La parola al sindaco di Brescia

Adriano Paroli è sindaco di Brescia dall'aprile del 2008 e deputato al Parlamento italiano dal 1996. Viene dalle file di Comunione e liberazione.
sindaco brescia

Cosa la città si attende dal papa?

 

«C’è un’attesa che cresce non solo a Brescia, ma in tutto il territorio che è permeato di valori cristiani. L’incontro con il papa ci darà delle risposte sul vero senso della vita e la consapevolezza che solo con la fede si può abbracciare e comprendere la complessità della realtà. E la testimonianza del papa è vitale non solo per i cattolici impegnati ma anche è un punto di riferimento per il vivere civile».

 

 

Quali sono i punti di forza del sistema Brescia?

 

«Brescia è una comunità forte: abbiamo circa 190 mila abitanti in città e un milione e 200 mila in provincia. La città funziona come se fosse il centro storico della provincia, è il punto di riferimento dei servizi, della finanza e della cultura. Ed è una città unita dalla consapevolezza dei valori. Questo crea una comunità forte. E’ pure la capitale del tondino, dell’acciaio: solo le imprese artigiane della provincia sono 70 mila e il tessuto delle piccole aziende creano una capacità produttiva che sono da esempio per tutta l’Italia. Siamo concorrenziali a città come Milano e Torino. Oltre che al mercato mi piace pensare siano anche frutto di un atteggiamento positivo di fronte alla vita, tramandato dalla nostra tradizione».

 

 

Qual è la sua idea di città?

 

«Brescia è un laboratorio con una grande capacità di accoglienza. La mia idea di città è che sappia continuare nella direzione di una forte consapevolezza di appartenenza ad una comunità, rimanendo uniti. Una grande sfida è quella demografica. Oggi ci sono 30 mila immigrati su 189 mila totali, tra pochi anni si parla di 60 mila immigrati su 150 mila. Questo fatto rischia di far saltare tutti gli equilibri e non possiamo lasciare nulla al caso. Bisogna programmare, facendo crescere demograficamente la città per sostenere il peso degli stranieri. E l’integrazione passa attraverso il rispetto delle regole».

 

 

Regole, accoglienza, integrazione. Come conciliarli?

 

«Brescia ha dimostrato di essere un laboratorio con una grande capacità di accoglienza. Sono convinto che regole, accoglienza e integrazione sono conciliabili. Bisogna, però, chiarire che c’erano delle regole della convivenza che noi davamo per scontate. Era scontato che si potevano fare delle cose e altre no. Per noi oggi è ormai scontato che, faccio un esempio stupido, non si può sputare sull’autobus. Oggi corriamo il rischio di dover rimettere sugli autobus il cartello “vietato sputare”. Quel cartello, ai nostri tempi, ci ha educato ad un comportamento. L’idea che un luogo, come un autobus, è di tutti, non vuol dire che non sia di nessuno. Dico questo perché bisogna creare le condizioni affinché il futuro non ponga dei problemi di convivenza che vanno, invece, affrontati adesso. E le regole sono la somma dei diritti e dei doveri. Alla fine la comunità sta insieme se un uomo è capace di incontrare un altro uomo. Rievocare l’uomo, a prescindere da razza, lingua, religione può essere un punto di incontro come di scontro, dalle crociate in poi. E quel che è accaduto nel passato ci deve lasciare sul chi va là. L’approssimazione rischia di diventare irresponsabile se lascia le cose per quelle che sono».

 

 

Ci può essere un ruolo per i movimenti e le comunità ecclesiali per cementare il tessuto connettivo della città?

 

«Negli ultimi decenni i movimenti, che sono un dono del Signore, sono una possibilità in più nella Chiesa di incontrare l’uomo e di conoscere l’avvenimento cristiano. È una ricchezza anche per la città, e danno il loro apporto culturale.

Come città e come sindaco non possiamo che valorizzarlo perché abbia spazi di vivibilità e visibilità».

 

 

L’esperienza umana – ha detto di recente a Brescia don  Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione – dimostra l’efficacia e la convenienza umana della fede. Nel suo operare da sindaco come sperimenta la ragionevolezza della fede?

 

«Dio, avendo creato l’uomo e conoscendo le sue debolezze e capacità, ha voluto darci il centuplo quaggiù, quindi la convenienza della fede la vedo in questi termini. La fede non è un sacrificio, non è qualcosa di meno. Questa è anche la mia esperienza personale e la scoperta più rivoluzionaria: attraverso la fede, la ragione può abbracciare tutta la realtà».

 

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