La giusta distanza con genitori e suoceri

Come conciliare nei primi anni di vita di coppia, la tutela del proprio nucleo familiare e il rapporto con il nucleo d’origine? Quanta distanza e quanta vicinanza è importante avere?  

Toc toc. Il suono dalla porta rimbomba. Toc toc. Insistono. Giada e Marco sono distrutti, giacciono sul divano imbambolati davanti alla tv, hanno da poco finito di preparare la cena e sebbene siano rientrati a lavoro solo da poche settimane, il viaggio di nozze sembra un ricordo ormai lontano.

Giada si alza per andare ad aprire. Il nervosismo le sale già alla testa “Perché mia madre non impara a chiamare prima di presentarsi direttamente alla porta?” si chiede tra sé e sé irritata e combattuta tra l’arrabbiarsi per tale invadenza ed il cercare di mantenere la calma.

Apre. I genitori sono lì con due bei pesci freschi appena acquistati “vogliamo mangiarli insieme? li abbiamo appena comprati” chiede la mamma con gli occhi pieni di ingenuità ed entusiasmo.

Il proposito di mantenere la calma di Giada fallisce, prende il sopravvento l’ira guidata anche dalla stanchezza, risponde a brutto muso che lei e Marco sono in grado di badare a loro stessi, che hanno già cucinato e che per cene future sarà bene organizzarsi per tempo.

I genitori dispiaciuti ed offesi vanno via. Giada ritorna in casa, è fiera per essere riuscita a difendere il suo nuovo nucleo da invasioni esterne ma, allo stesso tempo, prova un profondo dispiacere per aver aggredito due genitori armati tutto sommato di buone intenzioni.

Carl Whitaker (1990), uno dei più grandi psicologi esperto di relazioni, parla di una vera e propria danza tra due importanti elementi: l’appartenenza e la separazione. Da una parte mi unisco, appartengo ad un nucleo che è stato mio, un nucleo originario che mi ha dato la vita e mi ha formato come persona, e dall’altra mi separo da quel nucleo per riuscire ad appartenere ad una nuova famiglia, una nuova realtà più personale.

Ed è in questa danza che l’essere umano trova la sua ragione di esistere in un’ottica di ampliamento delle relazioni sociali che include nuovi legami senza recidere i vecchi. Ed è sempre in questa danza che diviene necessario tessere con cura dei confini chiari e flessibili intorno alla nuova famiglia che si è formata. Non strutturare confini rigidi attraverso barriere che isolano, allontanano e tagliano rapporti indispensabili e importanti nella vita di ogni persona. Strutturare, piuttosto, dei confini chiari, dei muri con una porta chiusa che è possibile aprire accogliendo gli altri con affetto e fiducia.

Con l’allontanamento di un figlio dalla famiglia d’origine, ogni ambiente va riorganizzato. Il figlio deve abituarsi a vivere da solo o con una nuova persona. I genitori allo stesso tempo devono riadattarsi alla nuova configurazione familiare e magari possono ritrovarsi come coppia da soli dopo tanti anni. Ognuno deve affrontare dei profondi cambiamenti identitari e di vita. In questo quadro è importante che genitori e figli si continuino a sostenere come hanno fatto in passato sperimentando però modi diversi. E’ necessario che ognuno rispetti gli spazi ed i tempi degli altri, definendo con delicatezza ma anche con decisione degli spazi propri in cui l’altro non può entrare, promuovendo allo stesso tempo, dei nuovi contesti di scambio, relazione e condivisione in cui poter continuare a sperimentarsi come famiglia.

Giada e Marco, ora sono quasi 70enni. Sono sposati da più di quarant’anni e raccontano con nitidezza quel momento in cui pur di difendere il loro nuovo nucleo familiare si sono battuti quasi con violenza contro dei genitori ritenuti particolarmente invadenti. A distanza di tanti anni, sorridono con affetto verso quei gesti che a quell’epoca non capivano.

Hanno faticato nel riuscire a trovare un equilibrio tra il definire uno spazio proprio e l’ essere accoglienti, allargando tale spazio anche alla famiglia di origine. Forse ce l’hanno fatta, forse no. Ognuno ha il suo percorso e la sua danza. A ciascuno il compito di cominciare a compiere i primi passi.

 

 

 

 

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