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Interviste > Chiesa cattolica

La famiglia di chi non ha più famiglia

di Giulio Meazzini

Giulio Meazzini, autore di Città Nuova

Intervista a Massimo Monzio Compagnoni sul contributo che la Chiesa offre alla società italiana attraverso i fondi dell’Otto per mille

Massimo Monzio Compagnoni (foto Marco Calvarese)

Massimo Monzio Compagnoni è un laico che ha scelto di mettere al servizio della Chiesa le competenze professionali che ha sviluppato in una vita di lavoro. In pratica, nella seconda fase della sua vita ha scoperto la bellezza di poter far coincidere i propri valori con l’attività che svolge, quindi di mettere a disposizione della Chiesa cattolica i propri valori, quello che ha imparato nella vita.

Riassumiamo brevemente queste competenze professionali…

Ho iniziato in un’azienda di consulenza, passando dal marketing strategico alla riorganizzazione aziendale, all’analisi dei dati e dei bilanci, fino alle strategie per i media. Successivamente sono entrato in un grande editore italiano, poi in una multinazionale americana dell’editoria. Siccome avevo il pallino dell’innovazione, ho lanciato anche una startup e poi l’ho venduta. Alla fine, sono arrivato alla Chiesa cattolica perché volevo restituire quello che la vita mi aveva dato, visto che sono stato fortunato. Adesso mi piace l’idea di essere al servizio di qualcosa di importante.

Quest’anno ricorrono i quarant’anni da quando è stata istituita, per i contribuenti italiani, la possibilità di devolvere l’8 per mille del proprio reddito. Quale bilancio si può fare?

Per la Chiesa cattolica è il bilancio di una presenza, nella società italiana, prima di tutto per un servizio di tipo spirituale, molto importante in un mondo in cui ansia, solitudine e smarrimento stanno crescendo. La Chiesa ti offre una presenza, un ascolto, un accompagnamento umano e spirituale, accessibile a tutti, credenti e non credenti. Una presenza che dura da secoli e secoli, nella storia.

Poi c’è anche la parte dei servizi…

Le differenze sociali oggi stanno crescendo. Quindi il ruolo della Chiesa sembra diventare sempre più importante perché le persone non sono più in grado di ottenere quello che prima era considerato il minimo indispensabile, tipo la sanità in tempi adeguati e così via. Avere la Chiesa che fa anche welfare, quanto vale? Tantissimo secondo me, e la gente non se ne rende conto finché non ne ha bisogno.

Normalmente si pensa che la Caritas distribuisca solo panini, invece lei parla di sanità…

Faccio un esempio, l’ambulatorio polifunzionale della Caritas diocesana di Cagliari. Servizio totalmente gratuito, sostenuto da 70 volontari fra medici, odontoiatri, infermieri, farmacisti e amministrativi che garantiscono visite di medicina generale e 18 specialità. Nel 2025 hanno erogato 1.700 prestazioni mediche per circa 600 persone fra italiani e stranieri. In tutta Italia quest’anno siamo arrivati a 5 milioni di interventi della Caritas per beni e servizi, materiali, distribuzione, cibo, mense, empori, alloggio e ascolto.

I servizi sono assicurati da laici, volontari e professionisti?

Anche i professionisti sono volontari. Forniamo sostegno socio-assistenziale, affidamento familiare, sostegno socio-educativo e assistenza domiciliare. Socio-educativo vuol dire che vengono aiutate le persone nel reinserimento nella società, nel mondo del lavoro e così via, perché dare un aiuto non significa soltanto offrire un panino, ma anche cercare di riportare le persone a vivere una vita normale, che siano italiani o no. Ci sono tanti italiani nel bisogno, ormai la sanità è quella che è. E poi forniamo anche orientamento, consulenze, tutela sui diritti e così via. Infine formazione, cioè la scuola, che è un mondo. In totale 5 milioni di interventi. In quarant’anni la Chiesa ha riportato nel territorio 30 miliardi di euro, tasse pagate che, grazie ai servizi che la Chiesa offre, sono rientrati tipicamente nel territorio. Lo Stato dovrebbe riconoscere il valore dell’aiuto immediato che offre la Chiesa, la quale diventa la famiglia di chi non ha più famiglia. Quando non hai, non trovi, sei da solo, dove vai? Una porta aperta, che diventa la tua famiglia, molto spesso è la Chiesa.

Non una burocrazia, ma una famiglia…

Esatto. Questa è la logica con cui la Chiesa ha operato in tutti questi anni. E in modo silenzioso. Perché la modalità di operare della Chiesa è fare senza raccontare.

Questa presenza dà fastidio a qualcuno?

Qualcuno che magari vorrebbe eliminare la Chiesa per altre ragioni, cerca di eliminare l’Otto per mille perché è il sistema che la rende autonoma. Nell’ultima versione della legge che gestisce l’Otto per mille, si permette a chi firma per lo Stato di definire anche la destinazione dei fondi compresa l’edilizia scolastica. Come se l’edilizia scolastica non fosse già coperta dai 1000 miliardi di euro che lo Stato incamera dalle tasse complessive. E devi pescare nel miliardo e mezzo destinato alle chiese…

Com’è cambiata la percezione della gente sull’Otto per mille?

Stiamo lavorando per migliorare l’immagine della Chiesa e del suo operato, comunicando in modo più efficace cosa fa, oltre alle cifre che vengono spese per le singole attività. Stiamo cercando di abbattere i luoghi comuni, molto diffusi anche fra i cattolici: per esempio che i sacerdoti vengono pagati dal Vaticano, che la Chiesa è ricca, che la Chiesa non paga le tasse… C’è un bel video di Paolo Pagliaro, un giornalista con una grande capacità di sintesi, che parla proprio di questo tema. La Chiesa paga le tasse come tutti. Poi, come fanno i partiti, i sindacati, le altre istituzioni, non paga le tasse su quegli spazi che vengono dedicati al servizio pubblico, cioè le chiese, gli oratori e così via. Ma se ha appartamenti che generano ricavi commerciali, paga le tasse. Qualcuno vorrebbe farle pagare anche su chiese e basiliche, che non generano redditi, anzi hanno un costo di manutenzione. Per non parlare delle opere d’arte, che tanto successo hanno con i turisti. Chi guadagna dai turisti? Non la Chiesa, perché l’accesso alle chiese è gratuito, salvo pochissime.

Ha un messaggio finale per chi ci legge?

Per i credenti vorrei risottolineare che le uniche entrate che ha a disposizione la Chiesa sono quelle fornite dalla sua comunità. Cioè la Chiesa vive di quanto la comunità le dà. Se è tanto ridistribuisce tanto, se è poco ridistribuisce poco. La comunità contribuisce con la questua domenicale e con l’Otto per mille, che non costa niente al contribuente perché sono tasse già pagate. Questo è il primo messaggio che darei, visto che il 45% dei praticanti, quelli che vanno a messa tutte le domeniche, non firma per varie ragioni, mentre avrebbe il diritto di farlo. Tutti hanno il diritto di firmare anche se uno è in pensione.

E ai non cattolici?

Direi che la Chiesa è per tutti. Se dovessero aver bisogno, la Chiesa c’è, è aperta, è una famiglia per tutti. Firmare per l’Otto per mille significa dare a tutti la possibilità di esprimere la propria fede, e in secondo luogo avere un aiuto, qualcuno che è pronto a sostenerti nel momento del bisogno, sempre.

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