La difficile vita del pendolare

Treni super affollati, sporchi e in ritardo. Viaggiare ogni giorno è un'impresa per chi deve raggiungere il posto di lavoro.
pendolari

«Ci vorrebbe una macchina fotografica, e mandare le foto ad un giornale», commenta un signora seduta sui gradini del vagone a 2 piani. All’improvviso mi sono ricordato che ce l’avevo una macchinetta, vecchia ma funzionante, in borsa. In piedi, nel corridoio bagnato del piano rialzato, pressato, sono riuscito a tirarla fuori e ho fatto tre o quattro foto. Il lampo del flash ha allertato qualcuno, accalcato in maniera indecente sul pianerottolo d’entrata: «Almeno ci potevi avvisare così facevamo un sorriso», commenta ironica una voce femminile. «Macchè sorriso, ho ribattuto io, se no va a finire che quelli pensano che siamo pure contenti!». «E certo che siamo contenti, ha risposto lei, se no perché andiamo a lavorà?». Risata sdrammatizzante di tanti che  stavolta hanno fatto pure fatica a salirci su questo treno, spingendo e pressando gente pressata. Siamo sul treno Nettuno-Roma, stazione di Aprilia ore 6,20 di martedì 30 novembre 2010.

 

Ma è stato così anche lunedì 29 novembre, giovedì scorso, l’altro venerdì: è ormai una scena che si ripete sempre più spesso. Da quest’anno salendo ad Aprilia, non si riesce a trovare più un posto a sedere, forse un posto, in piedi, solo per respirare, sul diretto per Roma che parte da Nettuno alle 5,50 e dovrebbe arrivare a Roma alle 6,50.  Per non parlare dei lievi (una decina di minuti) ma numerosi ritardi sistematici o dei corposi ritardi (anche un’ora ed un quarto) inspiegabili. Però il pendolare-modello riacquista tutta la sua serenità, quando arriva l’immancabile annuncio rassicurante: «Ci scusiamo per l’attesa» e per questo Trenitalia si affretta ad annunciarlo agli altoparlanti.

 

Eppure il comitato dei pendolari Roma-Nettuno aveva chiesto al delegato di Trenitalia che al mattino presto non circolasse il Vivalto, treno nuovo sì, ma molto meno capiente di quello tradizionale, visto che la popolazione è cresciuta notevolemente, mentre i servizi  sono rimasti bloccati da dieci anni.  Ma la dirigenza di Trenitalia non ci sente, sembra lo faccia apposta ad esasperare i pendolari, forse perché, tutti pensano sotto i berretti di lana, hanno iniziato la classaction,  un’azione legale collettiva verso un servizio pubblico che ‘non serve’, non perché inutile, ma perché non riesce o non vuole  servire decentemente, adeguatamente, dignitosamente come dovrebbe. Vittime le le migliaia di pendolari che ogni giorno devono raggiungere Roma per lavoro. La classaction serve a ‘dare una svegliata’ al servizio pubblico per mettere un freno all’umiliazione degli utenti, a  migliorare le condizioni del trasporto, la qual cosa dovrebbe alla lunga favorire anche i ‘signori’ responsabili di Trenitalia e a rimuovere gli innumerevoli  disservizi  (pulizia approssimativa, puntualità ‘fantasma’, controlli inesistenti…). E questo non è proprio «cos e niente». E poi, da «cos e niente’ a’cos e niente» – direbbe Eduardo De Filippo – anche noi siamo diventati ‘cos e niente’. Speriamo di no, ma almeno  per non arrivarci subito.

                                                                                                                                                                               

 

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