roma

 

Mio figlio dislessico

 

«Nei giorni scorsi ho saputo che mio figlio non avrà più diritto al sostegno scolastico essendo “solo” dislessico: il governo sta risparmiando! Esistono in effetti dei criteri compensativi che, se ben applicati, mettono in grado i dislessici di fare bene; tuttavia, la maggior parte degli insegnanti non di sostegno non è in grado di applicarli. Ecco cosa dice la sua insegnante di sostegno: “Spero che si capisca che non si possono fare ‘calcoli’ su questi ragazzi che già devono affrontare tanti ostacoli”.

«Come mamma sottolineo che lasciare soli i dislessici significa permettere che tanti ragazzi si livellino a un basso profilo sia scolastico che umano. Mio figlio quest’anno ha avuto gli esami di qualifica professionale e, grazie al grande lavoro di tutti i suoi insegnanti, ne è uscito con il voto migliore della classe. Tutti gli insegnanti hanno saputo “affidarsi” alle indicazioni di quelli di sostegno, riuscendo a tirare fuori il massimo possibile dal ragazzo. Chi farà questa parte adesso che il sostegno sarà tolto? Temo, come al solito, la famiglia. Da sola».

Elisabetta – Perugia

 

Ecco un altro dei tanti tagli che, purtroppo, stanno colpendo la scuola italiana, e quindi le famiglie degli italiani. Certo, i conti dello Stato vanno controllati – l’abbiamo ripetuto tante volte – e tutti noi dobbiamo essere disposti a fare sacrifici. Ma tali sacrifici debbono avere un carattere di giustizia certa, altrimenti non ci sarà modo di farceli accettare, e saranno al contrario fonte di continui malesseri sociali. Chiedo al governo: è giustizia togliere ai più deboli? La Gelmini ha detto il 2 settembre di aver trovato delle risorse per aumentare di 2700 il numero degli insegnanti di sostegno: ma non si sa ancora come e dove. Aspettiamo: si tratta dell’ennesima propaganda o il governo ha modificato la sua visione del problema?

 

Ancora sui soldi della Chiesa

 

«Nel numero di luglio ho riscontrato una cosa che mi turba da quando ho memoria. Nella prima pagina è infatti scritto: “Chiesa tra scandali e profezie. Brama di soldi? Il papa invoca povertà e sobrietà”. Secondo me la Chiesa e il Vaticano sono troppo ricchi per avere diritto di pronunciare queste due parole: povertà e sobrietà. Se la Chiesa vivesse davvero quanto dice, non ci sarebbero più grandi tappeti, vestiti costosi, croci e anelli d’oro, guardie… Il problema della Chiesa oggi non è tanto l’odiosa pedofilia ma la credibilità, il potere, la ricchezza. Cerco di vivere semplicemente, né desidero più di quanto ho; anzi ne faccio parte con un orfanotrofio in Colombia. Credo che Gesù stesso voglia da me questo, ma senz’altro lo vorrebbe anche dalle autorità religiose. Saluti cordiali e complimenti sinceri per la vostra rivista, che mi aiuta e mi fa conoscere e capire molte cose».

Mariagrazia Incani Ferro

 

È un tema ricorrente nella nostra corrispondenza questo della (presunta) ricchezza della Chiesa. Sgombriamo allora il campo da un equivoco: la Chiesa cattolica nel suo complesso è “patrimonialmente” ricca, e molto. Basti pensare alle centinaia di migliaia di opere d’arte che sono le sue chiese e quanto in esse è contenuto. Nello stesso tempo la Chiesa è “economicamente” molto, ma molto meno ricca. Deve ad esempio far fronte a enormi spese per sostenere l’evangelizzazione nel mondo e le centinaia di migliaia di opere di carità e solidarietà che ha promosso ovunque (e chi ha girato il mondo lo può testimoniare). Resta un problema: nell’epoca della civiltà dell’immagine, quello che si vede alla tv, quello che “appare”, viene automaticamente considerato realtà. In ciò tutti gli uomini di Chiesa, e più in generale tutti i cristiani, dovrebbero porre la massima attenzione. Conta anche quanto si mostra. Un esempio da imitare? La frugalità di tutta una vita di Paolo VI, che arrivò, per i suoi funerali, a volere una cassa di legno grezzo.

 

Matteo Ricci a scuola

 

«Sono una gen 3 di quattordici anni. Vorrei ringraziare Città Nuova per aver arricchito il mio argomento d’esame di terza media sul missionario gesuita Matteo Ricci, al quale è intitolata la mia scuola e di cui quest’anno si sono celebrati i quattrocento anni dalla morte. Ho preso spunto dall’articolo del n. 10. I professori sono rimasti molto colpiti quando ho parlato loro del metodo che usava questo missionario per evangelizzare la Cina: entrava nella cultura di quel popolo per far conoscere Gesù, seguendo le parole dell’apostolo Paolo: “Mi sono fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno”. Questo metodo può essere ancora attuale anche per noi».

Miriam Musumarra – Pero (MI)

 

Grazie della bella lettera. Speriamo di esserti ancora utili per gli studi liceali! Tienici informati.

 

Dove sono i 40enni?

«Si ripete spesso che l’Italia è un paese comandato e gestito da vecchi. Anche per i Mondiali di calcio diversi commentatori hanno affermato che la nostra Nazionale senza gioco e con un’età media elevata ben rispecchiava il nostro Paese vecchio e senza idee.

«Ho 40 anni e lavoro in un’azienda che vive proprio questo problema; anche per questo mi piacerebbe che se ne parlasse in modo differente e più costruttivo. Perché non ci si interroga in modo concreto su alcune domande di fondo: a) se persone vecchie occupano posti di importanza gestionale, cosa fanno i giovani che ci si aspetterebbe di vedere al loro posto? b) le capacità direttive, gestionali, creative di un settantenne o ottantenne sono le stesse di un quarantenne? c) il fatto di essere governati e diretti da persone vecchie è un problema o no?

«Spesso infatti osservo con disappunto che questo fenomeno viene affrontato quasi fosse solo un fatto estetico. Ma non sarà che se l’Italia è un Paese fermo e ripiegato su sé stesso è anche perché la generazione dei quarantenni viene tenuta in naftalina? Non sarà che oltre al problema dei giovani, cioè alla carenza di progetti per il futuro, non diamo un presente agli adulti? E non sarà magari che i due problemi sono collegati?».

Andrea – Genova

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