Klein – Fontana: Milano Parigi 1957-1962

Al museo del Novecento di Milano un inedito, stimolante confronto tra due vicende artistiche, il dialogo tra l’Arabesco al neon di Lucio Fontana e Pigment Pur di Yves Klein. Per l’artista spaziale argentino “se uno è cattolico, non può dare volto a Dio”
Klein - Fontana: Milano Parigi 1957-1962

Vi ricordate di Lucio Fontana, l’artista “argentino-milanese” che faceva tagli alle tele? Insieme a Shimamoto, Pollock e Cage è considerato uno dei quattro artisti contemporanei che hanno segnato nuove strade nella storia dell’arte del XX secolo.

Si era portati per istinto a vedere, nella sua arte, una gestualità distruttiva, atea e nichilista, anche solo fraintendendo il senso del titolo Fine di Dio che l’artista vuole dare alla serie delle grandi tele ovoidali crivellate di buchi del ‘63.

Misterioso è il silenzio di Lucio Fontana in merito a queste interpretazioni, silenzio interrotto all’improvviso solo in occasione delle interviste rilasciate a Carla Lonzi negli anni sessanta, verso la fine della sua esistenza, quando finalmente rivela il senso profondo della sua attività di artista spaziale.

Nel contesto delle mostre programmate per Expo 2015 è in esposizione presso il Museo del Novecento dal 22 ottobre 2014 al 15 marzo 2015 un inedito confronto tra l’artista Lucio Fontana e Yves Klein, a cura di Silvia Bignami e Giorgio Zanchetti, in collaborazione con la Fondazione Lucio Fontana e gli Archives Yves Klein.

Le aperture spaziali di Fontana – fisiche e concettuali – trovano corrispondenze nel percorso di Klein, dal monocromo al vuoto. Entrambi evocano uno spazio immateriale, cosmico, spirituale che fa riferimento all’oro utilizzato nelle icone e al blu delle volte della Cappella Scrovegni e degli affreschi di Giotto ad Assisi.

La sala centrale dedicata alla mostra permanente di Fontana ospita l’insolito dialogo tra l’Arabesco al neon del ‘51, realizzato per la IX Triennale, e Pigment Pur di Klein realizzato nel ’57 per la personale alla Galleria Colette Allendy a Parigi, dialogo che nasce dall’ interesse di entrambi per lo spazio e per il vuoto.

Lo stesso Arabesco al neon è pensato in origine per stagliarsi su fondo blu, a richiamo del colore dello spazio siderale, come emerge dal programma figurativo dei bozzetti esposti, studiati dall’artista in collaborazione con Marcello Grisotti per lo scalone della Triennale.

Il Catalogo ragionato delle opere su carta, edito da Skira,è straordinario perché questi disegni inediti, “quest’avvolgersi e svolgersi filiforme del segno che diventa, oltre la forma, spirale”, costituisce il momento di meditazione, costruzione, anticipazione in nuce delle opere al neon, “immagini aeree, universali, sospese”, descritte nel Manifesto Spaziale del ’47, premessaanche delle tre Vie Crucis, del Concetto spaziale. Attese, delleCrocifissioni, realizzazioni poiètiche delle soluzioni spaziali intuite nei disegni.

“Spaziale” è dunque un concetto che si riferisce alla nuova dimensione dello spazio. Nel successivo Manifesto Tecnico dello Spazialismo Fontana propone con chiarezza un intervento sull’ opera d’ arte quale quarta dimensione dell’architettura: oltre pittura e scultura si affermano le potenzialità dell’uomo rispetto al dominio dello spazio. L’ artista spaziale dunque non impone più allo spettatore un tema figurativo, ma suggerisce e allude.

Questa serie di chine è l’espressione grafica completa di queste suggestioni barocche e informali.Fontana è artista ancora capace della categoria dello stupore, della sospensione, del suggerimento di un oltre. Il visibile diviene traccia di ulteriori svelamenti epifanici dell’essere, direbbe il prof. Ravasi.

A conferma delle scelte artistiche del “Manifesto Blanco” del 1946, il critico d’ arte Lisa Ponti osserva: “Come le avventure più emozionanti, le visioni e le scoperte di tesori capitano alle persone semplici, che le raccontano in poche parole, così Fontana s’ imbarca a piedi sul mare segreto della scultura spaziale: deve trovare, egli dice, un nuovo modo di scultura per ridare vita all’arte”.

La filosofa Carla Lonzi, dalle registrazioni dei discorsi di Lucio Fontana raccolte nell’Autoritratto, lascia emergere un Lucio Fontana profondamente toccato da problematiche di fede: “Oggi un artista non può – dichiara Fontana – rappresentare Dio su una poltrona con il mondo in mano, la barba… Ecco io faccio un simbolo, credo in Dio, faccio due tagli… non lo posso raffigurare, è talmente grande se ho fede. Allora faccio un atto di fede”

Dunque “Spazialismo”, l’essere “un uomo a tre dimensioni da milioni di anni”, proiettato nel cosmo, per Lucio Fontana è “l’avere un altro nella testa”, l’avere Dio.

“Se uno è cattolico, non può dare volto a Dio – rivela Fontana alla Lonzi -. La mia arte è tutta portata su questa purezza, questa filosofia del niente, che non è un niente di distruzione, ma un niente di creazione. E il taglio, il buco, non è la distruzione del quadro, il gesto informale di cui mi hanno sempre accusato e non ho mai detto niente. E’ proprio una dimensione al di là del quadro, la libertà di concepire l’arte”.

Illuminante la sensibilità del critico d’arte Giorgio Mascherpa che ha curato la mostra “Lucio Fontana e il sacro” in particolare in riferimento alla terza Via Crucis realizzata nel 1957 e acquistata nell’ anno 1986 dalla Galleria San Fedele.

Per Mascherpa, ogni creatura, ogni traccia del mistero trascendente di Dio ha francescanamente una ferita profonda della sua bellezza, dalla goccia d’acqua piovana al moto delle stelle.

 

Biografia di Lucio Fontana

-1899: Lucio Fontana nasce a Rosario di Santa Fé da genitori italiani

-1928: a Milano frequenta all’ Accademia di Brera i corsi di scultura tenuti da Adolfo Wildt

-1930: iniziano le esposizioni, alla Galleria Il Milione, di sculture, tavole in cemento, disegni astratti

-1935: si interessa della ceramica, dapprima con il futurista Tullio d’ Albisola in Liguria e poi a Parigi

-1936: ritorna in Argentina dove insegna sino al 1946 quando redige il Manifesto Bianco firmato dai suoi allievi.

-1947: fonda a Milano il Movimento Spaziale e ispira altri sei manifesti. Realizza la prima Via Crucis in ceramica policroma riflessata, collezione privata di Parma. Realizza le prime Sculture Spaziali

-1949: realizza alla Galleria del Naviglio il primo ambiente spaziale a illuminazione a luce nera. Crea i primi Buchi

-1951: allestisce alla Triennale un’ambientazione al neon lunga 3500 metri

-1953: realizza la preziosa Crocifissione, altorilievo in ceramica policroma su fondo bianco, custodita presso il Tesoro del Duomo di Monza

-1955: realizza la Via Crucis Bianca in ceramica smaltata acquistata dalla Regione Lombardia nel 2010 e conservata presso il Museo Diocesano

-1957: realizza la Via Crucis del San Fedele in terracotta a rialzi di colore bianco e grigio

-1959: prima mostra dei Concetti Spaziali. Attese, dei Quanta, delle Nature.

-1962: prima esposizione dei Metalli

1963: realizza la serie Fine di Dio, alcune grandi tele ovoidali crivellate di buchi.

-1965: prima esposizione dei Teatrini, superfici sdoppiate e montate separatamente nello spazio del quadro

-1966: vince il Premio Internazionale per la pittura alla Biennale di Venezia.

-1968: muore a Varese.

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