La chiave del circo

Il circo: microcosmo umano dove convivono perfezione e caducità, fatica e paure, rozzezza e poesia. Rappresentarlo a teatro era, per la compagnia Quelli di Grock – dal nome del celebre clown –, un desiderio nel cassetto. Un modo attraverso cui raccontare la vita e riscoprire quella perduta capacità di meravigliarsi. Il regista Claudio Intropido con i cinque componenti del gruppo, l’hanno ricercata, vivendo da vicino, nell’umanità degli artisti nomadi della comunità circense. Nelle simbologie e nelle metafore iscritte nel rito di questo antico spettacolo, la compagnia milanese ha esplorato e rielaborato tecniche artistiche differenti: giocoleria, acrobazia, danza, recitazione (mix che definisce la felice ondata del cosiddetto “nouveau cirque”). Ne è nato uno spettacolo di grande fascino, La clé du Chapiteau Chapiteau (La chiave del tendone): oscillante tra concretezza e astrazione, echi felliniani e rimandi a Chaplin e Keaton, parodie, e surreali coralità. C’è tutto lo spirito circense (ma senza la retorica che suscita il mondo della pista). Con in più atmosfere teatrali, movimenti coreografici, musiche innovative. Un mélange dal potere evocativo, in grado di incantare adulti e bambini. Attraverso una vena espressiva che sfuma dal comico al poetico, con brani colti e incursioni nel dialetto romagnolo, la scena esplode, tra leggerezza e gioco, di nuove immagini e forme. Dal rito del montaggio del tendone, all’animarsi di attrezzi e costumi di scena; dal duetto d’amore della trapezista (la cui levità ricorda la scena cinematografica di Wim Wenders), aiutata dal suo partner a vincere la paura; alle scaramucce danzate tra più coppie. Sollecitate da una colonna sonora composta da valzer, marce classiche e sarabande tzigane alla Goran Bregovic, le scene si rincorrono generando una drammaturgia frammentaria, per numeri. Scorre con instancabili invenzioni: ad esempio, il dietro le quinte creato da un telone circolare calato dall’alto che si anima, all’interno, di mille presenze grazie ad un semplice gioco di luci e di ombre; un pannello oscillante capace di dialogare con un malinconico personaggio. Oppure: una pedana mobile fatta girare vorticosamente, e sulla quale salgono e scendono in velocità fantasiosi giocolieri in un susseguirsi di sketch. Ed altro ancora ci regala questo imperdibile spettacolo. Da vedere con gli amici. Perché le risate più belle non si fanno da soli ma in compagnia. Ci fanno stare bene: con noi stessi e con gli altri.

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