La comunità “Nuovi Orizzonti”

Intervista a Chiara Amirante, fondatrice di questa realtà ecclesiale che da quasi 30 anni vive in mezzo al popolo della notte e della strada. Una risposta all’emergenza educativa dei nostri giorni.
Chiara Amirante

Carissima Chiara, abbiamo letto nella presentazione del libro Nuovi Orizzonti che questa avventura d’amore è iniziata nel 1991, quando hai deciso di recarti di notte alla Stazione Termini, per incontrare tanti giovani che avevano fatto della strada la loro casa. Cosa ti ha spinto a visitare il “popolo della notte”?

Ho iniziato recandomi di notte alla Stazione Termini nel 1991, spinta da un semplice desiderio: condividere la gioia dell’incontro con Cristo risorto, proprio con quei fratelli che erano più disperati. Non immaginavo davvero di incontrare un popolo così sterminato di giovani soli, emarginati, sfregiati nella profondità del cuore e della dignità, vittime dei terribili tentacoli di piovre infernali e della più infame delle schiavitù.

Ben presto mi sono resa conto che il popolo della strada si divide per lo più in due “mondi”: quello dei cosiddetti “barboni”, senza fissa dimora, poveri, immigrati (con tanti sogni nel cuore e in cerca di un lavoro dignitoso)… e quello che io chiamo “l’inferno della strada”: il mondo dello spaccio, della prostituzione, della devianza, della tossicodipendenza, dell’AIDS, della criminalità.

Per quanto riguarda il primo “mondo”, già allora erano previsti tutta una serie di interventi organizzati da numerosi gruppi di volontariato e dall’associazionismo religioso e laico, compresi dei turni serali per distribuire panini, bevande calde, a volte vestiario. Per il secondo “mondo”, invece, erano ben pochi coloro che osavano varcarne i confini e gli interventi erano pressoché nulli. Ho provato, con un certo timore e tremore, a entrare in punta di piedi nelle zone “calde” e subito sono rimasta impressionata dalla sete di amore, di verità, di pace, di Dio che ho trovato proprio in mezzo a “quell’inferno”.

Tu scrivi: “nel mio viaggio nel mondo della strada ho raccolto migliaia di lacrime che conservo ancora preziosamente nel mio cuore” e hai voluto accogliere questi giovani in una casa, perché “tutti coloro che si sentono disperati possano, grazie all’Amore, riscoprire la gioia e vivere un pezzetto di Cielo già su questa terra”. In che modo questi ragazzi fanno l’esperienza dell’Amore?

Molti di loro, sorpresi dalla presenza di una ragazza “normale”, di notte, in zone così pericolose, dopo aver condiviso con me qualcosa della loro storia piena di sofferenza e spesso di disperazione, mi dicevano: “Ora però raccontaci qualcosa di te. Che ci fa una ragazza come te qui in mezzo a noi? Non ti rendi conto di quanto sia pericoloso? Possibile che metti a rischio la tua vita per persone che neanche conosci? Ma chi te lo fa fare?…”. Con semplicità condividevo anch’io qualcosa della mia storia e di come l’incontro con Cristo risorto avesse sconvolto la mia esistenza: in Gesù avevo finalmente trovato la verità che ci rende liberi, la vita in abbondanza, la via per raggiungere quella pienezza di gioia e di pace a cui il mio cuore anelava.

La reazione era quasi sempre di sorpresa, curiosità e di incredibile apertura. Il leit motiv ricorrente era: “A dirti proprio la verità, io i preti, la Chiesa non è che li posso tanto vedere, però se la gioia che vedo nel tuo sguardo viene davvero da Gesù e se è lui che ti spinge a rischiare la tua vita per noi, parlaci un po’ di ‘sto Gesù!”. Così iniziavano a bombardarmi di domande. Il più delle volte questi incontri si concludevano con una richiesta accorata: “Portaci via da questo ‘inferno della strada’, vogliamo incontrare anche noi ‘questo’ Gesù che ha cambiato la tua vita!”.

Come hai risposto a questa richiesta?

Ero a Roma, nel cuore della cristianità, eppure non riuscivo a trovare un luogo dove portare questi nostri fratelli che avevano un bisogno disperato di essere accolti e di incontrare Gesù. Non vi so descrivere il dolore che ho provato. Tutte le comunità di accoglienza di cui ero a conoscenza (anche quelle fondate da sacerdoti) erano aconfessionali e con lunghi e complessi iter per riuscire a entrare. Ebbi ben presto la certezza che il vero problema dei tantissimi ragazzi incontrati per strada,di notte, il terribile male che accomunava il popolo “dell’inferno della strada” era per lo più la morte dell’anima. La Scrittura afferma con chiarezza che “il salario del peccato è la morte” (Rm 6, 23) e io toccavo con mano la drammaticità di questa verità. Tanti dei primi incontri con i nostri fratelli della strada hanno ferito e marchiato a fuoco in profondità il mio cuore.

Vyria, venduta dal fratello al crudele giro della prostituzione-schiavitù, rinchiusa in celle frigorifere, stuprata più volte e terrorizzata con sfregi e bruciature di sigarette, perché non scappasse. Maria che, a soli 17 anni, era stata costretta a bere più volte sangue di animali, a partecipare a messe nere e riti orgiastici con violenze abominevoli su bambini. 

Mauro, un bellissimo ragazzo moro, alto circa due metri, ma ridotto ad uno scheletro, perché consumato dalla droga e dall’AIDS, che mi disse: “Sai, sono vent’anni che vivo in strada e sei la prima persona che si ferma a chiedermi come sto senza un secondo fine”. Claudia, un’altra ragazzina di 16 anni, che per aver aiutato un’amica a scappare dal giro della prostituzione, ha visto questa sua stessa amica essere riempita di tagli ed essere poi data in pasto ai maiali.

Ogni volta che andavo in strada di notte si scolpiva con sempre maggiore forza nel mio cuore una certezza: solo l’incontro con colui che è venuto “a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare ai prigionieri la liberazione” (Is 61, 1; cf. Lc 4, 18), a donarci la gioia della risurrezione, avrebbe potuto ridonare la vita a questi fratelli nella morte.

Mi nacque così l’idea di una comunità di accoglienza, dove proporre come regola di vita il Vangelo. Naturalmente avevo mille timori, mi rendevo ben conto che per una ragazza di 27 anni, senza risorse economiche o professionali (sono laureata in Scienze Politiche), pensare di trovare una casa, per viverci con ragazzi di strada, considerati da tutti molto pericolosi, era un po’ una pazzia.

Però sapevo che “a Dio tutto è possibile” (Mt 19, 26; cf. Mc 9, 23 e 14, 36). Più volte, alla Stazione Termini, avevo avuto proprio l’impressione di ritrovarmi dinnanzi a una distesa di ossa inaridite e confesso che, per la mia piccola fede, non mi era affatto facile credere che quelle ossa avrebbero potuto tornare in vita.

Oggi voglio testimoniare di aver contemplato il meraviglioso miracolo dello Spirito che ha soffiato dai quattro venti su questi morti affinché rivivessero: “… lo Spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande e sterminato” (Ez 37, 10).

Cosa diresti a tanti giovani che hanno perso il senso e il gusto della vita?

Ai giovani di oggi direi che tutti abbiamo una grande sete di gioia, di pace, di unità, di amore, ma spesso ci illudiamo di poter raggiungere la felicità, lasciandoci ammaliare dalle tante seduzioni del mondo, ci svendiamo per paradisi artificiali a basso prezzo che imprigionano l’anima fino ad ucciderla. La grande notizia del cristianesimo è che il Signore della storia, il Signore della gloria è entrato nella storia, per dare un senso alla nostra storia! L’Emmanuel, il Dio-con-noi è venuto ad abitare in mezzo a noi, per dare risposta ai più profondi interrogativi del nostro cuore sempre inquieto.

Il Signore Gesù ci ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6). Solo se viviamo la sua Parola possiamo assaporare quella pienezza di vita e di gioia che Colui che ci ama immensamente è venuto a donarci. Gesù ci ha dato il segreto per vivere la pienezza della sua gioia già su questa terra: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 9-13).

Oggi più che mai accompagnare le nuove generazioni è diventato urgente e tante sono le proposte che vengono offerte ai giovani. Che cosa diresti tu, alla luce della tua esperienza, a coloro che vivono insieme con loro?

È urgentissimo evangelizzare, perché sono troppi i profeti di menzogna che con le loro seduzioni attirano una moltitudine di giovani e li spingono a percorrere vie che conducono alla morte. È urgente raggiungere i giovani là dove si trovano, tenendo presente che oggi più che mai i giovani non hanno bisogno di dotti predicatori, ma di testimoni che sappiano mostrare con un cuore traboccante di gioia, con un entusiasmo contagioso, le meraviglie che il Signore ha compiuto.

Il mondo sta morendo per mancanza di amore, è indispensabile che mettiamo un grandissimo impegno nell’annunziare con forza la verità, la meravigliosa notizia del Vangelo e nel portare l’abbraccio di misericordia e di tenerezza di Colui che così pazzamente ci ha amato a coloro che non hanno conosciuto l’amore. L’amore fa rifiorire la gioia di vivere nei deserti del mondo.

Gesù ci ha detto: “Amatevi come io vi ho amato”, e la misura di quel “come” è proprio la “discesa agli inferi”. Dobbiamo fare nostri gli inferi di tanti fratelli morti nell’anima. Solo nella misura in cui ci immergeremo nel baratro del cuore dei nostri fratelli, ameremo Gesù crocifisso in loro. E molti troveranno la vita, perché lui ha vinto il mondo. Vivere, incarnare, cantare, gridare con la vita il suo amore e la sua gioia, questa è la nostra vocazione di testimoni della gloria della risurrezione.

In questi anni ho visto migliaia di giovani passare dalla morte alla vita, grazie all’incontro con Cristo risorto, li ho visti percorrere le stesse strade, dove prima seminavano violenza, droga, prostituzione, morte, testimoniando invece con entusiasmo l’amore di Dio e Cristo via, verità e vita; ne ho visti tanti consacrare la loro vita a Cristo, per discendere con lui negli inferi di molti cuori e testimoniare la gioia della risurrezione … ma ne ho visti ancora troppi continuare a gridare e a volte morire nell’indifferenza dei più.

Le comunità di “Nuovi Orizzonti” sono sparse per l’Italia e anche all’estero, grazie alla collaborazione di persone generose che spendono la loro vita per questa causa, proprio in questo tempo in cui le vocazioni alla vita consacrata e sacerdotale sembrano esigue, soprattutto in Europa. Cosa spinge, secondo te, tanti giovani ad aderire alla vostra proposta?

Nel marzo del ‘94, nel più completo abbandono alla Provvidenza, è nata la prima Comunità “Nuovi Orizzonti” e davvero non avrei mai immaginato che in pochi anni sarebbe nata un’opera così grande! La risposta dei ragazzi alla proposta di vivere il Vangelo è stata davvero sorprendente ed entusiasmante. Quello che affascina è la possibilità di vivere il Vangelo alla lettera, nonostante le nostre povertà, le nostre incapacità: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Cor 1, 27), “è nella debolezza che manifesta la sua potenza!” (cf. 2 Cor 12, 9).

Da quella prima casetta (con materassi sparsi per terra, dappertutto, per accogliere il numero sempre crescente di giovani che bussavano alla porta della comunità), si sono moltiplicati, in Italia e all’estero, numerosi centri di accoglienza, équipe di strada, centri d’ascolto, missioni nei Paesi in via di sviluppo, centri per il reinserimento lavorativo, cooperative sociali, telefoni in aiuto, case di formazione per i consacrati e per i sacerdoti, gruppi di preghiera, spettacoli e musical, e le più svariate iniziative.

Gli stessi ragazzi accolti hanno subito sentito l’urgenza di impegnarsi in una pastorale di strada. 361 di loro hanno voluto consacrarsi con promesse di povertà, castità, obbedienza e gioia, col desiderio di far della loro vita un “grazie d’amore” all’amore di Dio e testimoniare che Cristo è venuto per donarci la “pienezza della sua gioia” (cf. Gv 17, 13).

In più di cinquantamila hanno voluto donare la loro vita a Gesù, per lasciarsi “arruolare” nel suo “esercito di Cavalieri della Luce” e prendere l’impegno di vivere il Vangelo alla lettera, con radicalità, senza mezze misure, per testimoniare la Buona Notizia con tutti i mezzi che la fantasia dell’amore ci suggerisce. Sono andate in onda 451 trasmissioni televisive (di cui 62 alla RAI) e 958 radiofoniche con testimonianze sul Vangelo. Sono stati realizzati numerosi spettacoli e due musical di evangelizzazione. 

Abbiamo sentito parlare di due vostre iniziative: le “missioni di strada” e “una luce nella notte”. Puoi dirci di cosa si tratta?

Dall’ordinario impegno nell’evangelizzazione di strada nelle località in cui siamo presenti, è nata l’idea delle “Missioni di strada”, nelle quali sono impegnati un’équipe stabile di 50-200 giovani “missionari” (molti dei quali provenienti dalla ‘vita di strada’) e numerosi volontari (quando possibile, in collaborazione con altre comunità, gruppi e realtà ecclesiali).

Scegliamo alcune zone particolarmente “calde” della città e per dieci giorni consecutivi visitiamo scuole, locali, pubs, discoteche, piazze, stazioni, centri commerciali, spiagge… contattando i giovani con colloqui, animazione di strada, spettacoli, musical, incontri, tavole rotonde, testimonianze, momenti di meditazione e preghiera, stands, work-shop.

“Una luce nella notte”, invece, avviene così: lasciamo le chiese aperte tutta la notte per l’adorazione eucaristica, in stile giovanile, invitando proprio i giovani dalle strade a entrare. L’entusiasmo e la gioia dei missionari è una forza coinvolgente, che suscita in molti giovani lo stupore, la curiosità, la speranza e spesso la decisione di cambiare vita o di intraprendere un cammino di ricerca spirituale.

Questa esperienza ci ha dato la possibilità di contemplare i miracoli della grazia: abbiamo visto le chiese puntualmente riempirsi di giovani di strada in ginocchio davanti al Santissimo, confessarsi dopo anni, ascoltare per ore in sacro silenzio le testimonianze, prendere la decisione di seguire Gesù con radicalità… Dall’altra ci siamo resi conto che l’SOS giovani è molto più allarmante di quanto le statistiche ufficiali danno a vedere, anche perché molti dei problemi che stanno letteralmente travolgendo gli adolescenti sono difficili da monitorare. 

E i giovani che frequentano le nostre scuole? Quale impressione ne hai avuto?

Abbiamo incontrato i giovani di quasi 200 scuole classe per classe e le problematiche che i ragazzi delle scuole pubbliche e private ci hanno presentato sono piuttosto inquietanti. Direi che l’85% degli adolescenti manifesta almeno uno dei sintomi preoccupanti che caratterizzano il mondo giovanile e della strada in senso lato: abuso di alcool, uso e abuso di sostanze stupefacenti (soprattutto canne e ecstasy), disagio e devianze a vari livelli, abusi nel campo della sessualità, anoressia e bulimia (soprattutto per le ragazze), forme depressive e disturbi caratteriali, frequentazione di sette di vario tipo, profonde ferite nell’affettività, seri problemi familiari, dipendenza da mass-media, videopoker, internet e videogames… E per questi sintomi verifichiamo una quasi totale assenza di interventi.

L’esperienza di questi anni, in cui ho vissuto giorno e notte con i ragazzi di strada, mi ha profondamente convinta che il terribile grido del “popolo della strada” necessita di un tipo di risposta ben diverso da quello di tipo assistenziale caritativo a cui siamo abituati.

Penso sia necessario accompagnare questi nostri fratelli in un lungo, doloroso e impegnativo cammino di guarigione interiore, con quell’amore che Cristo ci ha insegnato, un amore che non si accontenta di fare la carità, ma che si fa carico delle piaghe, della sofferenza, del grido, della disperazione, della morte del fratello … un amore che è pronto davvero a dare la vita!

 

 

 

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