La maschera del diavolo

Nel santuario mariano di Santa Maria delle Grazie, a Udine, un particolare ex voto attira l’attenzione: una pregevole armatura quattrocentesca con tanto di corna sull’elmo e spadone al fianco
Santuario Santa Maria delle Grazie - Uidne

Sul Giardin Grande, la vastissima piazza ai piedi del colle dominato dal Castello di Udine, si apre la maestosa facciata neoclassica della basilica di Santa Maria delle Grazie, il più famoso e frequentato santuario mariano della città e di tutto il Friuli, affidato ai religiosi serviti dell’annesso convento. In questo vero scrigno di opere d’arte spicca un’icona della Madonna col Bambino di gusto bizantineggiante, donata nel 1497 da Angelo Emo, l’ultimo grande e geniale capitano della Serenissima, che a sua volta l’aveva ricevuta in dono dal sultano di Costantinopoli.

Testimoni della venerazione popolare di cui è fatta oggetto questa tavola trecentesca sono gli ex voto costituiti da migliaia di cuori, cinquecento tavolette, duecento ricami incorniciati, cento figure d’argento: e molti di più sarebbero se non ci fossero state le spoliazioni napoleoniche.

Appena entrati nell’atrio del santuario, accanto a una memoria artistica del terremoto che devastò il Friuli il 6 maggio 1976, uno in particolare di questi ex voto attira l’attenzione, il più antico: dentro una teca di vetro, di nuovo rilucente dopo i recenti restauri, fa un certo effetto una pregevole armatura quattrocentesca con tanto di corna sull’elmo e spadone al fianco. È la cosiddetta “maschera del diavolo”, legata a una curiosa leggenda popolare.

Era il carnevale del 1500 e un giovinastro in vena di divertirsi, rivestito di questa armatura cornuta, folleggiò fino a tarda sera, irrompendo perfino nel cimitero antistante la chiesa, che profanò con vergognosi schiamazzi. Una volta rientrato a casa però (abitava a Pracchiuso, uno dei borghi di Udine), si accorse di non riuscire più a slacciarsi l’armatura. Visto vano ogni tentativo di sgusciar fuori da quella incomoda prigione di ferro, terrorizzato, invocò la Vergine delle Grazie. Soltanto allora poté recuperare la sua libertà. 

Oggi l’inquietante armatura all’ingresso del santuario udinese invita a guardarsi dalle trasgressioni che degradano l’uomo e ad accettare l’aiuto di Maria, che proprio perché è madre, sa anche impartire lezioni severe.

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