La pista di bob a Cortina non si farà

Ad annunciare il passo indietro è stato il presidente del Coni Malagò. Ora si aprono però diversi altri nodi
(AP Photo/Alessandra Tarantino)

La notizia era in qualche modo attesa, ma nella mattina di lunedì 16 ottobre è arrivata l’ufficialità: la nuova pista da bob di Cortina per le Olimpiadi del 2026 non si farà. A mettere la parola fine è stato il presidente del Coni (e della fondazione Milano Cortina, organizzatrice delle Olimpiadi invernali 2026) Giovanni Malagò, dalla 141ª sessione del Cio in corso a Mumbai. Notizia appunto in qualche modo attesa (anche se da relativamente poco tempo, fino a poche settimane fa ancora si protestava contro la realizzazione della pista) per diversi motivi: per il fatto che ben due aste per la realizzazione della pista sono andate deserte dato che le aziende considerano il bando poco appetibile; per i costi lievitati fino a 140 milioni di euro – tanto che il ministro dello sport Andrea Abodi ha definito quella dell’abbandono del progetto «Una posizione logica e responsabile» data «l’indisponibilità di ulteriori risorse pubbliche, 60 milioni, per realizzare l’opera» -; per i tempi ormai tropo stretti per riuscire a costruirla; per l’insostenibilità economica successiva che avrebbe poi imposto lo smantellamento; e non da ultimo naturalmente per la forte opposizione che va avanti da anni ad un’opera fortemente impattante sia dal punto di vista ambientale che economico da parte di un gruppo trasversale di associazioni ambientaliste, comitati cittadini, e varie realtà della società civile – senza contare l’opposizione in Consiglio regionale, dato che l’opera era stata fortemente voluta dall’amministrazione Zaia.

Naturalmente, la chiusura del capitolo pista da bob ne apre molti altri. Il primo è naturalmente l’individuazione di una soluzione alternativa: al momento la più “gettonata” è la pista svizzera di St. Moritz, sostenuta peraltro dal sindaco di Milano Sala, in quanto poco distante da Livigno dove si potrebbe realizzare un villaggio olimpico unico.

Vero è che il regolamento imporrebbe piste artificiali e questa è naturale, ma il Cio ha il potere di concedere una deroga. Altra possibilità è Innsbruck: in ogni caso, per la prima volta, le gare delle olimpiadi invernali sarebbero ospitate al di fuori dei confini del Paese assegnatario. La seconda è che cosa resta a Cortina, dato che a questo punto lì si svolgerebbero solo le gare di sci femminile e curling: Zaia ha già chiesto con forza che venga ridisegnata la distribuzione delle gare tra le località coinvolte in modo da “compensare” questa perdita, ma appare assai difficile che le altre cittadine acconsentano (tanto più a fronte di investimenti magari già effettuati).

La terza è collegata al tema del “che cosa resta a Cortina”: pare ormai assodato che il villaggio olimpico da 36 milioni di euro non si farà più, troppo pochi gli atleti coinvolti, ci si appoggerà unicamente agli alberghi. Persi probabilmente, con la perdita di gare in loco, anche diversi sponsor. Rimane però il nodo viabilità e trasporti: chiunque viaggi sulla direttrice Venezia-Cortina sa bene quanto pesante sia il traffico sulla statale Alemagna già in una domenica normale, figuriamoci con le olimpiadi. E per quanto già da anni vadano avanti i cantieri, la loro chiusura per il 2026 è tutt’altro che certa (anzi, già è certo che alcune opere non saranno terminate). La quarta è che cosa succede alla pista da bob esistente, la vecchia “Eugenio Monti” in disuso: una sorta di “cadavere eccellente” che langue nel bosco, con conseguente necessità di smantellamento e ripristino ambientale – cosa su cui Legambiente ha già promesso di vigilare –, magari utilizzando il denaro risparmiato nel decidere di non fare la pista nuova.

Le reazioni, prevedibili, sono state vivaci sia da parte dei sostenitori che degli oppositori del progetto della pista. «La pista avrebbe comportato la distruzione di un prezioso bosco di larici secolari. Questa è una vittoria importante, impensabile solo pochi mesi fa. Talvolta Davide può sconfiggere Golia», ha affermato l’associazione Mountain Wilderness; «Una buona notizia perché finalmente prevalgono buon senso e principio di sostenibilità, ora occorre vigilare sulla bonifica e il ripristino ambientale dell’ex pista Monti, che non vanno abbandonati», ha commentato Legambiente; «Sventato il rischio di devastazioni e sprechi», hanno aggiunto i deputati di Alleanza Verdi Sinistra.

Poi c’è il mondo industriale, che invece è su posizioni opposte: il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, ha parlato di «una sconfitta per l’intero sistema Paese. […] Non è un problema solo di Giochi ma di credibilità del nostro sistema imprenditoriale, industriale e valoriale». La collega della territoriale bellunese, Lorraine Berton, ha affermato che «Non possiamo nascondere delusione e amarezza per una scommessa persa. Ora il nodo delle infrastrutture rimanga la priorità». Anche Alberto Zanatta, presidente del gruppo delle attrezzature per sport invernali Tecnica, ha fatto osservare che «dalle precedenti olimpiadi del 1956, Cortina è stata oggetto solo di sottrazioni di infrastrutture per gli sport invernali». Più o meno le stesse ragioni che hanno spinto il presidente della provincia di Belluno, Roberto Padrin, a parlare di una scelta «intempestiva, ora al lavoro per valorizzare Cortina e non lasciare solo il territorio». Tutte posizioni che, a ben vedere, toccano il più ampio tema del futuro della montagna in un’epoca in cui la “monocoltura dello sci” e degli sport invernali “classici” non può più reggersi.

Rimane poi la questione più strettamente politica, specie all’interno dei confini regionali. La capogruppo Pd in Consiglio regionale, Vanessa Caimani, ha definito questa «Una pessima notizia per il Veneto, e il primo responsabile è Zaia. In un crescendo di evidenti ritardi, di costi faraonici, di incompatibilità ambientali e di elementi che alla fine hanno trasformato quest’opera in una trappola».

A chiedere a gran voce che Zaia vada in aula a spiegare e ad assumersi la responsabilità del tutto sono anche le consigliere Elena Ostanel (Vcv) e Cristina Guarda (Ev), “storicamente” tra le più attive nel contestare l’opportunità di realizzazione dell’opera. Ma le ripercussioni sono anche a livello nazionale: il segretario regionale dem Andrea Martella ha affermato che «Il Governo ha sottovalutato la complessità della situazione. Le difficoltà relative alla pista da bob erano note, è grave che il Governo abbia informato il Coni solo due giorni fa. Il Ministro Abodi venga in Parlamento a riferire».

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