La P38 e la mela

Un racconto diretto sulla nascita di Comunione e liberazione a Roma. La storia di una generazione e le domande del tempo attuale  
comunione e liberazione
Mentre si rinnovano gli inviti per una nuova leva di credenti in politica, non si può rimuovere la storia recente. Quella ad esempio narrata da Saverio Allevato e Pio Cerocchi a proposito della nascita di Comunione e liberazione a Roma. Il titolo del libro, La P38 e la mela, rimanda alla memoria di quegli anni definiti «di piombo».

 

Cerocchi, giornalista de Il Popolo, Avvenire ed Europa, di cui è stato condirettore, aiuta a vedere il percorso dei ciellini, narrato da Allevato, in contemporanea con le aspettative e le scelte compiute da alcuni giovani dell’epoca inseriti nello storico associazionismo cattolico capitolino, diverso da quel movimento che secondo il sociologo Achille Ardigò presentava affinità culturali con Autonomia
operaia.

 

Effettivamente il racconto di Allevato nasce nelle periferie romane, lontano dai salotti buoni della città e attento alle scelte per gli ultimi che accomunava la sinistra extraparlamentare e anarchica e i gruppi cattolici definiti in seguito "terzomondisti". Si trattava di un ambiente che ha alimentato le speranze della "meglio gioventù", aperta ad un cambiamento rivoluzionario creduto imminente. Una ricerca di assoluto che le generazioni più recenti, forse perché figlie di quella disillusione, hanno smesso, in gran parte, di coltivare.

Questi cattolici in qualche modo "gruppettari" pretendevano di avere trovato "già" qui, anche se "non ancora" compiutamente, quello che cercavano. Colpiva la loro certezza esibita, anche in ambienti ostili, di una fede cristiana non estranea alla vita reale. Fino agli scontri fisici con gruppi politici che dominavano l’università di Roma. A cominciare da quelli di destra che, a Giurisprudenza, la facevano da padroni. Ma l’urto più deciso doveva venire dall’ultrasinistra, quella che riuscì a cacciare dalla città universitaria Luciano Lama con tutto il roccioso servizio d’ordine della Cgil. Ben poca opposizione potevano offrire i pur considerevoli facchini delle Poste mobilitati in soccorso dei giovani ciellini dalla Cisl di Franco Marini.

Ma il libro non è solo una cronaca di scontri fisici. Alla sua presentazione ufficiale, Massimo D’Alema, all’epoca segretario della Fgci, ha riconosciuto che il vero interlocutore di Cl non era l’area antagonista, ma l’egemonia culturale comunista raggiunta in Italia. Ben presto, si può dire, associata a quel totalitario radicalismo individualista descritto da Pier Paolo Pasolini, autore eterodosso e "maledetto", seguitissimo dai ciellini romani che si distinguevano anche per un linguaggio volutamente non conforme all’immagine del cattolico invertebrato di cui è ricca una certa filmografia italiana.

Il libro non è uno studio di quegli anni decisivi. Quelli per intenderci in cui secondo Lucia Annunziata, nel suo 1977, si consumò lo strappo nella sinistra. È una testimonianza da accogliere e ascoltare nella sua interezza perché va alle origini della scelta e incrocia i temi brucianti di una società secolarizzata, certificata dai referendum su divorzio e aborto. Si tratta di una storia collettiva che quasi suscita tenerezza in alcune sue immagini e ci consegna ritratti poco conosciuti, come quella di Mariano Romiti, un maresciallo di polizia, giovane padre di famiglia coinvolto nell’esperienza del movimento e ucciso da alcuni terroristi rossi che rimangono stupiti dalla mitezza di questo cristiano che aveva nel proprio tascapane solo una mela. Come il segno della consapevolezza della propria
ferita interiore che non si affida alla nettezza delle analisi e delle teorie perfette.
 
Ma il libro documenta anche le divisioni tra i cattolici che porteranno a compiere scelte decisamente diverse nel corso degli ultimi trent’anni. Con le relative contraddizioni e incomprensioni. Partire da questa prospettiva di conoscenza reciproca potrebbe aprire la strada ad un dialogo autentico e fraterno, cominciando dalle domande di quei giovani di un tempo che non hanno smesso di cercare. «Questioni di potere e di potere anche tra noi, fratello» è il verso di una canzone rivolta in quel periodo ai cristiani per il socialismo da Claudio Chieffo. Un grande poeta riconosciuto ben al di là di Cl. Erano altri tempi ma la conclusione cui giungeva può essere la stessa: «Non posso rassegnarmi ad usare ancora le armi che un tempo ho rifiutato in nome del suo amore e della sua diversità».

 

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