La lingua della madre

In occasione della giornata internazionale, l’invito a proteggere e valorizzare tutte le diversità linguistiche, anche nel nostro Paese. Le origini storiche di questo evento. La produzione letteraria dei migranti

Due parole, “lingua” e “madre”, indicano quanto vi è di più vicino, intimo e famigliare al mondo. Se accostate, “lingua madre”, acquistano un potere semantico amplissimo, rivelando la collocazione geografica originaria, l’identità culturale, l’appartenenza familiare, tutti elementi che fanno di ciascun uomo un unicum irripetibile.

Alle lingue madri – quelle apprese dalla primissima infanzia in modo inconsapevole, ma estremamente raffinato –, l’Unesco dedica ogni anno, dal 2000, una giornata internazionale, il 21 febbraio, allo scopo di promuovere e difendere le identità linguistiche e culturali.

In questo stesso giorno del 1952, in Pakistan, dopo che il “Comitato dell’Assemblea Costituente” aveva proclamato l’urdu unica lingua di Stato sia nel Pakistan occidentale che in quello orientale (attuale Bangladesh, dove la maggioranza parlava il bengalese), nella parte orientale del Paese scoppiò una grande ondata di proteste. In prima fila tra i dimostranti gli studenti dell’università di Dhaka. Nel corso di una settimana, il governo pakistano rispose con una repressione violenta, uccidendo alcuni di loro. Solo quattro anni dopo il Pakistan aggiunse il bengalese come seconda lingua ufficiale. Il 16 maggio 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha invitato gli Stati membri a «promuovere la conservazione e la salvaguardia di tutte le lingue usate dalle popolazioni del mondo», a tutela delle diversità e del multiculturalismo.

Il linguaggio è essenziale alla comunicazione di ogni tipo, al cambiamento e allo sviluppo della società umana. Secondo la paleo-antropologa Dean Falk (Lingua madre. Cure materne e origini del linguaggio, Bollati Boringhieri, 2015), il linguaggio fece la sua comparsa in un periodo molto remoto della preistoria, quando i nostri progenitori raggiunsero la postura eretta, diventando bipedi. Secondo questa teoria molto suggestiva, le madri divennero protagoniste di una rivoluzione epocale. Costrette a poggiare a terra i loro piccoli per raccogliere bacche, radici, erbe, si inventarono, per acquietarli, dei suoni misti a vocalizzi. Che sia andata così o meno, la comparsa di questa “protolingua” fu un fatto nuovo e dirompente, alla base di una nuova maturazione emotiva e sociale dell’uomo.

Oggi il tema della lingua madre tocca molto da vicino il nostro Paese, ricco di dialetti regionali e locali, di lingue parlate da minoranze, tutelate con apposite norme, ma, soprattutto, di un numero sempre maggiore di nuove lingue portate dagli immigrati residenti in Italia. Di questi, moltissimi sono minori inseriti nel sistema educativo, e una porzione sempre più consistente è nata e cresciuta immersa nello spazio linguistico italiano. Cosa succede quando la lingua madre entra in contatto con l’italiano, anche dialettale? Accade spesso che la prima venga gradualmente soppiantata dalla seconda, parlata a scuola, tra i coetanei o negli ambienti di lavoro (un fenomeno chiamato “di erosione linguistica”). Ma con quali conseguenze? È una domanda che da tempo si pongono gli insegnanti, gli specialisti dell’apprendimento e i linguisti.

Un’altra prospettiva interessante riguarda la produzione letteraria non “sui”, ma “dei” migranti. A questa, sempre più ricca, è dedicato anche un concorso, giunto alla XIII edizione. Ideato dalla giornalista e saggista Daniela Finocchi, il Concorso Lingua Madre è un progetto tutto al femminile della Regione Piemonte e del Salone internazionale del Libro di Torino, con il patrocinio, tra gli altri, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e della rappresentanza italiana della Commissione Europea. È riservato a donne, ragazze e bambine straniere residenti in Italia, che possono cimentarsi con ogni genere, dal racconto autobiografico al fantasy o al distopico. Moltissime le opere inviate ogni anno, segno che la scrittura è sempre un viatico d’eccellenza per la conoscenza e lo scambio interculturale.

Dalla sua comparsa, la lingua è un’eredità al femminile. «Se parli a un uomo nella lingua che comprende – diceva Mandela – arriverai alla sua testa. Ma se gli parli nella sua lingua madre, arriverai al cuore». Ecco perché va tutelata e protetta.

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