La nuova Pomigliano di Marchionne

Celebrazioni per il ritorno della produzione della Panda in Italia e per il nuovo contratto aziendale. Ma i dissidenti stanno fuori dalla fabbrica
Nuova Fiat a Pomigliano

«L’azienda lavorerà con le parti che si sono assunte la responsabilità dell’accordo al fine di individuare ed attuare insieme le condizioni di governabilità necessarie per la realizzazione di progetti futuri». Con grande determinazione la Fiat ha dato applicazione a questo comunicato del giugno 2010 che commentava il referendum tra i lavoratori dello stabilimento di Pomigliano. Una consultazione dai risultati non plebiscitari sulla nuova organizzazione dei tempi e della disciplina sul lavoro, destinata a diventare la norma che si applica ora a tutti gli 87mila dipendenti della multinazionale dell’auto che ha rotto con Confindustria per non applicare il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici.

 

Il nuovo stabilimento napoletano di Pomigliano della Fiat, tra macchinari sofisticati e tute bianche degli operai e tecnici applaude Sergio Marchionne, l’uomo simbolo del nuovo corso aziendale e celebra il ritorno della produzione della Panda in Italia. Agli operai polacchi dello stabilimento di Tichy arriveranno altre tipologie di produzione destinate, in altri tempi, a quello dismesso di Termini Imerese in Sicilia.

 

I neo ministri dello Sviluppo e del Lavoro dell’esecutivo Monti hanno presenziato l’inaugurazione lodando la conferma degli investimenti relativi al piano industriale e quindi l’impegno a rimanere sul territorio nazionale. Una promessa che, per essere attuata, ha richiesto l’adozione di nuove norme che cominceranno ad essere applicate ai 500 dipendenti campani richiamati in servizio dopo lunghissimi periodi di lavoro a singhiozzo e di cassa integrazione. Con l’intesa siglata il 13 dicembre a Torino da Fim, Uilm, Fismic, Ugl, nonché da Associazione capi e quadri Fiat, si è passati ad una nuova era. Come ribadito più volte dalla Fim Cisl, la strategia del sindacato «partecipativo» rimane quella di creare le condizioni per evitare la fuga delle aziende dall’Italia obbligandole a rispettare gli accordi assunti davanti alla disponibilità e al sacrificio da parte dei dipendenti. Come a dire che ora comincia il bello.

 

Il piano industriale fornito dalla Fiat prevede, infatti, una serie di nuovi modelli per rispondere alla competizione internazionale, ma non ha ancora definito i luoghi dove tali modelli verranno prodotti. Anche la Consob, organo di vigilanza della Borsa, ha chiesto lumi sull’applicazione di questo piano suscitando reazioni negative nella direzione del gruppo torinese che, anche nel pieno della festa per Pomigliano, ha tenuto a ribadire che portare la Panda in Campania «non era e non è la soluzione industriale ottimale» e che la decisione nasce dal voler «privilegiare il Paese in cui la Fiat ha le proprie radici». Solo nel 2009, come alcuni ricordano, il piano per l’acquisizione della Opel tedesca metteva in pericolo non solo Termini Imerese, ma anche Pomigliano suscitando grandi manifestazioni popolari con il grido «Pomigliano non si tocca!».

 

Non ha partecipato alla cerimonia il sindaco di Napoli Luigi De Magistris che hai invece denunciato l’uso dello stabilimento campano come «cavia per relazioni industriali di tipo autoritario» che «cancellano anni di conquiste operaie». Il vice sindaco partenopeo Tommaso Sodano ha portato la solidarietà ai lavoratori della Fiom Cgil e dei Cobas che hanno manifestato al di fuori dello stabilimento. Nessun iscritto a questi sindacati è stato, infatti, assunto nella nuova società della Fiat. Per loro rimane la cassa integrazione guadagni. La grande presenza di forze dell’ordine ha costituito un ulteriore invito a non far degenerare la protesta.

Dal 2012 nessuna rappresentanza è riconosciuta ai lavoratori del gruppo che non appartengono alle organizzazioni che hanno siglato il contratto aziendale. Applicazione letterale, come detto, del comunicato del giugno 2010:«L’azienda lavorerà con le parti che si sono assunte la responsabilità dell’accordo».

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