La nevicata di Atene e le sfide della società greca

Una nevicata incredibile ha bloccato Atene, rivelando molte carenze nella gestione delle emergenze. Ma sono molte le sfide della società greca, spesso legate all’aumento dei fenomeni di violenza
Atene

L’avvio del nuovo anno non è stato buono e neppure promettente. È bastata una grande nevicata ad Atene (25 gennaio), una cosa mai vista (l’ultima risale al 1923), ad evidenziare l’insufficienza delle strutture pubbliche e l’inefficienza nella gestione delle crisi, oltre alla mancanza di coordinamento fra gli enti pubblici. Però questa fortissima nevicata ha dimostrato anche l’incapacità di alcune imprese private, come quella che gestisce l’Attiki Odos, cioè l’autostrada che collega l’area metropolitana di Atene con l’aeroporto internazionale: la mancata tempestività di chiusura ha provocato un caos spaventoso con migliaia di auto bloccate per più di 24 ore. Non è stato inoltre attivato nessun sostegno per le persone, compresi bambini e malati, bloccate nelle loro automobili al freddo. Solo l’intervento dell’esercito e dei volontari, anche se in ritardo, ha potuto offrire qualche conforto. La generica promessa della società Attiki Odos di risarcire con duemila euro tutte le persone rimaste bloccate, non è molto convincente. Interi settori della capitale, inoltre, sono rimasti senza corrente elettrica per più di tre giorni.

Questa tempesta di neve ha scolorito ancor di più il profilo del governo, già in difficoltà a causa della carente gestione della pandemia, che a lungo si è tradotta ogni giorno in quasi 100 morti, 700 ricoveri in terapia intensiva e un aumento dei nuovi casi fino a 18-20 mila.

L’opposizione di sinistra, di cui Syriza è il principale partito, approfittando della situazione ha presentato una mozione di sfiducia, che però è stata respinta dalla maggioranza di governo. Nonostante ciò, rimane il fatto che il governo deve affrontare delle serie difficoltà. Nei sondaggi, i socialisti di Pasok-Kinal, sotto la presidenza del nuovo eletto Nikos Andrulakis, sembrano raddoppiare i consensi, provocando molto nervosismo sia nella compagine di governo che nell’opposizione di Syriza, che chiede comunque elezioni anticipate.

La gente, d’altra parte, non sembra volere elezioni anticipate e si preoccupa piuttosto della pandemia, ma soprattutto della situazione economica: l’inflazione è oltre il 5%, la disoccupazione rimane alta (13,4%) e il debito (pubblico e privato) in aumento.

I cambiamenti che si notano nella società ellenica negli ultimi due anni non lasciano molto spazio all’ottimismo: le statistiche segnalano aumento della micro-criminalità, dei femminicidi e della violenza domestica (1500 casi al mese). Ma sono in crescita anche stupri, aggressioni via social, revenge porn, abbandono dei neonati, violenza contro i bambini e, ultimamente, anche violenza dentro e fuori i campi di calcio.

Non si tratta certo di fenomeni completamente nuovi, tranne quegli associati alle nuove tecnologie. Il fatto nuovo è la frequenza, la gravità e la brutalità di questo tipo di fenomeni, che la società ellenica non aveva finora conosciuto. Per esempio: le risse tra tifosi nei campi di calcio e negli stadi ci sono da sempre, però non arrivavano alla morte delle persone, come è successo recentemente a Salonicco, dove una banda di 12 violenti ha aggredito a coltellate 4 amici fuori dal campo di calcio, provocando la morte di un ragazzo di 19 anni e tre feriti. Testimoni hanno riferito che la banda «voleva sangue, era decisa ad uccidere».

È vero che oggi si parla di più di queste cose, i media se ne occupano, le donne si organizzano e denunciano (movimento Me Too) e il dibattito pubblico è continuo e forte. Perfino il governo e la polizia sembrano decisi ad occuparsi dei fenomeni di violenza di genere in modo più sistematico. Però nel frattempo le leggi sono carenti e gran parte della polizia continua a incoraggiare gli abusi scoraggiando in un modo o nell’altro le denunce. Molti esperti (avvocati, penalisti, criminologi, giuristi, psicologi ed altri) cercano le cause di questi fenomeni e parlano di psicologia della massa, dell’ambiente socioeconomico, di marginalismo, di lockdown che dura da troppo tempo, e così via. Solo che nella maggioranza dei casi i responsabili di violenza sono persone al di là ogni sospetto, di buona famiglia, senza troppi problemi socioeconomici e, spesso, anche con un elevato livello di istruzione. Forse il nocciolo del problema è la famiglia e quello che insegna ai propri figli. E poi l’ipocrisia del sistema, che da una parte introduce leggi ma dall’altra evita la loro applicazione. È un vero peccato che ci voglia un caso di violenza atroce per avviare un dibattito pubblico, salvo poi dimenticare tutto fino alla prossima violenza.

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