La città sul monte e quella nella valle

Raccontare una città, piccola quanto si vuole, impegna a fondo tutte le qualità di un giornalista, perché non esiste un modo univoco per spiegare il convivere delle persone umane in un posto preciso. C’è l’approccio dell’urbanista, quello del fotografo, del sociologo o dello storico. Ma, ancor più penetrante, quello del mistico. Non so proprio quale di questi angoli di visuale scegliere quest’oggi per raccontarvi cos’è Loppiano. Mi consola il fatto di sapere che tanti lettori la conoscono già, e che una buona percentuale di essi l’hanno addirittura visitata. Ma l’imbarazzo resta. Permettete, allora, che la prenda da un punto di vista insolito: quello del politico, personaggio che nella realtà talvolta sale dal borgo di Incisa Valdarno verso le colline di Loppiano. Un politico che non va alla caccia di voti, ma che cerca di capire la società che si muove. Nel riquadro a pag. 14, potete leggere i commenti delle visite effettuate da due dei massimi tenori della politica italiana – Romano Prodi e Rocco Buttiglione, non a caso l’uno di centro- sinistra e l’altro di centro-destra -, a testimonianza di un interesse anche prettamente politico della cittadella dei Focolari, che in questi giorni festeggia il suo 40° compleanno, una cifra tonda di tutto rispetto. Già e non ancora Cosa vede il nostro politico salendo per la erta salita della Costarella verso la Pieve di San Vito? Che il nuovo coesiste col vecchio. Il che non è da poco per una cittadina che spegne le quaranta candeline di una storia ancora in piena evoluzione. Vede l’antico valorizzato (ad esempio la pieve dell’XI secolo) e il nuovo inserito armoniosamente nel contesto am- bientale (i vasti ma quasi invisibili laboratori artigianali). Vede abitazioni recenti (le casette prefabbricate) che si mescolano ad altre d’antica memoria (il grappolo di masserizie ristrutturate del Torrione). E pensa che uno dei compiti primi del politico locale è proprio quello di riuscire a far coesistere la memoria collettiva e le nuove aspirazioni delle persone. La storia sedimenta, e quarant’anni sono già una seppur breve storia. Vede poi gente coi libri stretti sotto le ascelle, che si dirige verso la propria scuola – studenti non solo anagraficamente giovani, ma anche con capelli bianchi e maturità da vendere -; e si dice che chi s’occupa di cosa pubblica sogna una città in cui la formazione sia continua, perché l’ignoranza è l’anticamera dei conflitti e delle incomprensioni. Il nostro ormai familiare politico che si fa domande non può non soffermarsi sui lavori di ampliamento del cimitero. Di questi tempi, si dice tra sé e sé, potrebbe anche essere un segno negativo, un’accettazione passiva del decadimento demografico della città. Poi passa tra le tombe fiorite, e scopre che poca della gente sepolta di recente è nata da quelle parti. L’immigrazione, quindi, è forte a Loppiano. E così la dinamica demografica, sia perché si notano giovani venuti a morire in questa landa, ma soprattutto perché in pochi momenti di permanenza ne ha già visti tanti di bambini a scorrazzare sulle loro biciclettine o sui monopattini. Mariapoli Renata Avanti, la visita prosegue. Svetta una forma insolita per la collina del Valdarno. Ecco la nuova chiesa, dedicata alla Madre di Dio, la Theotokos usando un termine greco che pure è foneticamente gradevole. Una forma insolita, certo, eppure piacevole alla vista, perché proseguimento voluto delle curve orografiche dei rilievi. C’è folla in visita al cantiere, che evidentemente sta per essere chiuso, offrendo alla cittadella un luogo di incontro e di meditazione. Quando mai la cultura e la civiltà italica hanno prodotto un centro urbanistico che non fosse centrato anche sul polo religioso della convivenza civile? Al suo interno un quadro e una tomba attirano l’attenzione del nostro visitatore. La sepoltura, una certa Renata, una donna di cui raccontano una vita di nascondimento e di impegno: dirigeva una scuola di giovani donne, da queste parti. Ne ha formate migliaia. Ora sono in giro per il mondo. Dicono di lei che non riu- scisse a non volere il bene dell’altro. Il suo sorriso lo testimonia. Può mai una città crescere e svilupparsi senza l’eroismo nascosto di chi vuole il bene comune? Senza gente che testimonia i valori in cui crede prima ancora di sbandierarli ai quattro venti? È questa Renata – di cognome Borlone – a dare il nome alla città. Mariapoli Renata, cioè la città della Madre di Dio dedicata a Renata. Questa chiesa dedicata a Maria, dove pure riposa il corpo delle focolarina, ora serva di Dio, sintetizza allora l’atto politico più significativo che sia, quello del dare un nome alla comunità. C’è poi un quadro, così diverso da ogni pietra e da ogni decorazione locale: viene dal Tamil Nadu, dal sud dell’India. Opera di un artista indù, rappresenta la Madre col Bambino. In un’epoca di globalizzazione e di incomprensione tra civiltà, il nostro politico si sorprende di tale presenza: le religioni non sono incompatibili le une con le altre? E si risponde che no, non lo sono, allorché la fede altrui viene vista come un arricchimento, e non come un necessario contraddittorio. Festa e lavoro, lavoro e festa È evidente, si preparano festeggiamenti in questa chiesa, ma anche nei suoi sotterranei, che accolgono sale e locali di vita comune, vita laica (guarda un po’, di solito nella convivenza cittadina la vita civile e quella religiosa sono antitetiche: qui no, sono distinte ma nel contempo vicine, contigue). E pure in tutta Loppiano si prepara la festa. Ghirlande e fiori e microfoni. Ma qualcosa di originale colpisce il nostro uomo politico: la festa pare coinvolgere la gente in un’opera collettiva, in una creazione partecipata che non sembra stereotipa, ripetitiva. Si inventano inni e coreografie e discorsi. Tra loro c’è un vecchio contadino, le sue mani callose non riescono a nasconderne il mestiere. Lavora lassù, verso Tracolle, a ripulire viti e a spremere grappoli, a raccogliere olive e a ricavarne olio sopraffino. E ci sono altre aziende, agricole o meno, quassù o nella valle, che vogliono addirittura portare la comunione nell’economia. La festa segue così il lavoro, come un suo frutto e come un nuovo stimolo ad esso. L’alternarsi dei ritmi dell’impegno e del riposo è una delle prerogative della politica, si dice il nostro visitatore: dal loro sano susseguirsi si riconosce una buona società. Così sembra accadere a Loppiano. L’alternarsi dei tempi, ma anche delle generazioni. Poco oltre la chiesa, oltre il fossato popolato di fagiani, un campo sportivo vede lo svolgimento di un’accanita partita di calcio, applaudita da ventenni e sessantenni. Fair play e allegria non difettano. Come far convivere giovani e meno giovani? Ecco una delle grandi questioni che ogni politico come si deve non può non te- nere presente dinanzi ai suoi occhi: anche qui a Loppiano ha visto muretti dove i ragazzi si riuniscono per scambiare quattro chiacchiere; anche qui ha scorto anziani passeggiare insieme lungo il crinale della collina; anche qui ha notato un parco giochi per bambini. La specificità di ogni generazione non viene frustrata, ma valorizzata dai momenti in comune, come attorno a questa palla di cuoio che corre e che s’arresta e che s’impenna. Immigrazione ed emigrazione Flussi migratori: espressione di assai dubbia bellezza letteraria, ma giornalisticamente efficace nel descrivere la condizione normale delle città. Anche a Loppiano il nostro politico s’accorge che ce ne sono, e forse anche più di quanto accada normalmente. C’è un monaco buddhista – orientale, non un nuovo convertito d’occidente – che recita il suo rosario deambulando sul viale alberato verso Campoverde. E c’è pure un gruppetto di musulmani, dei maghrebini probabilmente, che s’interessa a un capannone industriale trasformato in sala per congressi. E altri occhi a mandorla, e pelle nera e capigliature color della paglia. La convivenza pacifica, e perché no l’unità di quasi mille persone – questo il numero degli abitanti di Loppiano, certo non una metropoli, ma pur sempre un campione significativo – viene assicurata qui nella mariapoli permanente di Incisa Valdarno da una legge scritta e non scritta: L’evangelico imperativo del mutuo amore, che in politica potrebbe tradursi con la categoria della fraternità. Non un remake d’un assurdo volemose bbene, ma l’impegno per una convivenza rispettosa della differenza altrui, tollerante certo, ma anche propositiva, perché convinta che l’altro ha sempre qualche ricchezza da donarmi. E anch’io ce l’ho. Sono parole d’un consigliere comunale della cittadina toscana, abitante anche di Loppiano. Il politico scende finalmente a valle, incontra Incisa Valdarno. Si chiede se Loppiano non sia rimasta lassù, sul monte. Poi scopre che anche quaggiù c’è chi lavora con lo stesso spirito: una dentista, un architetto, una fornaia. E si dice che la città sul monte è fatta per la città nella valle. La visita Ma ecco che la domanda iniziale si ripropone: come rendere conto di una cittadella come Loppiano in poche frasi, se addirittura ci sono voluti un libro e un video per raccontarne l’esperienza sociale, la storia e i valori (vedi qui accanto)? Meglio, molto meglio, allora, visitare di persona la mariapoli permanente toscana, la prima di 33; virtualmente (sul sito www.loppiano.it), oppure dal vivo (ne vale la pena). E verificare così se il nostro politico-cicerone ha visto nel giusto. CHIARA LUBICH UNA TERRA BEN ESPOSTA AL SOLE Due domande alla fondatrice dei Focolari, e prima ispiratrice di Loppiano, sul significato della cittadella. Loppiano appare uno stimolo, un pungolo, un modello controcorrente per la nostra umanità lacerata. Come vede il rapporto tra la cittadella toscana e la società? A Loppiano si cerca di aver sempre presente Cristo nel proprio cuore, attraverso una vita tutta protesa nell’amore soprannaturale, e di fare in modo che, per la vicendevole carità, Cristo sia presente in mezzo ai cittadini. Il rapporto, quindi, che intercorre fra la realtà di Loppiano e il mondo è simile al rapporto che passa fra Gesù e il mondo. Ora, se per mondo s’intendono le persone che lo popolano, si può dire che Loppiano ha su di esse un fascino simile a quello che esercitava Gesù sulle folle, tanta è – come si è detto – l’affluenza di gente interessata a Loppiano e che rimane conquistata dal suo stesso essere. Se per mondo s’intende il regno del maligno (ed anche oggi la diffusione della pornografia, della mafia, degli omicidi che si susseguono, del materialismo che ammorba l’atmosfera e così via, non sembrano smentire questo appellativo), si sa che il mondo ha odiato Cristo, lo ha perseguitato e, perciò, non può mancare qualcosa di simile anche per la realtà di Loppiano. Ma per ora, forse perché è il tempo per i cristiani di aprirsi al mondo, di andare incontro a tutti i fratelli, prevale assolutamente il primo effetto. Cosa prova quando torna a Loppiano? Sono come un contadino che di tanto in tanto va a visitare la vigna e ad offrire anche il proprio contributo di lavoro perché cresca bene, venga potata, siano allontanate le erbacce, sia sollevata la terra attorno e sia bene esposta al sole. Ma si rende conto che il suo contributo, come quello di altre persone che vi lavorano ben più di me, è ben poca cosa. Chi fa crescere e maturare è un altro.Trovo, infatti, ogni volta tutto cresciuto. Anche se una buona parte degli abitanti cambia ogni anno, la cittadella si sviluppa sempre più nel suo insieme e nelle singole realtà. Tutto matura, si perfeziona, aumenta sotto ogni aspetto. Ed attribuisco ciò alla presenza di Gesù fra tutti i suoi abitanti, fedeli come sono al patto d’essere pronti a morire l’uno per l’altro. Loppiano dà quindi tanta gioia al mio cuore ed aumenta la mia riconoscenza verso Dio e verso Maria, dato che – pensiamo – è anche opera sua, come tutto il Movimento dei focolari. Così va inteso quel di: Opera di Maria . (Brani tratti da: Michele Zanzucchi, Una giornata a Loppiano, Città Nuova, Roma 2004) HO VISTO LOPPIANO Franco Zeffirelli: Sono sbalordito e umiliato, perché mi sembra di non aver visto le cose che contano. Ho corso per il mondo, ho inseguito delle ombre, delle illusioni, delle speranze; poi, invece, vedo delle realtà come queste che, vi giuro, mi spezzano il cuore dalla gioia. La vita degli altri non è fortunata come la vostra; siete riusciti a inserirvi in un colloquio con i valori più essenziali, più veri, quelli che ci redimono da tutto. In questo peana glorioso della natura tutto è bello, splendente, ogni piccola cosa parla di Dio. Romano Prodi: La mia impressione è semplice: mi ha colpito la diversità delle tipologie umane e le esperienze assolutamente non standardizzate. C’è qui una fraternità che non uccide, ma che valorizza ogni persona e ogni cultura. Rocco Buttiglione: Loppiano, la città sul monte, mi ha fatto venire in mente il mio grande amico Aldo Moro. Mi diceva sempre: Con la politica si può arrivare ad evitare il peggio, ma la salvezza del paese e del mondo può venire solo da una grande rinascita religiosa e morale. Oggi direi la stessa cosa anche a voi, ma con in più la speranza per tale rinascita, come la stanno facendo Chiara Lubich e Giovanni Paolo II. Grazie di esserci, mi avete dato una grande gioia PASQUALE FORESI SINTESI SUPERIORE Così si esprimeva tempo addietro l’ispiratore dell’istituto Mystici Corporis di Loppiano, prodromo di tutte le scuole di formazione che si sono aperte nella cittadella in questi 40 anni di vita: Una vera sintesi superiore e diversa potranno farla solo persone che non restino sul piano dell’astrattismo, ma che siano loro stesse fuse in unità. Quella comunione profonda che Gesù è venuto a portare tra gli uomini, è fonte di luce sempre nuova. QUALCHE DATA 1964 Il 12 luglio muore Vincenzo Folonari, chiamato Eletto. Fu lui a donare la terra su cui si costruirà la mariapoli. Dopo una visita di Pasquale Foresi, si decide di cominciare proprio a Loppiano la prima cittadella dei Focolari. Nell’ottobre vi giunge l’avanguardia dei focolarini. 1965 Il 20 novembre, con la partecipazione del card. Florit e di 25 padri conciliari, ha luogo l’inaugurazione ufficiale dell’istituto Mystici Corporis. Arrivano in mariapoli le prime famiglie. Azur falegnameria e Centro Ave iniziano la loro attività. 1966 A Natale nascono i complessi musicali Gen Rosso e Gen Verde. 1969 L’atelier di moda Gigli del campo inizia le sue attività. 1973Viene costituita la cooperativa agricola Loppiano Prima. Il primo maggio si svolge, con 10 mila giovani, il primo Genfest. 1975 Un capannone industriale – chiamato San Benedetto – viene adibito all’accoglienza dei visitatori. 1980 Viene firmato il patto dell’amore reciproco fra tutti i cittadini. 1982 Viene inaugurata la scuola Loreto per le famiglie. 1983-1987 Stagione di inaugurazione di vari edifici adibiti all’ospitalità e alla formazione di diverse categorie di persone: sacerdoti, religiosi, giovani e ragazzi, laici adulti. 1985Viene stipulata una convenzione col Comune di Incisa per la costruzione di nuovi edifici. 1990 Il 27 febbraio muore Renata Borlone, per 23 anni corresponsabile di Loppiano. La mariapoli prende il suo nome. 1994 La giornata annuale dei giovani del primo maggio trova casa nella conca in località San Benedetto, dotata di una moderna tensostruttura. 2000 Il 14 settembre viene conferita a Chiara Lubich la cittadinanza onoraria di Incisa. 2001 Viene dato il via al polo imprenditoriale Lionello Bonfanti. 2003 Il 15 maggio avviene la posa ufficiale della prima pietra della chiesa Maria Theotòkos. Inizia il processo diocesano per la beatificazione di Renata Borlone. PAROLA DI GIORNALISTA Marco Politi: Dire che Loppiano è un’utopia non è neanche esatto. Loppiano nacque certo nel 1964 come un sogno, ma è diventata presto una testimonianza operante… Tra i suoi viali, l’occhio rivolto alla catena di monti bluastri che si stagliano in lontananza, si vedono passeggiare e meditare ospiti luterani e ortodossi, buddhisti e musulmani (Il ritorno di Dio, Mondadori 2004). Klaus Brill: Loppiano è un villaggio mondiale, un bozzetto di mondo unito, come dice Chiara Lubich. Loppiano ne è un esempio vissuto. La trascinante semplicità e la vivace schiettezza, che sono propri di questa donna, irradiano lo stesso fascino (I cattolici focolarini, radicalisti dell’amore al prossimo, in Süddeutsche Zeitung, 22 settembre 1998). Roberto Beretta: Sarà forse perché – dicono le storie – l’ispirazione del movimento le venne durante un pellegrinaggio alla casa di Loreto. Sarà perché i nuclei-base della sua spiritualità si chiamano focolari, cioè case. Ma certo deve avere il pallino dell’architettura Chiara Lubich da Trento, se a tante sue iniziative ha dato forma e nomi urbanistici. Mariapoli si chiamano infatti le forse duecento esperienze di convivenza temporanea che i suoi seguaci allestiscono annualmente in tutto il mondo. Città Nuova ha titolo l’editrice focolarina, e ugualmente la rivista quindicinale dell’Opera di Maria (…). E già venti – infine – sono le cittadelle evangeliche fondate in altrettanti paesi (Un esperimento di convivenza temporanea che dura dal 1964, in Avvenire, 26 agosto 1999). LIBRO & VIDEO In occasione del quarantesimo anniversario della mariapoli permanente toscana, escono contemporaneamente un libro, opera del nostro caporedattore Michele Zanzucchi per l’editrice Città Nuova, dal titolo semplice e chiaro: Una giornata a Loppiano. Si tratta di un rapido percorso all’interno della cittadella, che vuole evidenziare gli aspetti salienti di una convivenza che sembra non avere eguali al mondo. Per la regia di Maria Amata Calò, poi, esce un video dal titolo Loppiano città della fraternità, che permette a chi lo visiona di percorrere le strade della cittadella, rivivendone l’atmosfera d’impegno e di serenità.

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