La felicità

«Ho letto con interesse il suo articolo sul successo (Città Nuova n. 11/11); potrebbe dire qualcosa anche sulla felicità?».  Tiziana ‑ Genova
Giovani

«Ho letto con interesse il suo articolo sul successo (Città Nuova n. 11/11); potrebbe dire qualcosa anche sulla felicità?».

 Tiziana ‑ Genova

 

In un esperimento condotto dalla State University di New York, veniva chiesto a dei soggetti di completare la frase: «Sono contento di non essere…». Dopo avere ripetuto questo esercizio cinque volte, più del novanta per cento dei soggetti sperimentò un chiaro aumento della sensazione di soddisfazione personale. All’uscita si dimostrarono più amabili, collaborativi e solidali tra loro, anche con alcuni sconosciuti, che aiutarono spontaneamente. Un paio d’ore dopo, gli sperimentatori invitarono lo stesso gruppo a completare la frase opposta: «Mi piacerebbe essere…». Stavolta i soggetti ne uscirono più insoddisfatti della loro vita.

 

Spesso trasciniamo la nostra vita dietro frasi tipo: «Mi manca questo. Quello mi è dovuto. Nessuno mi ama. Nessuno pensa a me». Ecco ciò che si sente dire ovunque; ma non è con questo genere di lamentele e di pretese che gli esseri umani faranno giungere la felicità: al contrario, in questo modo si preparano un’esistenza di delusioni e di sofferenze.

In fondo si tratta di riconoscere ciò che è, di imparare a dire di sì alla realtà e di accoglierla senza inutili e sterili resistenze, facendo ciò che disse una volta lo psicanalista Jung: «Fu solo dopo la malattia che capii quanto fosse importante dir di sì al destino. In tal modo forgiamo un “io” che non si spezza quando accadono cose incomprensibili; un “io” che regge, che sopporta la verità, e che è capace di far fronte al mondo e al destino». Il fatto che a tutti accadono cose non belle è evidente, ma ancora più evidente è il constatare che a tutti mancano sempre certe cose; però, se proviamo a dire a noi stessi che ce ne mancheranno sempre e persevereremo in un atteggiamento negativo, ce ne mancheranno ancora di più.

 

Allora si tratta di dimenticare per un momento quello che ci manca e rallegrarci di quello che si ha, proprio perché la felicità è il desiderare ciò che si è ottenuto, al contrario del successo che è l’ottenere ciò che si è desiderato. E come dice un saggio orientale: «Quando si ha la possibilità di abbracciare l’universo intero col pensiero, e di comunicare con tutte le creature luminose che lo popolano, cosa occorre ancora per comprendere che si è ricchi e appagati, e che si possono anche aiutare gli altri? Finché non vi verrà l’idea di rendere felici gli altri, voi stessi non sarete mai felici».

 

Non a caso uno dei motivi più frequenti dei fallimenti matrimoniali è quello di sposarsi cercando di far felici sé stessi mentre bisognerebbe farlo per far felice l’altro/a.

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