La lezione di Chris

Nelle gare, e a volte anche nella vita, si può andare oltre l’apparentemente “impossibile”. La storia del tuffatore britannico Mears.  
LONDON, GREAT BRITAIN - APRIL 26: Chris Mears of Great Britain training during day two of the FINA/NVC Diving World Series 2014 at the London Aquatics Centre on April 26, 2014 in London, Great Britain. (Photo by Mitchell Gunn/ESPA) (Cal Sport Media via AP Images)

Vincere ormai a fine carriera un torneo dello slam, a distanza di quasi 5 anni dall’ultimo trionfo? Recuperare uno svantaggio di 25 punti in una finale del Superbowl? Qualificarsi  per un turno successivo di Coppa dopo aver perso 4-0 la partita di andata? Risultati quasi “impossibili”! L’inizio del 2017, in pochi mesi, ci ha già regalato alcune imprese sportive incredibili. Prima il tennis, con Roger Federer che a 35 anni ha vinto gli Australian Open. Poi il football americano, con il trionfo dei New England Patriots al termine di una rimonta pazzesca nella finale della Nfl. Infine il calcio, con lo strabiliante 6-1 inflitto dal Barcellona al Paris Saint Germain nel ritorno degli ottavi di finale di Champions League. A raggiungere questi risultati, atleti e squadre formate da campioni di prima grandezza, ragazzi dotati di qualità (non solo sportive) “fuori dalla norma”. Anche nei tuffi, almeno da un ventennio a questa parte, c’è un’impresa molto difficile da compiere, quasi impossibile per tutti: battere gli atleti cinesi. Quest’anno, ad esempio, nelle 20 gare disputate in occasione delle prime due tappe delle World Series 2017, gli atleti dagli occhi a mandorla ne hanno vinte ben 19. Unica eccezione, il successo (a Pechino) del britannico Jack Laugher nella prova del trampolino da tre metri. Laugher è un tuffatore eccellente, che si districa benissimo anche nella prova dei tuffi sincronizzati, dove compete da anni insieme all’amico Chris Mears. Entrambi, da quando hanno iniziato a sfidare i fantastici tuffatori cinesi, si sono posti un obiettivo: riuscire a batterli, magari proprio ai Giochi olimpici.

Impossibile? Se in una gara partecipa un atleta con qualità (non solo sportive) come quelle di Chris, l’impresa è un po’ meno difficile di quanto possa sembrare. Questo ragazzo, infatti, a soli 16 anni (era il 2009), è stato colpito dal virus di Epstein-Barr, lo stesso che è causa della mononucleosi. Si trovava in Australia per una gara, e sottovalutando quegli strani sintomi che inizialmente aveva attribuito a una febbre passeggera, ha continuato a tuffarsi. I

suoi organi si erano però indeboliti, e il continuo impatto con l’acqua gli ha provocato la rottura

della milza e una forte emorragia. Trovato ore dopo nella sua camera d’albergo privo di sensi, è stato operato d’urgenza. Cinque litri di sangue persi, 7 ore

d’intervento chirurgico, alla fine il verdetto dei medici non lasciava troppe speranze: solo un flebile 5% di possibilità di sopravvivenza. E comunque, bisognava mettere in preventivo probabili gravi danni (cerebrali e fisici) irreversibili. Invece Chris, dopo tre giorni

di coma, si è risvegliato, dimostrando col

tempo capacità di recupero prodigiose. Gli hanno detto che era stato fortunato, ma che non avrebbe più potuto praticare sport. Nel mese passato in ospedale in Australia, si è appassionato alla musica, e negli anni

successivi si è affermato

anche come dj, ma non poteva proprio

rinunciare alla passione per i tuffi. Così, dopo circa un anno, è tornato lentamente ad allenarsi. Messosi alle spalle l’accaduto (oggi l’unico ricordo è una vistosa cicatrice verticale nel mezzo dell’addome), con il tempo Chris

ha raggiunto risultati importanti, tra cui un bronzo mondiale nel 2015 insieme all’amico Jack. Poi, ai Giochi di Rio della

scorsa estate, è riuscito sempre insieme al suo compagno di squadra in un’impresa quasi impossibile: battere i cinesi. Proprio nella manifestazione dove di solito sono imbattibili: alle Olimpiadi!

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