La nuova via della seta

Se gli Stati Uniti hanno ambito ad essere la guida politica del mondo, la Cina punta ad esserne piuttosto la sua tecnocratica. Il mondo ha bisogno d’altro

La “via della seta” era il lungo tracciato che collegava Occidente e Oriente ai tempi di Marco Polo. Qualcuno afferma che si è trattato della prima globalizzazione.

Assieme alla seta, alle spezie e altre merci viaggiavano gli uomini, si diffondevano idee, conoscenze umanistiche e tecniche. Il mondo diventava al contempo più grande (per via dei rapporti tra popoli fino ad allora separati) e più piccolo (con il miglioramento dei trasporti e delle vie di comunicazione). Dove voglio andare a parare con questa storia? In Cina, ovviamente. Ma in quella di oggi, non quella del 1200 o 1300. Pechino ha lanciato, da alcuni anni (esattamente dal 2013), un grande progetto globale infrastrutturale e dei trasporti, chiamato Belt and Road initiative. Una cintura terrestre e una via marittima. Di cosa si tratta? Di una nuova via della seta, ma che questa volta parte da Oriente. Pechino ha l’ambizione di creare una nuova globalizzazione, costruendo una rete mondiale di ferrovie, strade, autostrade, ponti e porti per collegare anzitutto l’Asia con l’Europa. È un piano di investimenti gigantesco, che prevede circa 150 miliardi di dollari all’anno di infrastrutture. Ce ne sono già in programma e in costruzione per 900 miliardi di dollari.

A maggio, una conferenza internazionale è stata convocata dalla Cina assieme alla Russia, il Pakistan e la Birmania per rilanciare il progetto. Insomma, la Cina crede nella globalizzazione mentre il suo principale sponsor, gli Stati Uniti, sembrano ora nutrire dubbi. Inoltre la Cina tende a riaffermare il suo ruolo economico nell’Asia- Pacifico, proprio quando Trump ha affossato il grande trattato di partenariato economico trans-pacifico di libero scambio.

Ma ci sono ovviamente gli inconvenienti. Uno di essi, di non secondaria importanza, è che per realizzare la loro parte di progetto Paesi come il Kirghizistan e il Tajikistan dovrebbero indebitarsi fortemente verso la Cina, accettando dei prestiti a tasso agevolato, che comunque sarebbe difficile ripagare. L’impressione è che la Cina con questa ambiziosa strategia miri a costituire una sorta di alternativa al G20, acquisendo un ruolo guida e lanciando una visione cinese dell’interdipendenza, basata essenzialmente sull’interesse economico.

Se gli Stati Uniti hanno ambito ad essere la guida politica del mondo, la Cina punta ad esserne piuttosto la sua tecnocratica. Il mondo ha bisogno d’altro. Come scriveva Ungaretti: «Cerco un Paese innocente».

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons