“La Creazione” di Haydn

Roma, II Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra. Un’invidiabile serenità, e per tutta la vita. Per spiegare questa qualità di Franz Joseph Haydn oggi si scomoda l’ottimismo illuministico dell’epoca: può essere. Ma forse, riascoltando quel capolavoro che è La Creazione (Die Schöpfung, oratorio per soli coro e orchestra) la radice sembrerebbe piuttosto la (conquistata) coesistenza in lui di ispirazione artistica e fede religiosa. Per questo, si ha l’impressione che Haydn continui a vivere nel Paradiso terrestre, libero da ogni dolore o colpa. Di qui, per i quattromila stipati a San Paolo, un lungo, appagante momento di “riposo” fisico e spirituale, mentre i Wiener Philarmoniker interpretavano – senza routine o inutile estetismo – una pagina che è di repertorio, ma a cui la direzione acutissima di Nikolaus Harnocourt conferiva una veste nuova. Nuovi infatti sono apparsi momenti noti, come la descrizione iniziale del “caos”, lo scoppio “atomico” della luce creata, la dolcezza inebriante del “mattino” e poi i duetti pieni di grazia della prima coppia. Ma si potrebbero citare le innumerevoli preziosità dell’orchestra, il suono vellutato dei legni, quello “di seta” dei violini, gli armonici degli ottoni. Insomma, la fantasia del vecchio Haydn viene esaltata dai colori dei Wiener che sono grandi, sempre, non solo negli “eventi”, forse perché così duttili alle sollecitazioni di un direttore intelligente come Harnocourt. Delicatissimo il coro “Arnold Schonberg” nei suoi interventi salmodianti e assai intonati i solisti (Luba Orgonasova, Herbert Lippert, Gerald Filney) in una partitura che è luce e preghiera: conquistato il pubblico. Festival Nuova Consonanza. Markus Stockhausen, classe 1957, è figlio d’arte, ha dunque la sperimentazione nel sangue. Seguirlo per oltre un’ora di “improvvisazione” elettrizzante con tromba e flicorno è stato un viaggiare sul treno del futuro, in una esplorazione sonora per nulla narcisistica; anzi, guidata da un intelletto vigile e da un amore per orizzonti inesplorati, attento a “con-creare” col pubblico non tanto un’atmosfera quanto una diversa “realtà d’arte” di unità e distinzione fra le evoluzioni del suo strumento, le performance fantasiose del pianista Fabrizio Ottaviucci e l’ascolto “teleguidante” della sala. Idea questa presente anche nell’installazione audiovideo in tempo reale “The sound of Nasdaq” di Fabio Cifariello Ciardi nel foyer del Goethe-Institut dove si teneva il concerto. È musica o rumore o puro suono? Alternando sapientemente il “suono” degli Markus strumenti con il fruscio del “silenzio”, Stockhausen sembra veramente aprirsi ed aprirci ad una musica che tocca nuove profondità, assai più esigente di quella cui siamo abituati, ma molto ricca, e bella: resta nell’animo di chi l’ascolta, come una gioiosa sorpresa. Da far conoscere e amare. Lucio Dalla e l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Roma. Dalla è Pierino nella favoletta di Prokof’ev Pierino e il lupo, al Teatro Argentina. Un Lucio iperfantasioso, barocco quasi nella capacità mimetica di accompagnare, inventare, surclassare anche l’orchestra e la partitura stessa, già di per sé ricca di colori grotteschi, di ironia e di scherzo. L’orchestra, guidata con foga da Francesco La Vecchia (fin troppa, anche nella successiva Sinfonia Italiana di Mendelsshon, poco lieve) si è divertita a mimare voci e situazioni, correndo dietro al Lucio surreale. Pubblico folto e travolto.

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