Là dove si può sbagliare

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Brasilia. L’ultimo scandalo è venuto alla luce su Internet, dove – per volere del presidente in persona – vengono pubblicate in tempo reale, o quasi, le spese sostenute dai dipendenti dello Stato con carte di credito pubbliche. S’è così scoperto che un ministro le ha usate per le vacanze, un deputato per spesucce personali, una senatrice per un vestito firmato. Fatti oggettivamente gravi. Ma non c’è da scandalizzarsi, non tanto perché si tratta di reati modesti, quanto perché sono messi in evidenza proprio da uno strumento di trasparenza introdotto dopo la stagione degli scandali di qualche anno fa. Grandi potenzialità Uno scandalo, l’ultimo, che sembra emblematico di un Paese enorme (grande 28 volte l’Italia per più di 160 milioni di abitanti) che, senza grande strepito, sta scalando posizioni, proponendo una democrazia ricca di una partecipazione dei cittadini inusuale per i nostri standard europei, e che ha non poche implicazioni economiche: il Brasile è ormai la dodicesima economia mondiale. Anche se se ne parla infinitamente meno di Cina e India. Eppure basterebbe atterrare nel piccolo e pericoloso aeroporto di Congonhas, in pieno centro di San Paolo, per intuire la dinamicità della economia brasiliana; si sfiorano selve di grattacieli, ma anche distese di fabbriche, dopo campi senza fine di granturco, soia e canna da zucchero. Creatività e partecipazione si notano soprattutto nell’agone politico, a cominciare ovviamente dal Parlamento a Brasilia: un formicaio. Vi può entrare chiunque, giornalisti, accademici o semplici cittadini. La democrazia brasilia- na, spesso criticata, ha saputo creare meccanismi di trasparenza che la rendono promettente: tutte le sedute del Parlamento sono pubbliche e ogni parola pronunciata negli emicicli di Camera e Senato viene pubblicata su Internet. La fantasia e la voglia di partecipare del popolo – popolo meticcio per eccellenza – si esprimono anche nelle innumerevoli iniziative sociali promosse da enti pubblici e privati, dalla Chiesa, da filantropi. Questa volta mi capita di visitarne alcune: ad esempio a Itapetininga, tre ore dalla metropoli paulista, dove sorge un’opera iniziata da padre José Sometti, che in pochi anni è riuscito a creare una dozzina di centri di recupero di piccoli abbandonati, di drogati, di gente depressa. Oggi vi vengono curati circa 500 bambini e adolescenti, e migliaia sono gli adulti soccorsi. Così, dal nulla. Un simbolo e un pungolo, visto che nella regione quindici centri analoghi hanno poi visto la luce in pochi mesi. Anche alla Conferenza mondiale sullo sviluppo delle città, a Porto Alegre, uno dei centri più europei del Brasile, si respira aria di creatività e partecipazione. Dopo il Social Forum – discusso perché sbilanciato su posizioni noglobal -, l’assemblea organizzata dal sindaco locale (di centro tendente alla destra) e dal sindaco di Roma (assente per le lontanissime vicende politiche italo-italiane) mostra che la creatività mondializzata è trasversale alla politica. Basta che una città si metta in moto perché mille altre la seguano. Non lo facciamo per dare visibilità alla municipalità – mi dice il sindaco Fogaça, già noto cantante -, ma perché i problemi miei sono quelli di Roma, Mumbai e Tokyo. Pensare solo brasiliano è pericoloso. Bisogna trovare soluzioni alle nostre città congestionate . Una serie di problemi La sorpresa del giornalista di fronte alla creatività e alla partecipazione brasiliane non è nuova. Il Brasile ha un innegabile fascino che non cala col tempo. E sta proprio qui il segreto di questo Paese che trae risorse sempre nuove dal suo bagaglio: sa sorprendere. L’effervescenza riscontrata, ovviamente, non riesce a nascondere gli enormi problemi di una repubblica che vive di contraddizioni. Luiz Inácio Lula da Silva, presidente operaio, nella sua prima elezione del 2002 aveva suscitato enormi aspettative popolari. Ora è criticato da sinistra perché avrebbe abbandonato la purezza delle sue idee piegandosi al volere di capitale e lobby. E criticato da destra perché avrebbe abbandonato il ceto medio, quello che meno beneficia della crescita elevata della ricchezza, da anni più del 4 per cento. Le favelas non sono peraltro scomparse, magari sono state spostate più lontano dal centro delle città principali: a San Paolo quelle nuove sorgono anche a 40-50 chilometri dal centro e sono meno durature, ma non cessano di oscurare la giustizia distributiva. Non poca gente è stata tirata fuori dalla miseria e negli ultimi mesi la creazione di posti di lavoro è ripresa; ma la povertà resta evidente e ogni angolo che si rende libero in una città è oggetto di una gara sul tempo tra poveri e caterpillar. Il panorama mediatico è pure in ebollizione e fa la sua parte, visto che di schermi tv se ne vedono ovunque, dalle baracche più misere alle megastrutture commerciali che sparano immagini a raffica. Crescono le reti di telepredicatori evangelisti dalla scarsa trasparenza finanziaria (vedi la tv della Chiesa universale che è riuscita a intaccare il dominio della Globo), mentre il sistema educativo è sconvolto dalla crescita imponente di istituti universitari privati poco affidabili. La Chiesa cattolica soffre di ciò, e non sempre riesce a reagire con tempismo. Mentre, mi spiega il prof. Ismar de Oliveira Soares, fervente propagatore della educomunicazione, ci accorgiamo ogni giorno di più che le sacche di esclusione sono enormi, e milioni di bambini rimangono ancora nell’ignoranza. Le sue azioni di inclusione (aggettivo di moda da queste parti) coinvolgono centinaia di migliaia di bambini e adolescenti in ambienti sfavorevoli: Ma è una goccia nel mare, ammette. Una chiave di lettura Per condensare in un’espressione l’oggi del Brasile, verrebbe allora da dire che questa partecipazione e questa creatività, pur nelle situazioni contraddittorie del Paese, sussistono perché c’è ancora libertà di… sbagliare. Noi europei abbiamo già tentato e sbagliato molto, troppo, e perciò non ci imbarchiamo più in avventure rischiose, che già sappiamo porterebbero a commettere degli errori. In Brasile non ancora. AL PARLAMENTO PIÙ BELLO DEL MONDO È certo il più originale al mondo, il Parlamento progettato da Oscar Niemeyer per un Brasile che già nel 1960 aveva l’ambizione di accedere al rango di potenza mondiale. Se ne conoscono le forme originali, che tuttavia stupiscono sempre: le due torri, l’aula della Camera concava e quella del Senato convessa, la prima espressione del popolo che la innalza al potere, la seconda simbolo del potere che ritorna al popolo. Una vita quasi sotterranea, perché così l’architetto aveva deciso con l’urbanista Costa. Ho appuntamento con tre parlamentari, due eletti nel partito del presidente – l’on. Luisa Erundina, pasionaria che viene dalla militanza sindacale, ora critica verso Lula, e l’on Nilson Mourão, più benevolo nei suoi confronti – assieme al sen. Marco Maciel, a lungo vicepresidente con Cardoso, di destra. Luisa Erundina argomenta la sua critica: Avevo condiviso la forte speranza di cambiamenti strutturali suscitata da Lula. La crisi morale non dovrebbe ora impedire tali cambiamenti, ma gli ideali sono spariti, perché i capitali nazionali e internazionali hanno avuto la meglio sulle riforme . Nilson Mourão, invece, difende Lula: Siamo la dodicesima economia al mondo, con un settore agricolo di grande dinamicità. Lula poteva scomparire dopo 90 giorni, ma c’è ancora. Certo, le riforme sono state graduali e la coalizione frena i cambiamenti strutturali. Ma in quattro anni 6 milioni di miseri hanno superato la soglia di povertà. Vi pare poco? Sulla corruzione s’è sbagliato, come prima, meno di prima. Ma ora c’è un sistema che evidenzia le infrazioni. Marco Maciel, ovviamente, difende l’operato del precedente presidente Cardoso, uomo di destra: Ha avuto il grande merito di stabilizzare la moneta e di incrementare i meccanismi democratici. Il suo Piano real, anche se penalizzante per certe categorie, ha dato stabilità alla nostra economia. C’era un’inflazione che arrivava all’86 per cento al mese! Pur criticando la politica di Lula, ondivaga e poco attenta al ceto medio, ha mantenuto la stabilità ottenuta, migliorando il processo di inclusione per salute, previdenza sociale e casa. Felici, più felici, i brasiliani? Luisa Erundina lo nega: I ricchi sì, i poveri no. Lula ha tirato fuori dalla miseria tanta gente, ma la povertà continua, non ci si emancipa e si vive dei sussidi . Nilson Mourão non è d’accordo: Le indagini di mercato danno un grande credito a Lula. Se si potesse candidare per un terzo mandato, vincerebbe. Cardoso in 4 anni aveva creato 700 mila posti di lavoro, Lula in un anno più di un milione. Gli interessi finanziari erano al 24 per cento, sono al 12. Certo, la disparità rimane: il 10 per cento superiore della popolazione possiede il 48 per cento della ricchezza, e il 10 per cento inferiore meno dell’1 per cento. Maciel affronta un altro problema: Diversamente dall’Europa, bisogna dare maggior peso ai partiti. Qui infatti si sceglie solo il singolo, che se cambia dieci volte casacca nella legislatura non riceve nessuna sanzione. È un fattore di clientelismo, di corruzione, di poca serietà della politica nel tratteggiare i valori a cui si crede. Tutti e tre i deputati sono cristiani e aderiscono al Movimento politico per l’unità (Focolari): Sì, i cristiani possono stare dappertutto, e noi lo dimostriamo, dice Maciel. E Luisa Erundina: La fraternità stenta a diventare categoria politica, ma a livello personale con politici dell’altra sponda siamo amici, fratelli. Nilson Mourão conclude: Si dice che un lungo cammino comincia col primo passo. Il movimento ci insegna convivenza, rispetto, tolleranza e solidarietà. Non potremmo riunirci con politici della parte avversa!.

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