La fatica di crescere

La capacità di rinnovarsi è importante per ogni persona e quando si interrompe si può ricorrere all’aiuto psicoterapeutico per ripristinarne la funzionalità.
Una famiglia

Ricordo più di una paziente che, durante i nostri appuntamenti, pian piano ha scoperto quanto immobilismo ci fosse nella sua vita, apparentemente così piena di tante cose da fare, con il suo continuare ad essere accondiscendente con i genitori nonostante vivesse oramai da sola e avesse un lavoro. Bastava ritornare a casa per il pranzo settimanale o per una vacanza o durante le feste e sentiva il dover di rivestire i panni della ragazzina, figlia, compiacente. Il gioco era facile e sempre lo stesso: una volta entrati in casa si doveva far finta che tutto il mondo fuori non esistesse e che lei fosse ancora la loro bambina. Una volta fuori dalla porta di casa dei genitori, il gioco sarebbe finito e lei avrebbe ripreso la “sua” vita.

È la storia di molti giovani che si costringono ad una consapevole doppia identità quando non si tratta invece di un inconsapevole falso sé, pur di non dover misurarsi con le emozioni e la forza di affermare la propria identità.

Una donna simbolizzò questo processo con questa frase: «Quando torno a casa loro, indosso sempre gli stessi abiti, quello con cui tutti in paese mi riconoscono». E pur nella consapevolezza di stare stretti in quella situazione, nel desiderio di voler essere sé stessi, liberi da uno schema a cui si sente l’obbligo di dover partecipare, c’è un dolore che è lo stesso del bruco che si sta per trasformare in farfalla. «Sembra come se una parte di me debba morire e questo mi è difficile e doloroso», diceva una giovane ragazza nel pieno di questa fase della differenziazione e dell’individuazione. Quella, cioé, dell’ultimo periodo dell’adolescenza, che si conclude con l’avvio della fase adulta. È attraverso di essa che ci si può riconoscere pienamente se stessi. È una fase in cui l’obiettivo è scoprirsi come esseri unici ed irripetibili, consapevoli della propria forza interna, e per raggiungerlo sono necessari permessi interni e permessi genitoriali.

Il raggiungimento di questo obiettivo è accompagnato da piccole, naturali e momentanee delusioni che possono essere più o meno grandi a seconda del grado di vulnerabilità presente nella relazione genitore-figlio. Ad es. il figlio rifiuta un regalo o una indicazione che non corrisponde più al suo gusto che cambia, oppure esprime idee, modi di fare e bisogni totalmente diversi da quelli che il genitore gli attribuiva e si sarebbe aspettato.

Quando il grado di vulnerabilità della relazione, per vari motivi, è alto, può accadere che per non provare dolore nel veder soffrire i genitori, e credendo di dover continuare ad “ubbidire”, alcuni figli rinunciano ad attraversare questa fase. Così facendo non misurano la loro forza interiore e finiscono per pensarsi deboli e inadatti: né bravi figli realizzati come mamma e papà (e la società) desidererebbero, né se stessi fino in fondo, né abbastanza adulti nonostante una vita apparentemente autonoma.

Cosa accade generalmente a chi resta immobilizzato in questa fase? Molti di essi finiscono per restare single e mettono in dubbio la fondatezza del desiderio di avere una relazione. Molti altri cercano relazioni in cui non devono mai fino in fondo definirsi e dunque assumere un ruolo, delle responsabilità e compiere delle scelte. Quando arriva il momento in cui è necessario farlo, trovano il modo di scappare dalla relazione con mille giustificazioni.

Alcuni entrano in una relazione di coppia dove molto del loro ruolo è delegato all’altro (è l’altro che risponde al proprio posto, è l’altro che fa, gestisce e dispone e non è necessario l’essere almeno messi al corrente perch: “Mi fido di come lo fa!”). Una relazione di coppia in cui uno dei due partner non ha completato la fase della differenziazione è molto esposta alle interferenze della famiglia di origine o allo scoppio improvviso del partner che subisce l’eccesso di delega.

La presenza del partner, a sua volta, spesso è l’occasione-stimolo per completare quei processi di separazione e individuazione dal nucleo della famiglia di origine che non erano del tutto conclusi. Ed è proprio in questo spaccato che spesso trovano l’incipit le problematiche tra partner e famiglia di origine.

Il processo che accompagna lo sviluppo di una maturità affettiva, cosa ben diversa dall’autonomia, è lento e risente di numerose variabili, alcune legate alle circostanze di vita di cui non abbiamo fatto alcuna menzione in questo articolo. Esso ha anche i suoi risvolti nella vita futura della persona. Ed è la vita stessa che mostra a ciascuno quando è arrivato il momento di mettere mano ad alcuni aspetti di sé. Un tempo che necessariamente dovrebbe essere di riconciliazione con la propria storia.

 

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