La partenza di Giovanni Franzoni

Ha terminato i suoi giorni terreni l’esponente di punta del cattolicesimo del dissenso, già abate benedettino di san Paolo a Roma e padre conciliare. Un pensiero personale su una complessa vicenda umana e storica
ANSA/ WIKIPEDIA

Inquieto. Mai domo. Personalità controversa. Un segno dei tempi. Un testimone della “fatica” della Chiesa nel tempo del Vaticano II ed in una realtà che muta continuamente. Non seppe fermarsi Giovanni Franzoni. Sentì sulla propria pelle gli urgenti interrogativi della modernità. Prese posizione. Non fu obbediente, né silenzioso. Non fu prudente. Pagò alcune sue posizioni estremiste, come la scelta del voto al partito Comunista. Era già stato sospeso a divinis, fu dimesso dallo stato clericale.

Gli ultimi anni lo hanno visto defilato, ma sempre lucido nelle sue osservazioni e nelle sue analisi. Fu fortemente condizionato dalla sua esperienza dilaniante. Non riuscì forse a superare quei confini e non riuscì ad essere veramente uomo del dialogo e della proposta. Ma fu uomo-ariete. Colui che è nato per sfondare i muri che dividono. Perché altri possano costruire.

Nella storia dell’umanità e nella storia della Chiesa ciascuno ha un ruolo. Diverso. Nella storia di “dom” Giovanni Franzoni tutto questo è evidente.

Le sue posizioni sul divorzio (sostenne che il matrimonio non può essere considerato un sacramento per chi non è cattolico), sulla guerra in Vietnam, sullo Ior oggi verrebbero rilette in maniera diversa. Ma sull’eutanasia non seppe mai considerare il valore assoluto della vita. Rese note alcune sue posizioni scrivendo “Perché Wojtyla non è un santo”. Controcorrente. E dilaniante. Portò alle estreme conseguenze le sue posizioni.

Oggi, in una chiesa che sa abbracciare il mondo e che vive il valore eterno della “misericordia”, Giovanni Franzoni potrebbe avere un ruolo diverso. Ma l’ex abate di San Paolo fu figlio del suo tempo. Assunse posizioni di rottura. Commise i suoi errori. Pagò un prezzo. E altri lo pagarono insieme a lui, soffrendo a causa delle sue posizioni.

Ogni vicenda deve essere letta nel suo contesto storico e culturale. Così è per Giovanni Franzoni. Che nella storia italiana e nella storia difficile del “libero Stato in libera Chiesa”, di cavouriana memoria, lascia un segno.

Qui un profilo dell’ex abate di san Paolo da parte di Gianni Gennari su Avvenire

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