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Gaza, la pace dipende anche da noi: appelli, scioperi e mobilitazione non violenta

di Sara Fornaro

- Fonte: Città Nuova

Sara Fornaro

Continua la distruzione della città di Gaza City ad opera dell’esercito israeliano, mentre si moltiplicano le mobilitazioni e gli appelli per la pace e per il riconoscimento della Palestina

Il cartello per la pace a Gaza di un sostenitore del partito politico islamico Jamaat-e-Islami durante una protesta a Karachi, Pakistan, 18 settembre 2025. Ansa, EPA/REHAN KHAN

Gaza? È una miniera d’oro. Parola di Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze di Israele, che ha ammesso senza pudore: «Ho iniziato una trattativa con gli americani, lo dico senza scherzare, perché abbiamo pagato moltissimo denaro per questa guerra. Dobbiamo capire come dividere dopo in percentuale la compravendita dei terreni a Gaza. Abbiamo demolito: ora dobbiamo ricostruire: è più economico».

Una terra macchiata di sangue, dove si sta commettendo un genocidio, secondo quanto appurato dalla commissione d’inchiesta dell’Onu. Una terra di dolore che appartiene ai palestinesi, dove con loro sta morendo anche la nostra umanità.

Carri armati israeliani nella Striscia di Gaza. Foto Ansa EPA/ABIR SULTAN

A Gaza è stata interrotta anche la connessione Internet. I pochi giornalisti ancora in vita (ne sono stati uccisi quasi 300) sono stati oscurati. Solo i medici stanno riuscendo a comunicare con l’esterno. Le ultime immagini erano di lacrime e disperazione. Residenti sfrattati con gli esplosivi, spinti verso il Sud, dove non c’è posto e dove ugualmente vengono bombardati. Una trappola mortale. Dove una tenda è un bene di lusso. Dove comprare un carretto per portare coperte e neonati può costare centinaia di dollari. Dove chi dà i passaggi con le auto pretende migliaia di dollari. Perché a Gaza, Israele non fa entrare cibo, acqua e medicine. Ma chi fa affari sì.

Un ragazzo piange la morte del fratello presso l’Al-Shifa di Gaza City, 23 luglio 2025. Ansa, EPA/MOHAMMED SABER

Ma questo nuovo oscuramento dell’informazione non vuol dire non sapere o aver dimenticato i bambini smembrati, affamati, violati. «Anche i bambini sono soldati di Hamas?», ha chiesto l’altra sera il presentatore Enzo Iacchetti ad Eyal Mizrahi, presidente dell’associazione Amici di Israele, in una burrascosa puntata della trasmissione È sempre Cartabianca, di Bianca Berlinguer. «Definisci bambino», è stata la raggelante risposta di Mizrahi. Più che definirli, li abbiamo visti: disperati, feriti, ammazzati. «Quale futuro sta predisponendo per sé l’umanità?», si è chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricevendo il Premio Burgio. «È un interrogativo non retorico se lo misuriamo sui volti e sui corpi denutriti di tanti bambini».

Bambini «da tempo in condizioni disperate di denutrizione e di abbandono sanitario, come in Sudan; bambini rapiti e sottratti alle loro famiglie come in Ucraina; bambini, anche neonati, uccisi o rapiti dal terrorismo come nella turpe giornata del 7 ottobre di due anni fa; bambini che muoiono per fame, anche quando ricoverati per denutrizione in ospedali che sono privi di mezzi per soccorrerli e sovente vengono distrutti dai bombardamenti come nella disumana, ostinata, condizione di Gaza». Tutti bambini con uguali diritti, nonostante il colore della pelle e la nazionalità differenti.

Papa Leone XIV e il presidente di Israele Isaac Herzog, 4 settembre 2025. ANSA / Vatican Media Press Office

L’occupazione della Striscia di Gaza, dunque, continua, nonostante gli impegni assunti dal capo di Stato di Israele, Isaac Herzog, con papa Leone XIV. «Il presidente israeliano – aveva commentato il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin – ci ha dato assicurazione che non ci sarà l’occupazione di Gaza da parte di Israele. Ha parlato espressamente in questo senso. Io ci credo, ma si tratta di vedere i fatti». Fatti che smentiscono gli impegni ufficiali assunti da Herzog.

In occasione dell’udienza generale di mercoledì 17, papa Leone XIV ha lanciato un nuovo appello per la pace. «Esprimo – ha affermato – la mia profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre. Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato: “Non ucciderai” (Es 20,13) e al cospetto dell’intera storia umana, ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e da custodire. Rinnovo l’appello al cessate il fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica negoziata, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale. Invito tutti ad unirsi alla mia accorata preghiera».

Manifestanti tengono uno striscione raffigurante bambini palestinesi che soffrono di grave malnutrizione, durante una manifestazione che chiede la fine della guerra a Gaza, presso l’Università di Sana’a, a Sana’a, Yemen, il 23 luglio 2025. Ansa, EPA/YAHYA ARHAB

Insieme con il papa, nell’Angelus di domenica 21 settembre, in piazza San Pietro ci saranno i rappresentanti di diverse organizzazioni per «implorare Maria, Regina della pace: la sua intercessione ottenga riconciliazione e pace per la Terra Santa». L’iniziativa segue il flash mob “Una luce per Gaza” che si è svolto il 14 settembre in piazza del Popolo, su iniziativa di un gruppo di associazioni: Agesci Lazio, Azione Cattolica Roma, Caritas Roma, Movimento dei Focolari Roma, Pax Christi Italia, ACLI Roma, Associazione culturale Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace, Unione dell’Apostolato Cattolico, Associazione Donne in Vaticano, Insieme per l’Europa Roma, Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC)-Lazio, Associazione Comunità Domenico Tardini.

Preghiera per la pace in piazza San Pietro, il 21 settembre 2025.

Al flash mob hanno inoltre partecipato musulmani, persone di altre Chiese, turisti stranieri. In tutti, spiegano i promotori, c’era «l’urgenza di dare un segno di vicinanza, di solidarietà, di esprimere il dolore, condividerlo. Ora che la situazione sta precipitando, vogliamo tutti insieme fare eco ai forti appelli che lancia incessantemente papa Leone». Il 21 settembre è, tra l’altro, la Giornata internazionale della pace proclamata dall’Onu.

I promotori dell’appello per la pace fanno proprie le dichiarazioni dei patriarchi ortodosso e latino di Gerusalemme, Teofilo III e Pizzaballa. «Non può esserci futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta… Non vi è alcuna ragione che giustifichi lo sfollamento deliberato e forzato di civili. Non vi è alcuna ragione che giustifichi tenere dei civili prigionieri od ostaggi in condizioni drammatiche. È tempo di porre fine a questa spirale di violenza».

I patriarchi Pizzaballa e Teofilo III lo scorso luglio a Gaza dopo il bombardamento della parrocchia della Sacra Famiglia. Foto del Patriarcato latino di Gerusalemme

Speriamo – aggiungono – «insieme con papa Leone, in una pronta ripresa dei negoziati affinché si possa ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi e raggiungere con urgenza un cessate il fuoco permanente. Nella quotidianità ribadiamo il nostro impegno come singoli e come associazioni e aggregazioni laicali a promuovere una cultura di pace e di fratellanza».

Tra le manifestazioni in programma, il 22 settembre ci sarà una veglia di preghiera a Roma e lo sciopero generale nazionale proclamato da USB, CUB, Adl Varese e SGB che coinvolgerà i settori pubblico e privato e anche i lavoratori non associati. Era stato lanciato un appello per una manifestazione unitaria con la Cgil, che ha scioperato il 19, che non andato però in porto.

Veglia di preghiera a Roma dal titolo Pace per Gaza

Promotori di una veglia di preghiera dal titolo “Pace per Gaza” sono la Comunità di Sant’Egidio con Acli, Agesci, Azione Cattolica italiana, Auxilium, Comunione e Liberazione, Comunità Papa Giovanni XXIII, Movimento Cristiano dei lavoratori, Movimento dei Focolari Movimento politico per l’Unità, OFS ordine francescano secolare, Rinnovamento nello Spirito Santo. L’appuntamento è per le 19.30 in piazza Santa Maria in Trastevere, nella Capitale. Presiederà la veglia il cardinale Gualtiero Bassetti. Sarà presente con un collegamento online il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. I promotori chiedono il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, una risoluzione diplomatica negoziata, il rispetto integrale del diritto umanitario internazionale.

Lo sciopero del 22 settembre mira a bloccare l’Italia per puntare l’attenzione su Gaza e per chiedere al governo di Giorgia Meloni di riconoscere la Palestina e proteggere realmente i volontari che si sono imbarcati nella missione di pace della Global Sumud Flotilla, che gode del sostegno anche di cristiani, musulmani ed ebrei.

Manifestazione a Roma per Gaza e per la Global Sumud Flotilla. foto di Sara Fornaro

Diverse manifestazioni si sono svolte già a Roma, Napoli, Milano, Torino… In numerose scuole e università è stato fatto un minuto di silenzio per le vittime di Gaza o altre mobilitazioni. Non sono mancati momenti di tensione.

Ecco perché a tutti coloro che si mobiliteranno per sostenere la Global Sumud Flotilla, i promotori del Global Movement to Gaza ricordano «con fermezza l’essenza nonviolenta della propria missione. Rompere l’assedio significa affermare il diritto universale alla vita e alla dignità umana».

Presidio davanti a Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, organizzato dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali contro il traffico di armi nel porto di Genova e nei porti italiani. Genova, 7 agosto 2025. ANSA/LUCA ZENNARO

Sostenere la Global Sumud Flotilla, che con decine di imbarcazioni vuole provare a rompere l’assedio illegale di Israele, significa rispettare i principi che la guidano, racchiusi nella Carta dei valori, che si compone di 7 punti: 1) dignità e diritti umani, 2) non violenza, 3) legalità internazionale, 4) umanità e solidarietà, 5) inclusività e rifiuto dell’odio, 6) trasparenza e indipendenza, 7) coraggio e responsabilità.

Forzature violente rischiano di minare la legittimità e la credibilità di una mobilitazione generale che non è di un partito o di uno schieramento, ma di una popolazione internazionale che vuole conservare la propria umanità e non riesce a rimanere indifferente davanti al genocidio in atto a Gaza, ma anche di fronte alle violenze perpetrate nell’altra parte del territorio palestinese occupato da Israele, la Cisgiordania, dove i coloni strappano terre, case e allevamenti ai proprietari, cacciandoli via.

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