La locanda di Emmaus

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Ad Emmaus, poco lontano da Gerusalemme, c’era una piccola locanda. Era la sera dopo la grande festa di Pasqua e il locale era pieno da scoppiare: c’era un forte vocio di gente che parlava, beveva, ordinava da mangiare. Seduto sul pavimento di pietra Mattia, il figlio della padrona, giocava buono buono con la sua trottola di legno. Era diventato bravissimo ad usarla: avvolgeva la cordicella intorno al perno e la teneva ferma col pollice della mano destra, con l’indice della sinistra, invece, la teneva in equilibrio quasi senza toccarla e quando era pronto dava un bello strattone alla corda, sollevava l’altra mano e la trottola partiva girando velocissima. – Bravo, Mattia! – gli diceva qualche cliente seduto ai tavoli, oppure gli batteva le mani. – Fai provare anche me? – gli domandava qualcun altro. Tutti quelli che frequentavano la locanda conoscevano bene Mattia: su quel pavimento l’avevano visto gattonare e infilarsi sotto ai tavoli, l’avevano visto muovere i primi passi tra uno sgabello e l’altro e, infine, l’avevano visto scegliere un angolo qualsiasi per sedersi a giocare. Anche lui conosceva per nome molti di quegli uomini. Alcuni gli erano simpatici, altri meno, ma la mamma gli aveva insegnato ad essere gentile con tutti, specialmente con i clienti nuovi. E di lì ne passavano tanti diretti alla città santa di Gerusalemme: semplici viandanti, pellegrini, mercanti, persino soldati romani. Mattia aveva una gran memoria per i visi delle persone, ma, a furia di guardare il mondo seduto per terra, aveva imparato a riconoscere una persona anche dai suoi sandali. Sì, proprio dai sandali. Quelli di Gioele il falegname, per esempio, li avrebbe riconosciuti tra mille, perché erano macchiati di pece. O quelli di Giairo, il mercante di stoffe: avevano i legacci di cuoio bianco. Quelli di Zaccheo, poi, erano così piccoli! E se anche non riconosceva la persona sapeva sempre distinguere i calzari scuri di un centurione romano da quelli impolverati e consumati dall’uso di un povero viandante. Qualcuno aveva persino scommesso con gli amici che il bambino lo avrebbe riconosciuto senza alzare la testa e… aveva vinto la scommessa! Quella sera, nella locanda, c’erano molti sandali che Mattia non aveva mai visto: alcuni ricchi e altri poveri, lisci o lavorati, nuovissimi o molto vecchi. La sua mamma correva da un tavolo all’altro senza sosta. Qualche volta gli passava vicino e gli sorrideva, oppure gli scompigliava i capelli. Lui allora capiva che era contenta perché gli affari andavano bene e perché, anche se il papà non era più con loro, se la sarebbero cavata lo stesso. Ogni tanto gli arrivava all’orecchio qualche frase dei molti discorsi che si intrecciavano e si aggrovigliavano sopra la sua testa: – Ti rendi conto? Voleva darmi venti denari in meno per lo stesso carico! – E tu cosa gli hai risposto? – lo gli ho detto che… Mattia fece fare un altro giro alla sua trottola: – Hai sentito di quel poveretto che hanno crocifisso? – Chi? Quello che hanno sorpreso a rubare le pecore? – No, quel rabbi buono, quello che predicava… – Non poteva essere buono se l’hanno crocifisso; qualche cosa avrà combinato. . . – Ma se ti dico che… La trottola di Mattia si spostò verso un altro tavolo: – Una confusione come quest’anno, guarda non si era mai vista… – Con la Pasqua che cade di sabato, cosa ti aspettavi? – E poi tutti questi soldati romani, non li sopporto più. . . – Parla piano! Vuoi che ci sentano? Fuori stava facendo buio. La gente andava e veniva in continuazione. Si liberò un tavolo in fondo alla sala e vi si sedettero in tre. Mattia riconobbe immediatamente i sandali di Clèopa e del suo amico Bartolomeo, ma quelli del terzo uomo non li aveva mai visti. La mamma portò subito loro del vino e del pane, poi guardò ancora una volta verso suo figlio che, tutto pensieroso, stava preparando la trottola per un nuovo giro: quel bambino era tutta la sua vita, tutta la sua gioia, tutta la sua speranza per il futuro. Fu allora che tirò la cordicella: la trottola partì come un fulmine e andò ad infilarsi sotto il tavolo di Clèopa, proprio nel momento in cui l’uomo che era con loro spezzava in due il pane che era sul piatto. Che strano! Non si accorsero nemmeno di Mattia che si intrufolava tra le loro gambe per riprendere il suo giocattolo. Il bambino guardò i sandali dello sconosciuto, poi guardò i suoi piedi e si accorse che sopra, proprio nel mezzo, avevano tutti e due il segno di una grossa ferita, di una specie di buco ancora aperto. Non riuscì a resistere alla curiosità, si sa come sono i bambini: allungò la manina e sfiorò una delle piaghe con le dita! Subito le ritrasse e si allontanò di lì un po’ spaventato. Alzò gli occhi: l’uomo ferito gli stava sorridendo. Aveva uno sguardo quieto e buono e Mattia non ebbe paura. Gli sorrise anche lui. Quindi si rimise tranquillo a riavvolgere la cordicella della trottola. In quell’istante Clèopa e Bartolomeo saltarono in piedi facendo cadere i loro sgabelli. Mattia rialzò gli occhi per capire che cosa stava succedendo: l’uomo delle ferite ai piedi non c’era più. Stavano dicendo che era sparito davanti ai loro occhi… I suoi amici uscirono in fretta dalla locanda seguiti dagli sguardi di tutti. Nella locanda, adesso, c’era una gran confusione. Solo Mattia era calmo e sorridente. Stringendo la trottola di legno si riavvicinò a quel tavolo: sopra vide tre coppe di vino e il pane che l’uomo ferito aveva spezzato in due. Infine tornò a sedersi per terra e, continuando a sorridere, riprese a giocare con la sua trottola.

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