La gioia del Caravaggio

In Parlamento restauro a vista per la “Natività” del pittore lombardo. Una delle rare opere liete dell'artista nei suoi ultimi anni drammatici.
Caravaggio

«A Messina colorì a’ Cappuccini il quadro della natività». Così, Pietro Bellori nel 1672 descrive la grande tela (cm. 314 x 211) che l’èquipe diretta da Gioacchino Barbera va restaurando, sotto gli occhi di una trentina di visitatori, selezionati a gruppi ristretti per osservare “dal vivo” un lavoro molto delicato. L’opera infatti ha sofferto per l’umidità, il terremoto del 1908 in cui è stata distrutta la chiesa di Santa Maria della Concezione dove si trovava, e l’incuria degli uomini. Sarà pronta a fine gennaio.

La bellezza del dipinto si rivela poco a poco. Caravaggio è pittore di storia sacra tutto da scoprire. La forza con cui dice sempre la verità – che è la sua caratteristica principale – rischia di far dimenticare un aspetto particolare della sua arte: la delicatezza trepidante.

Quante volte la Natività è stata dipinta e quante volte lo sarà ancora. Ma la visione che ne offre Caravaggio contiene un’aderenza all’umiltà e alla semplicità del racconto di Luca straordinaria. Egli le descrive filtrate dalla spiritualità francescana. San Francesco infatti è il santo, insieme a Gerolamo, che ha ritratto di più: almeno tre volte e questa Natività è stata dipinta proprio per una chiesa francescana. L’anno, il 1609, era per lui burrascoso. Stava fuggendo da Malta e da Siracusa, braccato dai Cavalieri.

Ma del dramma personale in questa tela, a differenza delle altre di quegli anni, non c’è traccia. Dentro una stalla, con le assi di legno e la paglia come le stalle di un tempo – segno di una civiltà contadina ormai scomparsa in Europa –, la Vergine sta seduta a terra, come nelle icone bizantine, in colloquio affettuoso con il bambino. Stupisce che quando Caravaggio dipinge Maria, la sua arte si apra ai toni della confidenza, dell’intimità con una vera finezza spirituale. Accade nelle Madonne col bambino, nelle Sette opere di misericordia a Napoli, nella Morte della Madonna a Parigi.

Il mistero della maternità gli fa ritrovare un incanto, una innocenza che in lui si direbbe perduta, ed invece giace in fondo al suo animo. Il gruppo della madre e del bambino, dai colori rosso fiamma e bianco-bruno, che si parlano senza parole, sta al centro della tela. Caravaggio “descrive” l’incarnazione come un rapporto d’amore tra questa donna e questo bambino. Poi, intorno i fedeli di allora e di oggi. Pastori dai volti rugosi, Giuseppe con il braccio alzato ad adorare, cosciente del mistero che vi si sta vivendo, e poi le cose – il cestello – e gli animali, anch’essi protagonisti di una rappresentazione sacra che, per quanto costruita “in studio”, non ha nulla di retorico e di devozionale.

Tutto è naturale, il colore è tenuto sui toni bassi dell’ocra, del marrone, del rosso ramato: le tinte delle cose povere. Come nelle altre tele siciliane, c’è uno spazio aperto, vasto, tra le figure e il tetto. Caravaggio dipinge anche l’atmosfera che vi respira. Ed è quella di una letizia serena, umile, che sfuma nelle ombre: esse pian piano portano alla luce le cose e le persone.

La tela così si fa realmente una “parola dipinta”, un commento visivo al brano evangelico.

Sembra che i pastori siano appena entrati e, con l’immediatezza della gente di campagna, abbiano avvertito il divino in quel gruppo di madre e figlio che si sfiorano e si guardano. Con una totale economia di mezzi, il pittore riesce a trasmettere la verità dei sentimenti, così perfettamente umani da rendere il soprannaturale vicino, percepibile.

Caravaggio infatti “parla” per accenni, suscitando luci su un filo di paglia, un angolo della greppia, il panno del cestello, fino alla diagonale sui volti di Maria e del bambino. Da loro, come da un riflettore, parte un lume bellissimo, che fa parlare di poesia e di quiete questo racconto.

La verità della vita che nasce, come sobriamente racconta Luca, si è fatta palpabile. Caravaggio l’ha capito e ce lo dice.

 

Roma, Camera dei deputati, fino al 31/1. Mercoledì e venerdì su prenotazione.

ufficiostampa@novellamirri.it (catalogo Skira)

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