La festa di Vesak nel mondo buddhista

Vesak

In questi giorni molti fedeli del Buddha festeggiano la loro festa più significativa e sentita: Vesak o Wesak. Si tratta di un derivato da Vaisakha, denominazione in sanscrito del secondo mese del calendario hindu e buddhista. È una festività orientale molto antica che appartiene alla tradizione buddista, ma la sua grande Benedizione è destinata a tutta l’umanità.

 

Corrispondono al Vesak anche le Feste di Hanamatsuri o Festival dei Fiori, che viene celebrato in Giappone l’8 Aprile, durante il quale si festeggia la nascita del Buddha, ed il Buddha’s Birthday, festa pubblica celebrata ad Hong Kong, Macao e nella Corea del Sud, l’ottavo giorno del quarto mese lunare secondo il calendario cinese.

 

La Tradizione indiana narra che cinquecento anni a.C., il principe Gautama Siddharta raggiunge il massimo dell’illuminazione divenendo così un Buddha,cioè un risvegliato, liberato dalla necessità di tornare a incarnarsi ancora sulla Terra.

 

Il Buddha, muore nell’anno 483 a. C., nel mese di Wesak (maggio), nella notte del plenilunio. Raggiunge la soglia del Nirvana, il Luogo della grande Liberazione, una volta varcata quella soglia, sarà libero dal doloroso ciclo della rinascita e della morte, si troverà immerso nella luce e nella beatitudine eterna.

 

Mentre sta per varcare quella fatidica soglia, il Buddha si arresta, si volge all’indietro e guarda il genere umano sul pianeta che ha appena abbandonato. Vede tutti gli esseri sofferenti, malati, esposti alla violenza della natura e dei loro stessi simili, e il suo cuore compassionevole prova pietà.

 

Su quella soglia di beatitudine il Buddha si ferma, non ha il coraggio di proseguire e formula il solenne giuramento: “Ogni anno, nel momento esatto in cui si forma il plenilunio nella Costellazione del Toro, tornerà sulla Terra a portare la Sua benedizione, la sua mano tesa per aiutare ed incoraggiare l’evoluzione spirituale dell’umanità”.

 

Nella tradizione Theravada, nel giorno di luna piena del mese di Vesak, si festeggiano i tre eventi più importanti della vita del Buddha: la nascita del Buddha come principe Siddharta a Lumbini in Kapilavatthu, l’asceta Gotama Siddharta realizza l’Illuminazione Completa a Bodhgaya seduto sotto l’albero della Bodhi e la morte del Buddha (Parinibbana) a Kusinara.

 

Anche quest’anno come ormai accade da decenni, il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha inviato un messaggio di auguri ai buddhisti del mondo, senza alcuna distinzione fra le diverse tradizioni: Theravada nel sud est asiatico, Mahayana nell’Estremo Oriente e Tibetana nel sub-continente indiano ed in molti Paesi dell’occidente.

 

Il Card. Jean-Louis Tauran, che ha firmato il documento, ha preso spunto dal Messaggio che papa Francesco aveva inviato il primo gennaio 2015 in occasione della Giornata Mondiale per la pace. “Non più schiavi, ma fratelli e sorelle” era il titolo della lettera scritta da papa Bergoglio in quella occasione. Il papa ha sottolineato con chiarezza come siano ancora presenti nell’umanità forme inaudite di schiavitù.

 

Infatti, “sebbene la schiavitù sia stata ufficialmente abolita in tutto il mondo, ci sono ancora “milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – [che] vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”.

 

Ci sono esempi drammatici di sopravvivenza di questo crimine: “uomini, donne e bambini lavoratori; migranti che subiscono abusi fisici, emotivi e sessuali e sono soggetti a condizioni di lavoro vergognose; persone, molte delle quali minorenni, costrette alla prostituzione e alla schiavitù sessuale, maschile e femminile; persone sequestrate dai terroristi e costrette a combattere, per non parlare di quelli che sono torturati, mutilati o uccisi.”

 

Proprio per combattere questa piaga, il card. Tauran fa appello al cuore e all’impegno dei buddhisti. “Cari amici, condividiamo la convinzione che la schiavitù moderna e il traffico di esseri umani sono crimini gravi, ferite aperte sul corpo della società contemporanea. In una sezione dell’Ottuplice sentiero – e cioè La retta vita – il Buddha dichiara che il commercio di esseri viventi, compresi schiavi e prostitute, è una delle cinque occupazioni nelle quali non ci si deve impegnare (AN 5,177). Egli insegna a procacciarsi i beni pacificamente, con onestà e con mezzi legali, senza coercizione, violenza né inganno, e con mezzi che non provochino danni o sofferenze (cfr. AN 4,47; 5,41; 8,54). In questo modo, il buddismo promuove il rispetto per la vita e la libertà di ogni persona.”

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