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La mostra del cinema di Venezia parte con Sorrentino

di Mario Dal Bello

Molti applausi a “La Grazia” del regista napoletano. Un dramma del dubbio e dell’amore. Interessante Mother su Madre Teresa.

Da sinistra: Toni Servillo, Anna Ferzetti e Paolo Sorrentino al Festival del cinema di Venezia. 27 agosto. ANSA/ETTORE FERRARI

La Mostra del cinema di Venezia è cominciata con il Premio alla Carriera a Werner Herzog – e la commossa Laudatio di Francis Ford Coppola, dopo l’introduzione di una ironica “conduttrice”, Emanuela Fanelli, e dopo l’inevitabile sfilata delle star (quante! e quanti giovani). Il primo grosso appuntamento è stato un film di cui si sapeva pochissimo, La Grazia di Paolo Sorrentino.

Da sinistra, il direttore del Festival del cinema di Venezia, Alberto Barbera, i giurati Stephane Brize, Cristian Mungiu, Maura Delpero, Zhao Tao, Fernanda Torres, il presidente Alexander Payne, Mohammad Rasoulof e il presidente della Biennale, Pietrangelo, 27 agosto 2025. ANSA/ETTORE FERRARI

Cos’è la Grazia per il regista? Ha risposto lui stesso (fra le tante versioni, ne scegliamo una significativa): “La Grazia è il comportamento amoroso nei confronti del mondo”.

In verità, in questo film pieno di dubbi, di timori, di ricordi, di un presente difficile, è proprio l’amore il soggetto onnipresente, pur senza clamori. È amore concedere la grazia ad un uomo che ha ucciso la moglie malata di Alzheimer? È amore concedere l’eutanasia? Il vecchio presidente Mariano De Santis – un Toni Servillo libero da gigionismi e controllatissimo, perfetto – è anziano, stanco di un Quirinale noioso e burocratico, siamo nel “semestre bianco” (gli ultimi sei mesi del mandato), finalmente potrà respirare. Vecchio democristiano, vive con la figlia Dorotea – una impagabile Anna Ferzetti -, ha le sue abitudini: fuma, e non potrebbe perché ha un polmone solo, segue una dura dieta, pranza con una vecchia amica disincantata, cioè Coco, e riflette sui casi di grazia e sulla legge sull’eutanasia.

Da sinistra Claire Holt, Leni Klum, Eli Renata Sakamoto, Matteo Veronesi, Heidi Klum e Barbara Palvin al Festival del cinema di Venezia. ANSA/ETTORE FERRARI

I dubbi ci sono, è un cattolico, un giurista di “cemento armato”, come la figlia con cui si incontra e si scontra. Sarà un uomo del passato che non tiene conto del presente? Lui, che ancora soffre per la morte della moglie che forse lo ha tradito? Altro dubbio. Fare i conti con il passato è difficile e più ancora con il presente. “Se non firmi sei un torturatore, se firmi un assassino”, gli dice la figlia. E il papa  nero, che va in bici: “Dio ci suggerisce le domande, evita le risposte, ci tiene in vita con il mistero”. Sospensione, ansia, e voglia di leggerezza – come gli astronauti che osserva in tivù – animano il vecchio presidente.

Un film dunque anche lieve, con i tocchi surreali e ironici che ama Sorrentino – fotografia splendida, a dir poco -, ma profondamente politico, che di fatto critica l’attualità della politica muscolare priva di etica (e il presidente assomiglia molto a Mattarella, a mio parere, nonostante Servillo non lo dica). Il dubbio, dunque. E quindi, la ricerca della verità, cosa è bene fare o non fare.

Una domanda seria, ma che nel personaggio vuole essere una domanda sull’amore: perdonare la moglie? Firmare o meno i decreti?

Emanuela Fanelli madrina del Festival del cinema di Venezia 2025. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Naturalmente il film non è pesante, anzi, perché Sorrentino regala dialoghi seri ma anche sprizzanti, ci mette La Scala, il cantante Guè, il coro degli alpini, i ricevimenti  presidenziali…. Tutto con blocchi che si incastrano e si sovrappongono, liberi dal precedente barocchismo, qui invece ridimensionati in una tensione, leggera e scavata insieme, tra amore, legge, verità, che dovrebbe far pensare. Con la speranza che il film non venga strumentalizzato da nessuno per motivi di ideologia o di politica.

Mother
Difficile fare un film su Madre Teresa di Calcutta che non sia agiografico. La regista macedone Teona Strugar Mitevska non ci prova nemmeno. Siamo nel 1948 e la suora – interpretata con convinzione da Noomi Rapace, affascinata dalla sua figura – decide di lasciare il convento ed andare a Calcutta. Si incontra con un caso di aborto: farlo o non farlo? Madre Teresa sarà contraria, la regista invece no, perché oggi la mentalità è cambiata e la suora viveva in una epoca diversa. Sarà, però la regista non scava molto nella dimensione spirituale di Teresa ma propone un dramma anche cupo, un thriller monacale che lascia solo intravedere chi fosse davvero Madre Teresa. La quale, soggiunge la regista, oggi sarebbe certo a Gaza.

 

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