La filosofia e Maria

Qual è il contributo specifico che la donna, in Maria, è chiamata a dare al pensare?
Giovani

Ho già parlato in varie occasioni del significato e del valore della percezione, filosoficamente intesa, che avviene ad opera di quella facoltà dell’anima – l’intelletto – ove ha sede la sapienza. Quando in essa si innesta la Sapienza divina, dono dello Spirito Santo, allora è raggiunta l’unità piena fra amore e intelligenza. Ed è raggiunto anche il vertice della filosofia.

È quindi l’intelligenza che mi da la percezione dell’essere, una percezione che può essere profondissima, ma, al tempo stesso, confusa. Sarà allora compito del pensiero portarla a livello cosciente e chiaro tramite la ragione discorsiva, che traduce sul piano temporale l’essere percepito.

Di fatto, tale processo razionale può rivelarsi talvolta limitante la stessa realtà colta, o causa di frammentazione dell’intuizione intellettuale avuta. Ciò avvalora la nostra convinzione che l’attività raziocinante altro non è che una forma di conoscenza utile per arrivare alla Sapienza, alla Verità, ma non la forma conoscitiva suprema e ultima.

Ora, se la donna appare più sovente incline ad una conoscenza di tipo intellettuale, ad intuire cioè l’essere nella sua verità, come per una propria vocazione intrinseca, essendo chiamata a generare all’essere trasmettendo la vita, è nell’uomo che più chiaramente domina l’inclinazione razionale. E ciò non è privo di significato per la filosofia, la cui veridicità è condizionata al fatto se si coglie l’essere delle cose oppure se se ne discorre soltanto; se se ne parla in modo conforme a ciò che è stato percepito oppure se ci si abbandona a un raziocinare vano, distaccato dall’essere.

 

In realtà, ripercorrendo la storia della filosofia, dalla fine del Medioevo, attraverso l’età moderna, illuminista e razionalista, fino all’idealismo e all’esistenzialismo contemporaneo, si nota, accanto ad un consistente approfondimento razionale delle questioni filosofiche fondamentali, un progressivo distacco dalla percezione profonda dell’essere, come da qualcosa di vivo e di vitale.

Quale la ragione di tutto ciò?

Penso di individuarla nel fatto che nell’umanità è venuta a mancare la presenza di Maria. E intendo riferirmi non soltanto alla presenza spirituale di lei, né tanto meno, in senso traslato, alla presenza femminile, di fatto non registrabile sugli scenari della storia del pensiero. Intendo piuttosto riferirmi ad una presenza metafisica mariana, l’unica che, a mio avviso, è capace di far sì che avvenga il congiungimento fra la parola e la realtà.

Sono perciò convinto che sarà una tale presenza a ricondurre vitalmente il pensiero, privo dell’essere e che è al di fuori e al di là dell’essere, alla percezione dell’essere, alla realtà. E ciò segnerà un ritorno all’esistenza che è pensiero, un ritorno, quindi, al vero filosofare.

Questo mi sembra lo specifico contributo mariano, affidato in modo precipuo alla donna, che ella riuscirà a dare quando, essendo Maria, esprimerà il Verbo; in termini filosofici: quando esprimerà il pensiero dell’essere che è.

Ma, ad un livello più vasto, mi sembra che questo sia anche il contributo che l’Opera di Maria, nel suo insieme, è chiamata a dare.

Ad essa, che «desidera essere – per quanto è possibile – una presenza» di Maria «sulla terra e quasi una continuazione» di lei, operare l’auspicato rinnovamento profondo di tutto il pensiero e, in particolare, della filosofia. (fine)

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