La Basilica della natività patrimonio dell’umanità

L'Unesco approva l'istanza pesentata con procedura d'urgenza dall'Autorità Nazionale Palestinese e riconosce il sito patrimonio mondiale. Proteste del governo israeliano e degli Stati Uniti
Basilica della Natività a Betlemme

Il 29 giugno il comitato ad hoc dell’Unesco ha proclamato la Basilica della natività di Betlemme e la Strada dei pellegrini patrimonio mondiale dell’umanità. Non sembrerebbe una notizia, ma un atto che se mai avviene con molto ritardo. Se ogni anno due milioni di pellegrini vanno in questo luogo, la proclamazione di qualche giorno fa è solo la solenne presa d’atto di qualcosa che già abita nel cuore di tantissimi, provenienti da tutti i luoghi della terra.
 
Ma la politica divide ciò che la fede e la storia uniscono. Era giusto perseguire la procedura d’urgenza, che è stata usata solamente quattro volte nella storia dell’Unesco? Per altro l’Unesco è stata la prima organizzazione delle Nazioni Unite che ha riconosciuto lo Stato palestinese. Tutto questo ha generato la reazione dura del governo israeliano e degli Stati Uniti, ma anche le Chiese che celebrano in quella basilica (cattolica, ortodossa e armena) temono strumentalizzazioni politiche a causa di questo gesto e di questa forzatura.
 
È singolare che tutto questo accada nel decennale dell’assedio alla Basilica ad opera dell’esercito israeliano, durante uno dei momenti più terribili della seconda Intifada, con un centinaio di militanti palestinesi asserragliati nella Basilica circondata dai carri armati israeliani. Allora la politica sembrava disponibile a una prova di forza, piuttosto che alla tutela del luogo generativo dell’esperienza cristiana. Padre Ibrahim e la comunità dei francescani di Betlemme hanno evitato con la loro intercessione lo sfiguramento della Basilica con un massacro di persone.
Giovanni Paolo II ha sostenuto questa scelta. E Romano Prodi, allora presidente della Commissione europea, ha cercato e trovato le soluzioni per uscirne.
 
Sarebbe auspicabile un gesto di magnanimità del governo israeliano, perché a partire da Betlemme si ritrovasse la via della pace e del dialogo, ascoltando i più piccoli e i più sofferenti, le vittime di un conflitto che sembra non avere fine. Meno muscoli e più visione. Meno polemiche sulle procedure e più attenzione alla domanda di pace e di giustizia. Il bimbo nella mangiatoia mostra che i muri sono importanti, ma ancora più importanti sono le persone e gli innocenti.
 
I nostri amici palestinesi, che hanno molto sofferto a causa del muro e dell’occupazione, dovrebbero fare di Betlemme l’inizio di una nuova politica di diritto e di giustizia, rinunciando per sempre alla forza e alle armi, perché la verità è più forte della violenza. Questo è l’insegnamento per onorare di fronte al mondo quella Basilica che tutti attrae.

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