La Cina di fronte a Leone XIV

Inizialmente, è arrivato un messaggio di congratulazioni da parte dei vescovi della Chiesa cattolica presente in Cina. L’iniziativa, peraltro, è stata ripresa anche dall’Agenzia Xin Hua (Nuova Cina), l’Agenzia di stampa ufficiale della Repubblica Popolare cinese. Tuttavia, come sottolinea l’agenzia Fides (https://www.fides.org/), sempre molto attenta ai rapporti fra Santa Sede e mondo cinese, la stampa e i social media cinesi, cattolici e non, hanno seguito gli ultimi eventi in Vaticano molto da vicino. Fin dalla morte di papa Francesco, amato e apprezzato per la sua politica di apertura verso il grande Paese asiatico, oltre che per gli accordi che ha voluto stipulare con il governo di Pechino sulla nomina dei vescovi, sono stati pubblicate notizie e reportage sui funerali e sull’attesa del Conclave fino alle prime fumate nere. Fides rivela che, sebbene la fumata bianca sia arrivata quando in Cina era notte, i cattolici cinesi e il popolo del web sono rimasti in attesa dell’annuncio, grazie agli smart phone e a internet. Viene riportata anche la frase di un vescovo cinese che proprio alla stessa agenzia ha dichiarato: «Sono contento perché fra poco, nella messa della mattina, posso già pronunciare il nome del papa e pregare per nuovo pontefice». All’annuncio hanno fatto seguito messaggi di congratulazioni e preghiere di ringraziamento per l’avvenuta elezione.
Sebbene, nei primi giorni non ci fossero ancora dichiarazioni ufficiali da parte del governo di Pechino, questi primi passi fanno ben sperare nella possibilità di continuare il percorso di apertura reciproca cominciato con il papato di Francesco. In tal senso, va anche letta la conferma, almeno per ora, dei ruoli attuali della Curia Romana. Questo significa, infatti, che il card. Parolin, considerato l’artefice principale dell’accordo fra Roma e Pechino sulla nomina dei vescovi, resterà al suo posto. Si tratta, agli occhi degli osservatori, di una prima mossa significativa nei confronti del governo della Repubblica Popolare. Senza dubbio, il rapporto con le comunità cattoliche in Cina e con il governo del gigante asiatico sono uno dei dossier più delicati che Leone XIV sarà chiamato a gestire, come tutti si aspettano, in continuità con la linea inaugurata sotto il pontificato di Bergoglio.
D’altra parte, la questione non è delicata solo a livello religioso, ma anche geopolitico. Gli osservatori e analisti sono coscienti che la questione cinese è stata un punto di attrito, fin dalla prima amministrazione Trump, fra Washington e il Vaticano, per via dei delicati rapporti fra i due giganti dell’attuale geopolitica mondiale, che sono comunque di natura tutt’altro che religiosa. Fra i primi commenti e reazioni che hanno fatto seguito all’elezione del card. Prevost non devono passare come secondari alcuni commenti sul fatto che il nuovo papa, pur americano, si trova su posizioni assai distanti dall’attuale amministrazione in quanto alla questione migrazioni e alle scelte economiche e finanziarie. L’amministrazione Trump già guardava con notevole preoccupazione all’attenzione con cui papa Francesco aveva curato il rapporto con il popolo cinese e con la sua leadership. D’altra parte, anche la leadership politica di Pechino attende segnali significativi riguardo ai succitati accordi per la nomina dei vescovi, stipulati provvisoriamente nel 2018 e regolarmente confermati in occasione delle periodiche scadenze.
Nel frattempo, qualche settimana fa, il governo cinese ha annunciato un aggiornamento delle normative per disciplinare le attività religiose del personale straniero. Ne ha dato annuncio, fra gli altri, China Source, che si definisce una finestra su questioni critiche della situazione dei cristiani in Cina. Si tratta di un organo con sede ufficiale in California che segue da vicino la politica del governo di Pechino in questioni di carattere religioso, partecipando a dibattiti sia a livello accademico che nella vita pastorale. In merito alla nuova politica del governo nei confronti degli stranieri che operano per motivi pastorali in Cina, China Source afferma che molti media laici e cristiani in Occidente hanno dato pubblicità alla novità, per dimostrare la volontà del governo di vietare il coinvolgimento religioso straniero in Cina. L’agenzia chiarisce che queste normative, sebbene siano entrate in vigore il 1° maggio e si applichino a tutti gli stranieri residenti o in visita in Cina (inclusi i turisti) e alle loro attività religiose, richiedono una lettura attenta. Si tratta, infatti, di normative attuative dettagliate che si riferiscono a una precedente decisione del 1994 che già disciplinava le attività religiose degli stranieri in Cina. Con esse, ora, il governo intende aggiungere maggiore specificità all’attuazione delle normative originali emesse 30 anni fa. Le nuove norme, inoltre, chiariscono alcune caratteristiche di altre istruzioni in materia religiosa emanate nell’ultimo decennio. In particolare, intendono assicurare che nessuna attività religiosa dovrebbe avere un impatto negativo su altre politiche e priorità nazionali, come l’armonia etnica. Infatti, dal 2012, il governo cinese è impegnato ad aggiornare o creare normative per tutti i tipi di attività religiose in Cina. Oltre ad aggiornare le normative preesistenti, sono state aggiunte nuove aree, come i contenuti internet e la registrazione degli operatori religiosi. Agli stranieri sarebbe da tempo vietato partecipare a 11 attività religiose specifiche. Fra queste, interferire o controllare gli affari di gruppi religiosi cinesi, scuole religiose o luoghi di attività religiosa, o interferire con la nomina e la gestione del personale religioso; fondare organizzazioni religiose; promuovere ideologie religiose estremiste, sostenere o finanziare l’estremismo religioso e attività religiose illegali, o usare la religione per minare l’unità nazionale, la solidarietà etnica, l’armonia religiosa o la stabilità sociale della Cina; predicare o svolgere attività religiose collettive non autorizzate; utilizzare Internet per svolgere attività religiose illegali. C’è, poi, la delicata questione del vero significato dell’auspicato processo di sinicizzazione delle religioni presenti in Cina.
Senz’altro, Leone XIV è chiamato a proseguire una politica di accordi promettente ma che richiede grande finezza diplomatica e capacità di dialogo. È quello che esprime anche il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian che, nel frattempo, ha detto che Pechino spera di continuare ad avere un «dialogo costruttivo».
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