La nuova gioventù

Piazze. Proteste. Problemi. Sembrano le P tipiche della “generazione XXI”. Non sono le sole. Proposte. Pensieri. Progetti. Ecco le novità.
Studenti che spalano il fango a Genova

Antonio De Napoli, 27 anni, presidente del Forum nazionale dei giovani, ha incontrato Mario Monti alla vigilia del giuramento al Quirinale. Si è presentato con diversi progetti su occupazione, accesso al credito, servizio civile, legalità. «Sono stati elaborati nel totale silenzio dei media e ben prima di questa uscita a vita pubblica», tiene a precisare. «Abbiamo chiesto al presidente che si passi da una fase consultiva a una operativa, strutturata e coordinata».

Fabrizio Filippi, alias “er Pelliccia”, 24 anni, è l’emblema della protesta violenta: l’estintore lanciato contro la polizia, durante le proteste di ottobre a Roma, lo ha reso icona di una generazione consegnata alla violenza irragionevole e distruttiva.

Mariangela Barbagallo entra in punta di piedi nel futuro. Ha creato una scuola di balletto classico, sfidando le avversità burocratiche di un’impresa femminile creata da una ventiseienne nel Sud. 

 

Sono varie le fotografie scattate alla nuova generazione del XXI secolo. Le ricerche e i sondaggi la raccontano con i numeri che sulla pellicola acuiscono più i chiaroscuri che il colore. I giovani italiani sono al quarto posto in Europa per il consumo di cocaina e al secondo per quello di cannabis. Si diffonde però un modello di consumo “compatibile” con la vita quotidiana e una forma di trasgressione controllata. Infatti il lunedì, appena l’1,5 per cento tocca l’alcol, mentre nel weekend le cifre diventano da capogiro: l’80 per cento, nella fascia dai 15 ai 24 anni, assume alcolici e superalcolici (Censis 2011). Lo fa soprattutto in compagnia, perché alla dimensione sociale e relazionale non si rinuncia mai. Cartina al tornasole sono anche i social media: sette giovani su dieci hanno un profilo su Facebook e trascorrono gran parte del loro tempo di connessione per parlare con gli amici ed esprimere emozioni (Eurispes 2011).

 

La libertà di essere sé stessi è un valore irrinunciabile che rischia il pantano del relativismo esasperato: c’è debole condanna per l’imprenditore che usa il lavoro nero per arricchirsi, per il politico con una doppia vita, per la donna che usa il proprio corpo per far carriera. Eppure in un’ideale classifica sul significato dell’avere successo, dopo realizzare le proprie aspirazioni, i giovani scelgono il far qualcosa per gli altri. Il volontariato continua ad attrarli perché luogo in cui si mette liberamente in gioco creatività e impegno e si può misurare il cambiamento.

Il mondo del lavoro del resto non presenta prospettive rosee. In Italia lavora il 66 per cento dei laureati contro una media europea dell’84. Appena quattro su dieci hanno un contratto a tempo determinato. La precarietà non invoglia neppure ad aprire attività autonome, perché troppo complicato: solo il 27 per cento vorrebbe farlo, mentre nell’Ue i giovani imprenditori sono il 43 per cento.

 

Il trascendente non li lascia indifferenti: 80 giovani su 100. Ma l’appartenenza a una Chiesa fa scendere i numeri: appena il 50 per cento si considera cristiano cattolico. Se da un lato mostrano insofferenza verso la Chiesa-istituzione, al contempo cresce l’interesse per pellegrinaggi, processioni, ritiri, segno che la ricerca del sacro segue altri percorsi, al di fuori delle tradizionali liturgie e della comunità di riferimento.

 

Le istituzioni in genere sono contestate, lo sono i partiti e la classe politica. Ma al ripiegamento sul privato, la “generazione XXI” preferisce la democrazia partecipativa: petizioni, manifestazioni, forum, blog di discussione. E in questo godono di buona compagnia. In Cile, due studenti di 23 anni, Camila Vallejo e Giorgio Jackson, hanno guidato una manifestazione di 150 mila persone che chiedevano un’istruzione pubblica di qualità e meno costosa. I manifestanti di Occupy Wall Street e gli Indignados della piazze greche e spagnole sono giovani che non lottano per un’ideologia; chiedono lavoro, casa, una pensione, un futuro. Lo stesso futuro ha chiesto Mohammed Bouazizi, il ventiseienne tunisino che si è dato fuoco per non vedersi sequestrata la sua merce e inconsapevolmente ha dato il via alle rivolte della cosiddetta primavera araba, piuttosto una “transizione araba”.

 

«Se dovessi fotografare la mia generazione mostrerei un giovane con in mano un dossier Istat, che annuncia un futuro drammatico – commenta Antonio De Napoli –. Ma il giovane guarda invece a un futuro credibile, dove speranza e responsabilità hanno davvero peso». Un peso che vogliamo emerga in queste pagine, sul sito www.cittanuova.it, sui social network, perché questo pezzo d’Italia ritorni ad avere diritto di Parola e di Presente. Altre due P.

Maddalena Maltese

 

Quattro parole per avere voce

 

Indignati o meno, una cosa è certa: rispetto al recente passato, i giovani hanno più voglia di farsi sentire. Ma per farlo occorrono strumenti e linee di azione, al di là della piazza: tra le tante, quattro sembrano essere particolarmente significative.

 

Partecipazione

 

Se l’era delle sezioni giovanili di partito sembra tramontata, ciò non implica che questa sia l’unica forma possibile di cittadinanza attiva: il volontariato, l’associazionismo e il terzo settore sono i canali privilegiati dai giovani, tanto da coinvolgere – secondo i dati dello studio sul volontariato dell’Unione europea – circa un quarto di loro. Ma anche la cara vecchia politica non è da escludere: la necessità di “facce nuove” è un ritornello ricorrente e a livello locale non mancano esempi di under 30 che ricoprono cariche significative. Tra questi c’è Maria Chiara Campodoni, ventiseienne assessore allo Sport del comune di Faenza: «Credo che lo specifico dei giovani – afferma – sia l’essere tornati a vedere la politica come servizio. Molto spesso ci diciamo: “Siamo amministratori, non politici”, come se volessimo prendere le distanze da una “cosa sporca”; invece vogliamo essere orgogliosi del nostro incarico».

 

Rete

 

Dice il saggio: «Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, vai insieme ad altri». E infatti, complice Internet, quello di fare rete è un imperativo: a livello mondiale o locale, chi ha interessi e obiettivi comuni unisce le forze, dalla Rete 29 aprile dei ricercatori alla Rete G2 degli italiani di seconda generazione. E a proposito di generazioni, si può fare rete anche all’interno dell’albero genealogico. È il caso di Luca e Matteo De Rosso, 29 e 27 anni, di Farra di Soligo (Treviso). Perito agrario l’uno ed enologo l’altro, si sono lanciati in quella che è da sempre la ricchezza delle loro terre: il prosecco. Se dalle vecchie generazioni hanno ricevuto il sapere atavico, di loro ci hanno messo la spinta per rilanciare il lavoro del padre e del nonno, arrivando nel 2009 ad aprire la loro cantina. «Da chi ci ha preceduto – osserva Matteo – abbiamo appreso quella saggezza che ti porta a non fare il passo più lungo della gamba; come giovani, abbiamo la volontà di confrontarci, aprirci alle innovazioni e ad altre realtà pur senza stravolgere la tradizione».

 

Comunicazione

 

Sarà scontato, ma per farsi sentire bisogna essere efficaci su questo fronte. E infatti sempre più spesso capita di imbattersi in lettere di giovani sui maggiori quotidiani nazionali, e siti e giornali web creati e gestiti da gruppi più o meno sparuti. Ma anche un mezzo di comunicazione più datato, come la radio, offre buone possibilità: se ne sono resi conto i giovani calabresi di Radio K2, nata sei anni fa, dopo che alcuni di loro avevano seguito un evento per un’emittente locale. A quanto pare avevano fatto un buon lavoro, perché è stato loro chiesto un contributo regolare: così è nato Il mondo visto da un’altra prospettiva, in cui «cerchiamo di far conoscere il positivo, soprattutto della nostra terra – racconta uno dei fondatori, Marco Gliozzi –, dalle forme d’arte non valorizzate a esperienze di consumo critico». Un successo, passateci il termine, ingestibile: «Dato che durante la nostra trasmissione c’è sempre un picco di ascolti, ci hanno chiesto di passare da un format mensile a uno settimanale. Ma purtroppo siamo solo in otto, non ce la facciamo».

 

Formazione

 

Per essere efficaci, però, non basta la buona volontà; bisogna essere adeguatamente formati e informati: e se Internet offre una selva di risorse, c’è comunque bisogno di un contatto umano con chi “ne sa di più”. Le scuole di partecipazione politica – organizzate dal Movimento politico per l’unità, ma anche da altri soggetti della società civile – o quelle di Economia di Comunione sono realtà in crescita, soprattutto al Sud: quella di Taranto ha raddoppiato il numero di partecipanti dal primo al secondo anno e quella di Ostuni ha dovuto “selezionare” gli iscritti, che erano quasi il doppio dei posti disponibili. La prima azienda frutto di questo percorso di formazione è nata a Cariati (Crotone), a luglio 2011, e si occupa di energie alternative, monitoraggio tecnico e ambientale, teledidattica e sistemi di comunicazione in rete: dal paradigma economico, alla generazione, al settore, tutto è innovativo.

Chiara Andreola

  

Giovani. In mille per l’Italia

 

Si danno appuntamento quotidianamente su Facebook per scambiarsi idee, progetti e condividere iniziative e attività. C’è chi è andato a spalare fango a Genova dopo l’alluvione e chi si trova a preparare un cineforum in parrocchia. Poi ci sono quelli che vogliono entrare in politica, sporcarsi le mani, e quindi hanno cominciato dei seminari di formazione per essere davvero portavoce di istanze giovani e concrete. Un fermento inatteso quello avviato al Convegno annuale dei Gen2, i giovani del Movimento dei focolari. Sono arrivati in mille da tutte le regioni italiane, con qualche rappresentanza europea e di altri continenti, per parlare della “loro Italia” senza schermirsi. Pur coscienti delle criticità che attraversano il nostro Paese, il tono è meno caustico e accusatorio. Sono impensieriti e consapevoli della crisi economica, dell’incertezza del presente, della fragilità dell’esistente, dei rapporti sociali e umani, dei rischi dello “sballo”.  Chiedono di partecipare attivamente e suscitano particolare interesse le azioni legate alla cittadinanza attiva e alla comunicazione. Cercano spiegazioni con la carica tipica delle loro età, lasciando «crescere in noi un nuovo senso di entusiasmo, en ethos etimologicamente significa in Dio», scrive Luca Carletti.

 

Febbrile la voglia di esserci, di non tirarsi indietro e di «occuparsi in prima persona dell’Italia – scrivono nella bozza che vorrebbero mandare al presidente Napolitano –. Preghiamo i governanti di mettere da parte i loro interessi e preoccuparsi del futuro». Senza i reverenziali timori di scomodare qualcuno e con una velocità che solo il web può cogliere, sono nate le richieste di dire la loro nel riformulare parole come tolleranza su Wikipedia o di mandare una mail condivisa sulla nuova campagna pubblicitaria della Benetton, perché stanchi «della tacita legge “non importa, basta che se parli”, vogliamo pubblicità rispettose del’uomo, della donna e delle diverse religioni». Si assiste così a un laboratorio molteplice e creativo in continua evoluzione, animato dal desiderio genuino del “costruire per” rispetto all’“andare contro”, dal valore del “noi” piuttosto che l’“io”, e questo non solo su Facebook. La creatività non manca:una web tv e una web radio per dare visibilità al bene e al buono dei giovani, una “banca comune dei talenti” per conoscere in tempo reale le competenze e le professionalità in tutto il Paese. Insomma l’Italia, dal Nord al Sud, è attraversata da un’adrenalinica voglia di esserci, che forse un po’ soffre sulla programmaticità o sulle scadenze, ma ha con sé la bellezza delle scelte assolute e la freschezza dei sorrisi giovani, che sanno di nuova primavera delle coscienze e di un entusiasmo – forse –, per troppo tempo disatteso e ora venuto alla ribalta. Scrive uno di loro: «150 anni fa mille giovani hanno unito l’Italia, 150 anni dopo mille giovani vogliono darle un’anima».

 

Quattro libri di Città Nuova per approfondire:

Attualità

G. Bregantini, Il nostro Sud in un Paese (reciprocamente) solidale, 2010;

M. Sepi- A. Darmanin, La nuova fattoria degli animali, 2011;

Prosociale

Zero Poverty. Agisci ora, 2010;

Storie

M. Baroni-J.Lubich, Chiara Luce Life, love light, 2010.

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