La poesia di Enzo Bevilacqua

A Firenze, settanta immagini dell’artista marchigiano, da poco scomparso. Una sinfonia di luci e colori.
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L’incanto dell’altopiano dei Sibillini con le sue cromatiche geometrie, o nel soffice ondeggiare della neve. Ritratti dal forte impatto emotivo, non frutto di posa, ma ritagliati dal fluire della vita. Volti che esprimono il dubbio, l’angoscia, la gioia o la solitudine dell’uomo. Istanti di un tempo remoto che ci restituiscono un’arcaica quotidianità e penetrano il presente con la suggestione del mito. Architetture prospettiche, dove gli spazi sembrano sovrapporsi. Strade o filari in cui l’occhio scorre fino a perdersi nell’infinito.

Sono le immagini della personale del marchigiano, Enzo Bevilacqua, la cui opera è stata ampiamente riconosciuta e premiata in ambito nazionale.

 

La mostra, promossa dai familiari, patrocinata dai comuni di Firenze e di Osimo (città in cui l’autore è vissuto), sostenuta dalla collaborazione del Quartiere Uno di Firenze, non intende soltanto ricordare un artista, ma offrire al pubblico l’emozione del “bello artistico” che la fotografia può esprimere.

Enzo Bevilacqua, allievo e amico di Giuseppe Cavalli, ha assorbito, pur senza farne parte, il pensiero del gruppo fotografico Misa – di cui il Cavalli è tra i fondatori – per il quale valeva l’impegno per una fotografia “soggettiva” che trasfigurasse la realtà in nome di una poeticità alta. Tutta l’opera di Bevilacqua porta il segno di questa trasfigurazione, della capacità di intuire “l’oltre”, di rappresentare attraverso l’obiettivo non tanto il paesaggio esteriore, ma quello che si era in qualche modo formato dentro, vagheggiato, tratteggiato. Di lui Fausto Raschiatore scrive: «Un autore che trasmette tutta la sua personalità nelle immagini, vera sintesi del suo mondo interiore; in Bevilacqua questo si percepisce con immediatezza, più che in altri studiosi della fotografia creativa. Una preoccupazione che non sempre l’artista, genericamente inteso, sente o avverte con la dovuta sensibilità».

 

La mostra si presenta, inoltre, come uno specimen della storia della fotografia, dal momento che la selezione percorre un iter che dagli anni Cinquanta, quelli dell’esordio in bianco/nero, arriva alle soglie del 2000, a pochi anni prima della sua morte. Sono foto che si lasciano contemplare, nelle quali ci si perde come sulle note di una sinfonia. Esse della vita trasmettono la poesia, e non è poco in un mondo che ne sembra aver perso anche il profumo.

Enzo Bevilacqua. Firenze, Palazzo di parte Guelfa, fino al 30/1.

 

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